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Pantofole rosicchiate, porte graffiate, poltrone fatte a pezzi e magari qualche bisognino qua e là: ecco come si può ritrovare la propria casa dopo alcune ore di solitudine del cane. Che, peraltro, ci accoglie festoso sulla porta al rientro, come nulla fosse. La conseguenza, ovviamente, è una sgridata al nostro amico a quattro zampe che lo lascia in preda alla confusione più totale, perché il cane non comprende le ragioni del rimprovero proprio nel momento in cui stava elargendo effusioni e manifestazioni d’affetto. Così, quello che dal proprietario è considerato un dispetto, si trasforma nel cane in un disagio sempre maggiore che non trova una via d’uscita. Fino a diventare un problema reale e che ha un nome preciso: “ansia da separazione” che , diversamente da quello che si crede, non colpisce soltanto cani con un passato di abbandono alle spalle. Per superare questo momento difficile esiste una strada: il primo passaggio, però, è riconoscerlo e accettarlo.
Non è semplicemente solitudine
Spesso si tende a confondere l’ansia da separazione con un dispetto o con la paura di stare da soli dell’animale. La radice di questo problema, invece, risiede in un errato rapporto sociale con il proprietario. L’ansia da separazione è una patologia comportamentale che può colpire qualsiasi cane: anzi, stando agli ultimi dati ne soffre addirittura uno su sette.
Ecco l’identikit del “cane-tipo” che ne è affetto:
- estremamente attaccato al proprietario
- quando è in casa lo segue costantemente
- se capisce che sta per uscire diventa iperattivo
- al ritorno manifesta un entusiasmo esagerato.
Per quanto riguarda, invece, i comportamenti caratteristici dell’ansia da separazione sono:
- vocalizzi continui e abbaio incessante
- distruzione di oggetti
- minzione fuori posto
- agitazione e iperattività.
Se il proprio cane manifesta i primi sintomi quando è con il proprietario e i secondi quando è solo, è molto probabile che soffra di ansia da separazione: tuttavia, prima di azzardare diagnosi improvvisate, è bene consultare il veterinario. Nello specifico, sarà un veterinario che si occupa di comportamento animale ad avere l’ultima parola oltre, ovviamente, a fornire i consigli più indicati per ogni situazione.
La punizione retroattiva è solo dannosa
“Me lo fa proprio per dispetto: non lo sopporto più!”. Questa la reazione tipica del proprietario al rientro a casa alla vista dell’ennesimo disastro combinato dal cane mentre era da solo. Ecco allora che partono le sgridate, le punizioni, i rimproveri che, nel peggiore dei casi, sono anche fisici.
Ad avvalorare la convinzione che il cane abbia tramato tutto in maniera subdola solo per un capriccio, ci sono alcuni atteggiamenti tipici di sottomissione dell’animale al rientro del proprietario, subito dopo averlo accolto con gioia: occhi e orecchie bassi, scodinzolio dimesso, gocce di urina. Si tratta di un “processo di anticipazione” che il cane mette in atto perché, dopo una serie di eventi che si sono ripetuti, collega il ritorno del suo compagno umano al rimprovero: una punizione peraltro, “retroattiva”, ossia a posteriori, della quale non comprenderà la causa ma solo l’effetto.
Il senso del tempo del cane, infatti, è ben diverso da quello umano: se il rimprovero non avviene nel momento stesso in cui l’atto viene compiuto, non riuscirà a fare il collegamento. Al contrario, penserà di essere punito per il fatto di esprimere gioia e affetto per il rientro del proprietario e diventerà più confuso, insicuro, traumatizzato: in pratica, ancora più ansioso, peggiorando la situazione.
Farsi delle domande: perché è ansioso?
Di solito è molto più semplice attribuire l’ansia da separazione del cane a un suo problema: è viziato, capriccioso, maleducato oppure ha un passato di abbandono, è stato maltrattato, è colpa del canile. I trascorsi difficili dell’infanzia (come il distacco precoce dalla madre ad esempio) invece, possono solo predisporre all’ansia ma non causarla: in natura, infatti, i cuccioli di cane o di lupo non sanno nemmeno cosa sia questo disturbo.
Molto più utile, invece, sarebbe porre delle domande a sé stessi: alla base dell’ansia da separazione, infatti, c’è sempre un errato rapporto sociale tra il cane e il proprietario.
Anche se può sembrare paradossale, spesso, è proprio l’eccesso di attenzioni a predisporre il cane verso questo comportamento: creare una dipendenza esagerata dell’animale dal proprietario porta il primo a cercare costantemente il suo contatto, le attenzioni, le coccole, non sviluppando autonomia ma una sorta di “sudditanza psicologica” estremamente pericolosa.
Gli eccessi, però, vanno evitati in tutti i sensi: sia a livello di attenzioni sia, allo stesso modo, di trascuratezza. La noia è, spesso, un aggravante per l’ansia da separazione: per questa ragione non bisogna mai lesinare gioco, passeggiate (almeno mezz’ora al giorno) e tempo trascorso con il proprio quattro zampe.
Ancora una volta, però, senza esagerare: il cane deve anche imparare a stare da solo e a essere autonomo, senza andare in crisi quando il proprietario si allontana e non è sempre “in vista”. Anche la paura (ad esempio per il temporale o rumori forti), poi, può essere un fattore di ansia: se, però, si tende a proteggerlo in queste circostanze, si scateneranno in lui una dipendenza e un’insicurezza sempre maggiori. Meglio, in questi casi, distrarlo con un gioco.
Strategie da pianificare
Non esiste una soluzione unica o una “formula magica” per risolvere l’ansia da separazione. Abituarlo al fatto che in alcune circostanze deve restare a casa da solo prevede diverse strategie che cambino le abitudini non solo del cane ma anche del proprietario.
- Il primo consiglio è fare in modo ignorare il cane al proprio rientro e prima della passeggiata con lui. Per esempio, un quarto d’ora-venti minuti prima di uscire, il proprietario dovrà ignorare (senza nemmeno guardarlo!) i tentativi del cane di attirare l’attenzione su di lui. E lo stesso dovrà fare al suo rientro. Solo quando il cane si sarà calmato, si potrà interagire con lui, coccolandolo e premiandolo.
- Meglio evitare di uscire di casa subito dopo una passeggiata con il cane e anche evitare di lasciarlo improvvisamente solo se in famiglia ci sono più persone. È meglio uscire di casa scaglionati in modo che non si senta abbandonato da tutti i componenti.
- Sempre allo scopo di abituarlo alle uscite senza di lui, si dovranno mettere in atto alcuni “rituali” tipici di quando ci si sta per allontanare da casa (come prendere le chiavi, la borsa, ecc..) ma in maniera “fasulla” senza effettivamente uscire: in questo modo il cane non assocerà automaticamente questi gesti a qualcosa di negativo e non svilupperà ansia e stress ogni volta che vengono effettuati.
- In ogni caso, anche se al rientro ci si imbatterà nei segni ben visibili dell’ansia -come mobili e oggetti distrutti, bisogni fatti in casa, lamentele dei vicini per l’abbaio – si dovrà continuare a ignorare il cane. Soprattutto ci si dovrà assolutamente trattenere da sgridarlo, punirlo e rimproverarlo perché l’associazione per lui sarà legata al rientro del proprietario e non, invece, ai danni causati durante la sua assenza.
- Anche quando si è in casa non bisognerà mai eccedere con le attenzioni: giochi e momenti di interazione insieme al cane sono sacrosanti, ma non devono essere una costante. In particolare il cane non dovrà trasformarsi in “un’ombra” che segue il proprietario in ogni angolo dell’appartamento e nemmeno nel “capobranco” che dorme sul letto al suo posto. In pratica, i ruoli dovranno essere chiari e ben distinti per non creare confusione e, naturalmente, ansia.
- Quando il cane è da solo, si potrà cercare di distrarlo lasciando accesa magari la radio o la televisione (prevedendo lo spegnimento dopo un certo lasso di tempo) e fornendogli giochi di interazione mentale come, ad esempio, il Kong. Molto utili per rilassare sono anche i feromoni appaganti (DAP) che si possono procurare facilmente nei negozi di prodotti per animali.
- Le uscite e le passeggiate dovranno essere ricche e soddisfacenti, in modo da stancarlo e gratificarlo per le ore seguenti quando sarà di nuovo solo ma anche per premiarlo se è stato tranquillo. Tra le razze che soffrono maggiormente per la scarsa attività e la solitudine ci sono i jack russel Terrier, i Border Collie e i cani da lavoro o da caccia: loro, ancora più di altri, hanno bisogno di interazione e di movimento all’aria aperta.
- In alcuni casi particolarmente difficili, potrà essere necessario l’intervento di un supporto terapeutico (sempre associato a una terapia comportamentale) con farmaci, fitoterapici o integratori naturali, sotto controllo veterinario.
Con pazienza e costanza dopo le prime due o tre settimane, si potranno già osservare i primi risultati positivi: l’importante è non arrendersi e scoraggiarsi, con la consapevolezza che si sta agendo prima di tutto per il benessere del proprio cane. E per la propria serenità.