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I criteri guida per la scelta dei vasi in cui porre le nostre piante devono prendere in considerazione aspetti estetici (forma, colore, finiture e lavorazioni superficiali) ma, soprattutto, pratici. La maggior parte delle piante può essere coltivata in contenitore purché questo sia adeguatamente proporzionato allo sviluppo dell’apparato radicale della specie e sia dotato di alcune indispensabili caratteristiche (porosità, possibilità di drenaggio, resistenza nel tempo) favorevoli all’omogeneo ritmo di crescita della vegetazione contenuta. Ecco quindi una guida pratica per scegliere bene e avere piante sane e rigogliose.
Profondità: la caratteristica più importante
Il volume di terra che può contenere il vaso deve essere sufficiente per un regolare sviluppo delle radici nel corso del tempo, evitando che si debba troppo frequentemente ricorrere a cambi di contenitore. In commercio esistono vasi di profondità variabile da pochi centimetri sino a 80-100 centimetri, dipende dal tipo di piante. Indicativamente si può fare riferimento al seguente schema:
– per le erbacee (annuali e perenni) e gli arbusti alti sino a 40-60 centimetri: serve un contenitore profondo da 15 a 30 centimetri.
– per gli arbusti di media dimensione (alti sino a 100-130 centimetri): da 40 a 60 centimetri.
– per gli arbusti grandi e i piccoli alberi (alti sino a due metri): da 60 a 100 centimetri.
I fori di drenaggio sono indispensabili
Tutti i contenitori devono avere uno o più fori di drenaggio, indispensabili per garantire lo sgrondo dell’acqua ed evitare che questa si accumuli negli strati più profondi determinando gravi condizioni di asfissia radicale.
Il sottovaso può servire ma per la maggior parte delle piante deve essere svuotato rapidamente dall’acqua di sgrondo. Solo per alcune piante, come felci, maranta e aglaonema, tipiche degli ambienti ombrosi e umidi e per alcune fiorite da interni (come azalea e ortensia) è utile che l’acqua di sgrondo permanga nel sottovaso.
Altri parametri da valutare
– Porosità: i materiali migliori sono quelli che garantiscono soprattutto buona porosità, indispensabile per garantire sia adeguati scambi gassosi tra il substrato (quindi le radici) e l’atmosfera esterna, sia, tramite evaporazione dalle pareti, la perdita di acqua presente in eccesso nel terriccio.
– Isolamento termico: il materiale ideale deve inoltre isolare quanto più possibile dagli sbalzi termici per evitare che il substrato, quindi gli apparati radicali, si scaldino o si raffreddino eccessivamente.
– Peso: il materiale determina anche il peso del contenitore: tale parametro riveste notevole importanza nel caso di allestimenti in terrazzi o balconi, quindi presenti su solette destinate a reggere solo determinati carichi. La pesantezza comporta anche la facilità di spostamento dei contenitori.
– Durata: alcuni materiali offrono buona resistenza a rotture accidentali, al gelo, alle eccessive temperature estive e sono quindi in grado di garantire una durata maggiore rispetto ad altri.
I materiali
COTTO o TERRACOTTA
Il cotto è il materiale più tradizionale per la produzione di vasi: ricavato da argille di diversa composizione, ricche di ossidi di ferro, può essere lavorato e sagomato in varie dimensioni e forme, sia lisce, sia fornite di motivi decorativi in rilievo.
I contenitori in cotto più pregiati e costosi sono ottenuti tramite un processo di lavorazione a mano, gli altri tramite stampi industriali.
Il cotto presenta alta porosità, in grado di favorire sia gli scambi gassosi tra apparati radicali ed atmosfera esterna (entra ossigeno, esce anidride carbonica prodotta dalle radici), sia l’evaporazione dell’acqua presente in eccesso nel substrato: nei periodi caldi questo secondo fenomeno fisico permette il raffreddamento del substrato, all’opposto, quando il terriccio è troppo secco, la porosità permette l’assorbimento dell’umidità atmosferica, quindi l’idratazione del substrato.
Gli aspetti negativi del cotto sono: pesantezza del materiale; possibilità di rottura o incrinatura; scarsa resistenza al gelo (soprattutto nel caso di vasi vecchi, che durante il periodo invernale è consigliabile coprire con teli di juta o cannicciati); difficoltà di movimento e trasporto (per contenitori di grande dimensione); formazione esterna di muffe o alghe (da asportare con acqua calda e sapone, con ausilio di spazzola abrasiva, ma non con detergenti liquidi chimici che potrebbero penetrare attraverso i pori e risultare tossici per gli apparati radicali); prezzo più alto, a parità di dimensione, rispetto ai contenitori in materiali plastici.
PIETRA
La pietra naturale è materiale di alta qualità, ma costoso e pesante. I contenitori in pietra trovano generalmente collocazione stabile in giardino. La porosità dipende dal tipo di materiale di partenza e dallo spessore (generalmente consistente) delle pareti, ma è comunque inferiore a quella del cotto. I contenitori possono essere lucidati (come il marmo) o lasciati al naturale (ad esempio la pietra arenaria).
CEMENTO
Questo materiale, estremamente economico, viene utilizzato quasi solo per realizzare grandi contenitori destinati all’arredo verde da parchi e spazi pubblici.
Il pregio ornamentale è scarso e il peso spesso considerevole, tanto che, per rendere più leggero il manufatto, vengono aggiunti al cemento altri materiali quali argilla espansa o graniglia di marmo, ottenendo quelli che vengono definiti contenitori “in graniglia” o “granulato”. I contenitori a base di materiale cementizio sono duraturi, sufficientemente porosi e ben resistenti agli sbalzi termici.
CERAMICA
I vasi in ceramica smaltata, lucida od opaca, vengono principalmente utilizzati per l’arredo verde da interni in quanto questo materiale è scarsamente resistente al gelo invernale. Non hanno superficie porosa e spesso neppure il foro di drenaggio, pertanto l’irrigazione deve essere molto attenta e generalmente scarsa. Oltre al pregio decorativo questi vasi sono funzionali in quanto facili da pulire. Sono comunque più indicati come portavasi, che non come veri e propri vasi di coltivazione.
METALLO
Vari elementi (rame, ferro, acciaio, alluminio) vengono utilizzati per lo più come portavasi e non come veri e propri vasi di coltivazione. In ogni caso si tratta di materiali non porosi, molto resistenti, generalmente non economici.
MATERIALI PLASTICI
Questi materiali coprono attualmente quasi due terzi del mercato dei contenitori, sia per professionisti, sia per hobbisti e sono rappresentati da diversi composti sintetici (polietilene, polivinilcloruro, polipropilene, vetroresina) che vengono facilmente lavorati e sagomati in varie fogge, dimensioni (da pochi centimetri di altezza sino a 100-120 centimetri di profondità) e colori.
I principali pregi di questi materiali sono la robustezza; la lunga durata; la leggerezza; il prezzo generalmente contenuto.
Il principale (e più grave) difetto è rappresentato dalla assai scarsa porosità: le ditte produttrici cercano di contenere tale limite, aumentando il numero di fori di drenaggio sul fondo che, anziché uno solo come nei classici vasi in cotto, possono essere anche 4-5 o più. In ogni caso, vista l’inesistente capacità di evaporazione di acqua dalla superficie in plastica, le annaffiature devono esser ridotte come quantità e meno frequenti in quanto elevato è il rischio di ristagno idrico nel substrato.
I vasi prodotti con plastiche di bassa qualità sono scarsamente resistenti al sole o al gelo, quindi tendono facilmente a deteriorarsi, oppure possono trasmettere eccessivo calore o freddo agli apparati radicali. Attualmente la produzione di vasi in plastica si è perfezionata ed in commercio esistono contenitori dotati di ottime caratteristiche strutturali (stabilità del materiale nel tempo, buona resistenza alla luce ed alle escursioni termiche): i più durevoli sono prodotti con una miscela di polietilene e polipropilene.
Un prodotto particolare è quello ottenuto dall’utilizzo della resina di polietilene, non tossica e riciclabile, assai resistente sia al gelo, sia alle prolungate elevate temperature estive, grazie alla quale si ottengono vasi che imitano molto bene i classici vasi in cotto, al punto che per tale prodotto si è coniato il termine “similcotto”.
LEGNO
Il legno è il meno durevole dei materiali, a causa del deterioramento originato dal contatto diretto e prolungato con il terriccio, spesso umido per la presenza dell’acqua di irrigazione. I contenitori in legno richiedono inoltre più manutenzione rispetto ad altri in quanto devono essere riverniciati mediamente ogni 4-5 anni.
Per ovviare all’usura, si può aggiungere una vasca in ferro zincato, acciaio o rame all’interno della fioriera, in modo da isolare il legno dal terriccio.
Spesso si trasformano in contenitori per piante altri recipienti, ad esempio botti in legno, tini per il vino, vecchi mastelli utilizzati per lavori domestici: in questo caso la manutenzione deve essere ancora più accurata, ma i trattamenti vernicianti conservanti che prolungano la durata del legno possono risultare dannosi per le piante.
I contenitori più nuovi? Sono biodegradabili
La caratteristica principale dei contenitori in materiale biodegradabile è rappresentata dalla capacità di degradarsi completamente, una volta non più utilizzati, in tempi più o meno brevi a seconda della dimensione e del materiale di partenza, eliminando in tal modo le problematiche del loro smaltimento.
I più noti e diffusi contenitori ecologici hanno dimensione medio-piccola e vengono realizzati utilizzando torba compressa: questo materiale, oltre ad avere alta porosità, contribuisce, seppure in misura minima, a fornire alle piante in crescita un supporto nutritivo, grazie alla composizione dei suoi elementi base.
Anche la fibra di cocco, l’amido e la cellulosa vengono utilizzati per confezionare vasetti, generalmente di medio-piccola dimensione. I più recenti vasi ecologici sono quelli costituiti da lolla di riso (ovvero lo scarto della lavorazione del riso) amalgamata con una particolare resina naturale.
Tali contenitori sono presenti in varie fogge, differenti dimensioni e colori. Questi vasi sono indicati per allevare piante da trapiantare successivamente in piena terra (ad es. ortaggi) senza che vengano svasate. La possibilità di interrare direttamente il contenitore, preserva gli apparati radicali, soprattutto quelli più delicati, da inevitabili danni che si hanno quando si tolgono le zolle dal contenitore: in tal modo si evita il cosiddetto stress da trapianto.
Sono indicati, soprattutto quelli di torba compressa, per piccole piante annuali, quali primule, viole, begoniette, agerato, alisso e tagete e anche per piante fiorite di media dimensione, quali gerani e petunie ricadenti che possono essere messe direttamente a dimora nelle ampie vaschette senza la svasatura. Possono essere utilizzati anche per le semine di ortaggi a radici delicate, quali pomodori, peperoni, melanzane, zucche e zucchine, che, una volta raggiunto lo sviluppo definitivo trovano direttamente posto nel suolo dell’orto. I vasi biodegradabili possono essere usati per far radicare talee di specie arbustive da esterno (biancospino, lillà, viburno, alloro, oleandro) che, una volta ben sviluppate, vengono piantate nel terreno senza essere tolte dal vasetto. Tutti i vasi ecologici, oltre a degradarsi nel terreno, subiscono, se vengono smaltiti con raccolta degli scarti organici, totale degradazione, trasformandosi in prezioso compost.
La forma: spesso non è essenziale
Per la maggior parte delle piante sono adatti contenitori a sezione quadrata o rettangolare ma anche tonda: la forma è indifferente.
Alcune tipologie botaniche, come gli alberi da frutto e le piante da interni, invece, prediligono contenitori a sezione tonda (vasi a tronco di cono o cilindrici) che favoriscono una migliore distribuzione delle radici.
Per alcune piante è indispensabile che il vaso sia molto più alto che largo (arbusti da esterno quali oleandro, alloro, fotinia, lauroceraso e piccoli alberi dotati di apparti radicali a forte sviluppo verticale), mentre per altre (piante grasse di ridotta dimensione, specie aromatiche) è sufficiente una scarsa profondità, quale quella fornita ad esempio dalle ciotole.
È meglio evitare contenitori con base troppo piccola, anche se esteticamente pregevoli, perché non garantiscono sufficiente stabilità.