La Corte Costituzionale ha bocciato nuovamente la norma contro gli affitti in nero prevista dal Legislatore con la conseguenza che gli inquilini che hanno denunciato il proprietario di casa rischiano ora di essere sfrattati. Ricapitolando i fatti, il tutto parte dal decreto legislativo n. 23 del 2011 che aveva previsto la possibilità per gli inquilini di denunciare i propri locatori che affittavano in nero. In seguito alla denuncia, l’affittuario poteva registrare da sé il contratto di locazione con il vantaggio di avere un contratto di durata 4+4 e l’applicazione di un canone di locazione annuo più basso, pari cioè al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, del 75% dell’aggiornamento Istat. In pratica vantaggi per l’inquilino che si traducono in pesanti sanzioni per il proprietario dell’immobile affittato in nero.
Tuttavia la Corte Costituzionale con la sentenza n. 50 del 2014 aveva dichiarato illegittime tali disposizioni visto che il Governo nell’adottare il decreto è andato oltre i propri poteri con la conseguenza che i contratti registrati dagli inquilini in seguito alla denuncia dopo il 6 giugno 2011 (quando cioè è entrata in vigore il decreto legislativo n. 23 del 2011) erano nulli e il proprietario di casa poteva procedere allo sfratto senza incorrere nelle super sanzioni.
Per ovviare a questa problematica il Governo con il Piano casa (Legge n. 80 del 23 maggio 2014) aveva stabilito che sono fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati dagli inquilini, ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
Ora la situazione cambia nuovamente con la seconda bocciatura da parte della Corte Costituzionale con la sentenza n. 169 del 2015 che ha dichiarato incostituzionale questa mini sanatoria con la conseguenza che ad oggi molti inquilini che hanno denunciato il nero dovranno pagare gli arretati dei canoni di locazione oppure esporsi a procedure di sfratto.