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Si stima che nei prossimi decenni la popolazione dei grandi centri urbani, situati particolarmente in Asia e negli Stati Uniti, sia destinata ad aumentare in misura vertiginosa mentre le terre coltivate siano in costante riduzione. Ai fini dell’approvvigionamento dei prodotti alimentari necessari iniziano a diffondersi strategie per trovare nuove superfici dedicate alle colture di frutta e ortaggi. Tra le più nuove e interessanti c’è il “rooftop farming”, la coltivazione sui tetti: la messa dimora di specie vegetali sulle sommità di edifici urbani, anche di significativa altezza, coltivate in aree predisposte oppure in serre destinate al settore orto-frutticolo.
Attenzione al peso
La tecnica del “rooftop farming” o coltivazione in altezza è nata in nord America alcuni anni fa e si sta attualmente diffondendo in Europa (Germania, Svizzera) e in Asia (Singapore, Giappone). A livello pratico funziona secondo gli stessi principi agronomici della coltivazione in campo e può essere declinata in due modalità: come semplice coltivazione a cielo aperto dopo aver effettuato l’impermeabilizzazione dei tetti e il riporto di un volume di terra adeguato alle caratteristiche strutturali dell’edificio (questa soluzione collega l’orticoltura su tetti, come idea progettuale, a quella più ampia dei tetti verdi) oppure a seguito dell’installazione di serre, simili come aspetto e nei materiali costruttivi a quelle presenti sul terreno. Ai fini dell’alleggerimento del carico sulle solette sottostanti e con lo scopo di aumentare le rese produttive, nelle serre spesso il supporto di coltivazione non è costituito da materiale terroso, bensì è rappresentato da pannelli di materiali inerti, dove effettuare coltivazioni idroponiche o aeroponiche di ortaggi (cioè in acqua oppure su sostegni artificiali, come nell’esempio newyorkese).
Vantaggi
La coltivazione sui tetti non è immediata ovunque. Possono esserci difficoltà perché non tutti gli edifici sono in grado di accogliere tale peso sul tetto e le questioni burocratiche, a livello di permessi comunali, possono risultare rilevanti. Tuttavia i vantaggi sono vari e significativi:
- sfruttamento di superfici altrimenti prive di utilizzo;
- ottenimento di ortaggi e se possibile di frutta (nel caso di strutture in grado di garantire adeguati spessori di terra o grazie all’impiego di varietà nane) a chilometro zero (quindi con forte riduzione dei costi di trasporto) in quanto destinati all’utilizzo locale: per gli abitanti dell’edificio oppure per la vendita ai mercati rionali;
- possibilità di coltivazione biologica senza impiego di prodotti chimici;
- miglioramento del microclima a seguito dell’abbattimento dei livelli di anidride carbonica e all’incremento di quelli di ossigeno, grazie al fenomeno della fotosintesi;
- diffusione dell’orticoltura quale metodo terapeutico-curativo volto a garantire il benessere psico-fisico e capace di aumentare il grado di socializzazione tra gli individui.
Esempi concreti
A New York, negli Stati Uniti, sono diversi gli esempi di edifici con “rooftop farming”. Nelle serre sui tetti si coltivano ortaggi in vasche idroponiche utilizzabili dagli inquilini dell’edificio, che in buona parte sono incaricati della coltivazione. Per esempio l’Arbor House, nel Bronx, recentemente inaugurato, fornisce frutta e verdura a un intero edificio. Il palazzo si pone anche come esempio di architettura ecosostenibile, in quanto è edificato secondo i dettami della moderna bioarchitettura, mediante l’utilizzo di materiali prevalentemente di origine naturale o riciclati e dotato di impianti a forte risparmio energetico.
A Milano i lavori sono ancora in corso. L’ “Orto fra i cortili” è l’intervento che lo studio di architettura Piuarch sta realizzando sul tetto di un edificio di Milano (in via Palermo 1). Un intervento, in collaborazione con VerdeVivo, che riqualifica l’immobile anche dal punto di vista energetico e funzionale. Lo strato di vegetazione migliora l’isolamento e incrementa l’inerzia termica dei locali sottostanti.