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All’ora della pappa, non è facile accontentare un gatto: raffinato e capriccioso, alterna abitudini consolidate e rifiuto di novità a esigenza di sapori particolari. Tuttavia la scelta alimentare non deve essere solo dettata dai suoi gusti ma primariamente dalle necessità nutrizionali. Soprattutto per non mettere a rischio la salute nelle varie fasi di vita. Innanzitutto è necessario tenere conto di alcuni comportamenti caratteristici del gatto in materia di nutrizione che differenziano moltissimo da quelli del cane.
Il micio non è ingordo ma tende a “piluccare”, facendo piccoli e brevi pasti nel corso della giornata, arrivando anche a 15, senza orari o intervalli precisi (a differenza del cane): un atteggiamento direttamente legato al suo istinto di “felino” cacciatore e predatore.
I gatti hanno bisogno di una dieta che contenga proteine, grassi, sali minerali, vitamine e acqua in giusta quantità. La sua razione giornaliera di “pappa” deve quindi contenere:
- carne: 100-150 grammi ogni 4 kg di peso
- riso: 5-15 g ogni 4 kg
- olio : 5 g ogni 4 kg
- fibre : 20-30 g ogni 4 kg
Questa suddivisione varia leggermente se il gatto vive all’aperto, in particolare se esposto al freddo: in questo caso ha bisogno del 10-20% di cibo in più rispetto a un gatto che vive in appartamento. Il gatto di casa, di solito, viene nutrito quasi esclusivamente con cibi confezionati (umido, in genere più gradito ma anche più deperibile o secco, meno apprezzato ma con un maggior grado di conservazione) che contengono già i principi nutritivi necessari senza bisogno di aggiunte. Nel caso, però, si desiderasse proporre un cibo “casalingo” si dovranno seguire scrupolosamente le indicazioni del veterinario, per evitare carenze.
Ad esempio sarà necessario prestare attenzione ad alcuni errori molto frequenti come seguire una dieta composta quasi esclusivamente da carne, fegato o rene, con il rischio di causare nel micio carenze di calcio ed eccesso di fosforo, o, al contrario, di eccesso di vitamina A (ipervitaminosi) per il consumo esagerato, appunto, di fegato. Il fegato può essere usato, infatti, solo in piccole quantità perché provoca anche diarrea; lo yogurt, invece, come altri latticini, può essere utilizzato come fonte di proteine in alternativa o in aggiunta alla carne.
Evitare assolutamente di proporre al gatto il cibo per i cani , se non occasionalmente: questo perché negli alimenti formulati per i cani la quota proteica è decisamente più bassa rispetto alle necessità del gatto e, soprattutto, mancano di due nutrimenti essenziali al gatto quali la taurina e gli acidi grassi.
Il cibo: come cambia da gattino ad anziano
Il gatto ha necessità specifiche di alimentazione a seconda delle diverse fasi d’età e di sviluppo. I bisogni di un gattino, infatti, sono diversi da quelli di un adulto e ancora di più da quelli di un micio anziano.
Lo svezzamento del gatto cucciolo può iniziare verso le 3-4 settimane di età: dopo pochi giorni si potranno aggiungere croccantini per gattini cuccioli (kitten) e cibo umido per gattini in crescita al latte, oppure omogeneizzati a base di pesce o carne. Si deve fornire una parte di cibo secco più 3 parti di latte o acqua, oppure 2 parti di cibo in scatola o fresco più una parte di latte o acqua, avendo cura di intiepidirlo. Quando il gattino avrà imparato a mangiare da solo, si potrà iniziare a togliere l’acqua o il latte dalla miscela.
Lo svezzamento si completa intorno alle 6 – 8 settimane di vita, ma è comunque consigliabile somministrare il cibo per gattini ancora fino a 9 mesi di età.
A partire dai 9-10 anni di età, invece, (che corrispondono all’incirca ai 60 anni dell’uomo) un gatto inizia a essere considerato anziano. Da questo momento in poi iniziano a manifestarsi i primi cambiamenti fisici ed è necessario prestare maggiore cura all’alimentazione per evitare patologie tipiche dell’età senile quali: obesità, diabete, stitichezza o, al contrario, perdita di controllo della motilità intestinale o della vescica (e conseguenti bisogni in luoghi inappropriati), cistite, calcoli e cristalli nella vescica che possono ostacolare il deflusso delle urine (soprattutto il gatto maschio castrato), insufficienza renale cronica (che colpisce il 20% dei gatti sopra i 7 anni e si manifesta con un forte aumento della sete e del bisogno di urinare), insufficienza epatica, ascessi e altri problemi dentari.
L’ideale, quindi, è optare per i cibi già pronti e studiati per gatti “senior” , disponibili in commercio, caratterizzati da una maggiore presenza di grassi, fibre e vitamine con un apporto proteico moderato ma di ottima qualità. Infine, per i gatti anziani, (rispetto ai cuccioli e agli adulti) sono da preferire i cibi umidi e teneri da masticare, molto appetibili e digeribili.
Gatto obeso: che fare?
L’obesità è una malattia caratteristica della società moderna che non colpisce solo le persone: circa il 50% degli animali da compagnia, infatti, rischia di sviluppare delle patologie correlate ai chili di troppo. Alla pari dei loro proprietari, anche gli animali domestici sono sempre più afflitti da disturbi legati a sovrappeso e obesità a causa di un’eccessiva alimentazione o che apporta energia superiore al fabbisogno. Cani e gatti, infatti, fanno sempre meno attività fisica e vengono alimentati con cibi molto appetitosi ma assolutamente inadatti.
Per il gatto, la noia e la mancanza di stimoli sono fattori predisponenti una sovralimentazione. È il caso tipico del gatto che tende ad avere cibo sempre a disposizione e si reca frequentemente alla ciotola cercando in questo modo di ingannare il tempo trascorso in solitudine in casa. In effetti i gatti che hanno la possibilità di stare all’aperto (magari in giardino) o comunque che vivono in un ambiente ricco di giochi e passatempi, raramente sono in sovrappeso, non solo perché fanno più movimento ma anche perché hanno a disposizione diverse fonti di distrazione e interesse.
Spesso i proprietari non si rendono conto se il proprio animale è obeso e continuano a offrirgli uno stile di vita e alimentare poco sano. L’obesità però è un problema serio che, al di là dell’aspetto meramente estetico, può causare rischi per la salute dell’animale sviluppando diverse patologie (disturbi del fegato, il diabete, l’artrite, disturbi cardiaci e patologie). Un gatto si considera obeso quando il suo peso complessivo supera circa del 20% il suo peso ideale. In questo caso, prima di fare diete fai da te, si consiglia una visita dal veterinario, che dopo aver escluso diverse patologie, potrà suggerire un regime alimentare ipocalorico in base all’età, alla razza e al sesso dell’animale.
Le buone regole ai pasti
In commercio si possono trovare diete in crocchette e scatolette (light, obesity ecc…) per favorire la perdita di peso o per il controllo dei soggetti predisposti (sterilizzati, che fanno poco movimento, ecc.). Si tratta di mangimi a basso apporto calorico e di grassi, con una corretta quota proteica. Molte di queste diete hanno particolari miscele di carboidrati (zuccheri) che contribuiscono a favorire il senso di sazietà e un apporto di fibre adeguato. In caso di obesità, invece, sono da evitare assolutamente le diete casalinghe “fai da te” e che portano a una riduzione della massa muscolare a scapito di quella grassa, con seri rischi per la salute dell’animale.
Oltre alla scelta del cibo, poi, è necessario mettere in atto alcune regole a tavola e nello stile di vita che consentano all’animale a recuperare e mantenere il “peso-forma”: occorre aumentare il movimento con gioco per arrivare ad almeno 30 minuti al giorno, magari con una pallina. Evitare di lasciare la ciotola di cibo sempre piena e a disposizione suddividendo i pasti in 4-6 piccoli spuntini quotidiani.
E se invece non mangia? Gli inappetenti
Al momento della spesa è sempre un dilemma: quella scatoletta non la gradisce molto, quell’altra proprio non gli piace, il suo gusto preferito è terminato. Soddisfare le esigenze di un gatto non è sempre facile.
Se la questione si risolve facilmente proponendo qualche gustosa novità poco male: diverso è quando continua non mangiare nonostante tentativi di ogni tipo. I rischi, infatti, sono due: che alla base del rifiuto ci sia un malessere o, in ogni caso, che senza mangiare possa risentirne seriamente la salute.
Capirne le ragioni
Non è raro vedere un gatto che non mangia. Più capriccioso ed esigente, può fare il “difficile” se non viene proposta la sua scatoletta preferita. In ogni caso, tuttavia, non si tratta solo di non assecondare i “capricci” : alla base di un’inappetenza (che non si limiti al salto occasionale di un pasto) c’è quasi sicuramente un disagio e un problema di salute che, non mangiando, può solo aggravarsi. Il gatto, in particolare, essendo geneticamente strutturato per fare piccoli pasti nel corso della giornata, può andare incontro a una forma di “lipidosi epatica”, una patologia dovuta al fatto che, non mangiando, il grasso corporeo viene inviato al fegato dove viene metabolizzato per trarre l’energia necessaria. Quando il grasso depositato diventa eccessivo, si manifesta questa malattia che può essere addirittura fatale per il micio, soprattutto se già a rischio sovrappeso.
Tra le cause di un’improvvisa “anoressia” dell’animale ci possono essere disturbi di vario tipo che possono causare nausea o dolore e quindi difficoltà ad alimentarsi: un problema alla bocca (gengivite, tumore ecc..), un’insufficienza renale o epatica, la cistite, un problema gastrointestinale dovuto a qualche cosa che ha ingerito (un osso ad esempio) o a parassiti intestinali e molto altro. Nel dubbio, quindi, è necessario sottoporre l’animale a una visita veterinaria per fare eseguire una serie di esami specifici (del sangue, delle urine, delle feci, ad esempio) che aiuteranno a scoprire la causa del malessere.
Escluso, poi, un disturbo di salute si dovrà pensare a qualche altra ragione che lo infastidisce e lo rende inappetente: una vaccinazione fatta di recente che ha causato una momentanea mancanza di appetito, un trasloco o un cambiamento di altro tipo (ad esempio un viaggio, una vacanza) nell’abitazione o in famiglia con l’arrivo di nuovi animali (con cui entrare in competizione), o di altri componenti (la nascita di un bambino)
Stimolare l’appetito, per il suo benessere
In linea generale, quindi, non è assolutamente normale che un gatto non mangi: se lo fa, ha sempre buone ragioni che vanno indagate e risolte il prima possibile. Per non rischiare complicazioni serie, si deve agire tempestivamente tentando diverse strade.
- Innanzitutto si potrà tentare di cambiare dieta commerciale, offrendo cibi più appetitosi e sperimentando alcune novità: magari il micio si è solo stancato della pappa “monotona”.
- Evitare, poi, di lasciare troppo tempo residui di cibo umido esposto all’aperto perché tende a seccarsi e a perdere sapore. Anche le ciotole è meglio che siano pulite e asciugate spesso: il gatto è schizzinoso, non dimentichiamolo!
- Una strategia che di solito si rivela vincente consiste nello “scaldare” un pochino la pappa al microonde, per fare in modo che sia più appetitosa senza essere bollente.
- Talvolta si possono proporre anche alimenti cucinati come pesce o carne o, ancora, saporiti e allettanti quali omogeneizzati e tonno in scatola: senza esagerare (con il rischio di alimentare con cibi troppo ricchi di grassi e di sale) ma semplicemente per riattivare lo stimolo dell’appetito.
Se il problema è il luogo dove consuma i pasti, si può cercare un’alternativa spostandoli al sole che è di beneficio al micio, soprattutto se sedentario e che ha bisogno di calore per sentirsi più attivo. Anche mettere accanto erba gatta può farlo sentire sicuro e rilassato.
Infine, se la causa è lo stress o la competizione con altri gatti, oltre ad aumentare le zone “ristorante” e il numero delle ciotole, si può ricorrere ai feromoni appaganti e tranquillizzanti che si rivelano sempre ottimi toccasana per ristabilire l’equilibrio.