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Uno dei principali desideri del giardiniere è veder crescere con grande rapidità le proprie piante per ottenere, prima possibile, un giardino già “maturo”, da gustare appieno. La velocità di crescita degli alberi in giardino è un fattore genetico, intrinseco nelle specie ed è condizionato dagli elementi del clima che devono essere quelli giusti per le specie messe a dimora. Ogni regione italiana può accogliere un gruppo di piante a rapida crescita soddisfacendo così i sogni più ambiziosi. Abbiamo perciò prescelto 5 specie contraddistinte da esigenze termiche differenti l’una dall’altra; in aggiunta alla crescita veloce, comune a tutte, ogni specie offre colori, donati dai fiori, dalle foglie o dai frutti, ed è quindi davvero preziosa.
Acacia o mimosa: perfetta negli ambienti temperati
Acacia è una pianta di origine esotica essendo gli areali originari diffusi nelle regioni tropicali e caldo temperate dell’America centrale e meridionale, del Kenia, dell’Africa meridionale e dell’Australia. Il Genere è vastissimo e comprende fino a oltre 1100 specie di alberi, arbusti e rampicanti, tutti caratterizzati da bei capolini fiorali, piccoli e riuniti in infiorescenze erette o pendule che in alcune specie sono lunghe fino a 30 cm, spesso profumati. I rami di mimosa venduti l’8 marzo appartengono a questa pianta che, nonostante la sua fioritura così precoce, è sensibile al freddo. In Italia la specie più diffusa è A. dealbata che raggiunge i 20 metri di altezza e i 10 di diametro. A. dealbata non è un albero adatto per piccoli giardini, mentre molte altre specie sempreverdi, di grande effetto ornamentale nel periodo di fioritura, si possono mettere a dimora nelle zone miti del Centro-Sud e lungo le coste. Le foglie sono alterne e pennate, talora trasformate in piatti piccioli. I frutti sono baccelli di solito verdi e non commestibili. Poste a dimora in giardino, le piante vanno coltivate in un terreno non troppo fertile e ben drenato, da neutro a sub-acido, in posizione riparata dai venti ma in pieno sole. Le acacie temono le potature, quindi anche quella di allevamento va eseguita con sobrietà e sarà volta all’eliminazione dei rami malformati e di quelli che competono con l’apice.
Acero riccio: per il colore autunnale, forte anche in città
Resistente alle basse temperature è Acer platanoides, l’acero riccio, dalla crescita vigorosa, che raggiunge un’altezza di 25 metri e un diametro di 15 metri. Talvolta allevato in forma cespugliata, raggiunge un’altezza più modesta ma il diametro rimane sempre prossimo ai 15 metri. L’acero riccio è diffuso in tutta Europa ma è spontaneo nelle regioni a clima freddo continentale raggiungendo a nord la penisola scandinava. Richiede un terreno fertile, profondo, umido ma ben drenato, al sole ma tollera anche l’ombra parziale. È un albero bellissimo, con grandi foglie lunghe fino a 15 cm, di colore verde intenso a 5 lobi terminanti in tipiche punte affilate e un po’ ricurve. Un tempo impiegato per la piccola falegnameria, oggi è un albero perfetto per le città essendo tollerante all’inquinamento atmosferico. È usato come pianta ornamentale per l’elegante portamento ovaleggiante della chioma e per il bel colore giallo o rosso che assumono le foglie prima di cadere in autunno. In primavera porta dei piccoli ma evidenti corimbi di fiori gialli, seguiti dai frutti, o samare, di colore verde poi virante al bruno le cui ali sono lunghe fino 5,5 cm. L’acero riccio è stato oggetto di intenso miglioramento genetico che ha prodotto moltissime varietà, selezionate per numerose caratteristiche: il colore porpora delle foglie di ‘Crimson King’ i cui fiori sono gialli sfumati di rosso, il portamento compatto e colonnare di ‘Columnarbroad’ (sinonimo di ‘Pakway’), la forma tonda della piccola chioma di ‘Globosum’, i fiori giallo-purpureo che appaiono prima delle foglie di ‘Schwedleri’ e molte altre ancora.
Paulownia: per i meravigliosi fiori viola
È uno degli alberi a crescita più rapida, in un anno la pianta giovane può crescere di 3 metri, e attraverso il miglioramento genetico è stato ottenuto il ‘Clone 112’ di crescita ancor più veloce, coltivato per l’impiego nelle centrali a biomasse. Paulownia tomentosa, la specie più diffusa in Europa, deve il suo nome alla morbidezza delle grandi foglie, densamente tomentose su entrambe le pagine. Le foglie, di forma ovato-poligonali, rappresentano uno dei numerosi aspetti ornamentali della pianta, potendo diventare lunghe fino a 30 cm. Sono precedute, nel mese di aprile, dai bei fiori profumati, di colore lilla con segni purpurei e gialli all’interno, lunghi 5 centimetri e riuniti in pannocchie molto vistose. I fiori si formano nel corso dell’autunno precedente e rimangono in forma di boccio chiuso di colore rosato per tutto l’inverno; talvolta, i forti geli prolungati possono danneggiarli soprattutto se accompagnati da forti venti inaridenti, ma la pianta è in generale resistente al freddo. Ha un portamento colonnare e diventa alto 12 metri con un diametro di 10 metri; in considerazione del portamento e dell’aspetto va usato come esemplare isolato su un prato, anche se forma filari lungo i viali cittadini di grande impatto visivo e idonei all’ombreggiamento. Richiede un terreno fertile ben drenato in posizione soleggiata: la sua velocità è condizionata dalla disponibilità di elementi nutritivi presente nel suolo e dalla freschezza, quindi è opportuno prevedere una buona concimazione di fondo e l’irrigazione regolare. Attenzione però a evitare i ristagni idrici, in quanto la paulonia è soggetta agli attacchi di marciume radicale, provocato dal fungo Armillariella mellea. Le larghe foglie, essendo così grandi e pesanti, possono essere danneggiate dai venti, quindi la posizione ideale è riparata dalle correnti dominanti. Originario di Giappone e Cina, deve il nome latino Paulownia alla principessa Anna Pavlovna d’Olanda, figlia dello zar Paolo I di Russia, attribuitogli poco dopo il suo ingresso in Europa, avvenuto a metà dell’800. Viene ancora oggi utilizzato per opere di falegnameria di alta qualità, quali mobili, strumenti musicali e oggetti vari, grazie al legno duro ma leggerissimo.
Quercia rossa: la più veloce tra le querce
Quercus rubra (sinonimo di Q. borealis) è il nome di una delle poche querce a crescita rapida e per tale motivo si differenzia profondamente dalle querce nostrane, vere campionesse di longevità ma di accrescimento più lento. La quercia rossa, originaria delle regioni settentrionali dell’America del Nord, raggiunge, e supera, un’altezza di 30 metri e una larghezza di 20 metri. Ha un fusto slanciato che conserva per lungo tempo, assumendo poi con il trascorrere dei decenni, la forma a cupola. Le foglie, munite di un lungo picciolo di 4-5 cm, sono lunghe 20 cm, di forma ellittica, formate da lobi appuntiti non molto profondi e hanno un bel colore verde intenso, più chiaro e lucente sulla pagina inferiore. Le ghiande, l’elemento di riconoscimento per eccellenza del Genere Quercus, sono munite di un corto peduncolo, rotondeggianti, larghe circa 2 cm, e assomigliano a una nocciola. Sono note due varietà derivate: Q. r. maxima, con foglie più grandi, e Q. r. ‘Aurea’ con foglie di colore giallo oro viranti al verde e di dimensioni inferiori (15 metri di altezza e 10 metri di diametro). La quercia rossa venne introdotta in Europa per la totale resistenza a un fungo parassita, Oidium gemmiparum, che devasta le querce nostrane, ma la zona di provenienza ci suggerisce in modo inequivocabile che, pur essendo resistentissima al freddo, al vento e ai terreni poveri, rifugge il calcare e i terreni argillosi pesanti. Desidera un suolo profondo e ben drenato, in posizione ben soleggiata ma tollera la mezza ombra nelle aree più calde.
Tiglio: profumo garantito anche al caldo e alla siccità
I tigli sono alberi imponenti anche se non sempre raggiungono altezze maestose: in genere è l’insieme chioma – altezza che li rende solenni. I tigli spontanei più diffusi nel nostro territorio appartengono alle specie Tilia platyphyllos (sinonimo di T. grandifolia) e T. cordata (sinonimo di T. parvifolia, chiamato tiglio riccio). Il primo ha foglie grandi, presenta ciuffi di peli bianchi alla biforcazione dei rami giovani e ha portamento a torre; il tiglio cordata ha lamine più piccine, ciuffi di peli di color bruno – rugginoso e portamento è a cupola. La specie più coltivata in Italia è T. americana, di origine statunitense, caratterizzato da foglie ampie, lunghe fino a 20 cm e glabre, cioè prive di peli, tranne che nella pagina inferiore in corrispondenza della ramificazione delle nervature. In tutta Europa è molto diffusa una quarta specie, spontanea delle regioni sud-orientali dell’Europa e occidentali dell’Asia: Tilia tomentosa, sinonimo di T. argentea e di T. alba, denominato tiglio argenteo o tiglio d’Ungheria. È facile riconoscerlo dalle pagine inferiori delle foglie, provviste di peli e di colore bianco argenteo; fra le varie specie è quella che, forse, produce i fiori più fragranti. Attenzione a non confonderlo – o a farsi confondere in vivaio – con i cosiddetti “ibridi argentei” varietà derivate dal pollonifero T. americana. Al momento dell’acquisto di un tiglio è opportuno specificare la specie che si desidera per sapere quali dimensioni raggiungerà. I platifilli e i loro ibridi possono avvicinarsi ai 40 m, i tigli ricci (T. cordata) si approssimano ai 30 m, mentre le altre specie e cultivar sono più piccole, non superando i 20 m. Anche i diametri sono di tutto rispetto, fatte le ovvie eccezioni per le selezioni fastigiate: superano tutti i 10 m di diametro, raggiungendo i 20 metri negli americani, negli argentei e nei platifilli. Tutti i tigli, ma in particolare Tilia tomentosa, sono resistenti al caldo, alla siccità e all’inquinamento purché abbiano spazio a sufficienza per svilupparsi e non vengano soffocati al piede dalle pavimentazioni. Richiedono un terreno umido e drenato, meglio se neutro o alcalino ma tollerano anche i suoli acidi, esposizione al sole anche parziale. Purtroppo sono soggetti a numerose malattie, ma le piante adulte sono molto resistenti a diversi parassiti tranne all’armillaria, il cui attacco è favorito dalle potature, dalle ferite sul fusto e dall’umidità stagnante.
Due regole comuni
Tutte le specie indicate hanno bisogno di due attenzioni particolari per irrigazione e potatura.
L’irrigazione: nelle piante appena messe a dimora va curata con attenzione, poiché nel periodo estivo asciutto, che può cominciare in certe annate anche nel mese di maggio, si devono apportare 80-100 litri di acqua ogni 2 settimane durante il primo anno di piantagione, volume idrico da aumentare a 120 litri nel secondo anno. Dal terzo anno in poi si interviene con l’innaffiatura di soccorso, ovvero si dà acqua quando la pianta mostra i primi segni di sofferenza, segnalata da foglie molli, poco coriacee e più pendule del solito.
La potatura: è una tecnica da applicare solo in fase di allevamento e deve essere volta alla formazione di una chioma equilibrata con i rami ben disposti attorno al fusto, come una spirale. In seguito, le piante non vanno più potate se non per eliminare i rami morti ed è bene che l’operazione venga eseguita da personale esperto capace di riconoscere la zona del “colletto” posta alla base dei rami che va sempre rispettata per consentire alla pianta di cicatrizzare bene e in fretta.