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Il Po, protagonista assoluto delle vie fluviali della Pianura Padana, prima di gettarsi nel mare Adriatico, forma un grande delta. Qui, in un territorio a cavallo tra Emilia Romagna e Veneto, prende vita il Parco del Delta del Po, che nel 1999 è entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, “Ferrara, Città del Rinascimento e il suo Delta del Po”, e dal 2015 è anche Riserva della Biosfera dell’Unesco.
L’attuale assetto del Delta del Po, con il più lungo tratto di litorale sabbioso non antropizzato d’Italia, è il prodotto dell’azione del fiume, che nel corso dei secoli ha progressivamente sedimentato i depositi alluvionali presso la foce, determinando il progressivo avanzamento della costa. È anche l’unico delta esistente in Italia e una delle più grandi riserve nazionali di zone umide con sbocco a mare privo di sbarramenti. Tra acque dolci e salmastre, terre emerse e paludi, è l’habitat ideale per molte specie di piante endemiche, uccelli acquatici e non solo. La primavera è la stagione ideale per visitare queste terre, a due passi dalle animate coste romagnole, che regaleranno emozioni inaspettate a tutti gli amanti della natura. Vi proponiamo quindi due percorsi di visita: il delta nelle valli (si chiamano così i bacini interni d’acqua salmastra) a Comacchio, dove si scoprirà l’ambiente umido, e il grande bosco della Mesola, con la sua colonia di cervi italiani.
Il territorio a cavallo tra due regioni
In realtà sono due i parchi del Delta del Po, uno in Emilia-Romagna, l’altro in Veneto. II Parco emiliano-romagnolo è stato istituito nel 1988 ed è gestito, dal 1996, dal Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po Emilia- Romagna, formato dalle province di Ferrara e Ravenna con i comuni di Alfonsine, Argenta, Cervia, Codigoro, Comacchio, Goro, Mesola, Ostellato e Ravenna. Il Parco Regionale Veneto Delta del Po è stato istituito dalla Regione Veneto nel 1997, si estende in provincia di Rovigo, comprende il territorio tra il fiume Adige e il Po di Goro, con i comuni di Ariano nel Polesine, Porto Tolle, Porto Viro, Rosolina, Taglio di Po, Adria, Corbola, Loreo e Papozze. Le aree interessate da entrambi i Parchi oggi comprendono le zone di valenza naturalistica inserite nella cosiddetta “Rete Natura 2000” comunitaria.
In barca nelle valli di Comacchio
Comacchio è una cittadina che sorge in mezzo alla omonima laguna e anticamente fu edificata unendo con i ponti 13 piccole isolette formatisi sulla foce del Po. Fu un importante porto dell’Adriatico, prima di essere in parte insabbiata dai depositi alluvionali del grande fiume. Oggi è caratterizzata da ponti e canali che la fanno assomigliare a una piccola Venezia. Merita una visita il suo centro storico, silenzioso e imponente, poco affollato, con i ristoranti lungo i canali (dove provare l’anguilla marinata tradizionale) e la cordialità romagnola degli abitanti. Si troverà il Ponte dei Trepponti (simbolo di Comacchio), la Torre dell’Orologio, il Duomo di San Cassiano, la Loggia del Grano e, allontanandosi un poco, la Manifattura dei Marinati, antica fabbrica dei pesci, ove avveniva, e avviene ancora oggi, la marinatura dell’anguilla e del pesce di valle.
Si prende poi l’auto in direzione delle valli, si attraversa il ponte mobile e si procede lungo l’argine della valle Fattibello per arrivare alla Stazione di pesca Foce nelle Valli di Comacchio. Queste zone umide, seppur circoscritte, conservano un grande valore naturalistico ma rivestono anche un ruolo importantissimo nella gestione del territorio perché da secoli vi si svolgono importanti attività tradizionali come l’estrazione del sale, l’allevamento e la pesca di specie ittiche, anguilla e mitili soprattutto.
Alla stazione di pesca
All’ingresso del Parco, prima ancora di imbarcarsi dove le acque dei canali confluiscono con il mare, ecco la stazione di pesca, ricca di pesce e soprattutto anguille. Qui le nostre guide d’eccezione, gli operatori Filippo Baldassari e Carletto Farinelli, ci raccontano il territorio e la sua ricca storia.
Per la pesca dell’anguilla, da secoli si utilizza una struttura ingegnosa, il lavoriero, un intricato sistema di sbarramenti e griglie mobili, che nel passato era realizzato in legno e canna, oggi in cemento e alluminio, a forma di freccia. Questo è posto all’imbocco dei canali che collegano le valli al mare ed è strutturato in modo da permettere solo alle anguille adulte, il passaggio dalle Valli verso il mare, nel mese di ottobre. Così le anguille rimangono intrappolate, vengono pescate e vendute per le lavorazioni tradizionali (la marinatura) o per il consumo diretto, eccezionale soprattutto verso Natale.
In laguna
Attrezzati con crema solare e soprattutto un repellente per zanzare, si raggiunge l’imbarcazione per un’escursione tra canali e specchi d’acqua, dove il paesaggio è fiabesco e la natura offre il meglio. Oltrepassata la zona di pesca si entra in laguna, grandi bacini d’acqua salmastra in cui emergono terre ricoperte da bassa vegetazione, oggi abbandonate, una volta produttive.
La specie vegetale più diffusa nell’acqua è il fieno di mare (Ruppia maritima); altrettanto prolifica è la lattuga di mare (Ulva lactuca), che può svilupparsi fino a creare ostacolo al passaggio delle barche. Dove la salinità non è elevata, prevale la canna di palustre (Phragmites australis), nel passato molto usato in edilizia e anche per costruire arelle e ceste, e ciuffi di giunco marittimo (Juncus maritimus).
Sui bordi delle barene, i banchi di limo o sabbia sommersi periodicamente dalla marea, domina lo spartineto (Spartina maritima e Spartina juncea), mentre dove la salinità sale troviamo le salicornie: Arthrocnemum fruticosum, A. perenne, A. glaucum e soprattutto la Salicornia veneta, specie protetta insieme all’Ibisco litorale (Kosteletzkya pentacarpos). Tra le altre specie protette: il fiordaliso di Tommasini (Centaurea tommasinii), lo sparto delle barene (Spartina maritima), la granata hirsuta (Spirobassia hirsuta), il cisto femmina (Cistus salviifolius), la piantaggine di Cornut (Plantago cornuti) il giuncastrello marino (Triglochin maritima) e l’apocino veneziano (Trachomitum venetum). Il paesaggio è ampio, il silenzio irreale è rotto dagli uccelli, come i grandi fenicotteri rosa che si alzano in volo.
A fare da sfondo, le tracce del passato: gli antichi casoni da pesca, oggi ristrutturati, e le palafitte per legare le barche da pesca. Questo ambiente irreale, in cui il tempo sembra essersi fermato ha affascinato anche molti registi come Visconti, Antonioni e Rossellini: sono più di 500 i film, cortometraggi, documentari, sceneggiati tv che hanno come sfondo le terre del Delta del Po.
La salina
Rientrati in terraferma, si procede a piedi verso i bacini di Nord-Est delle Valli, un tempo sfruttati come saline. Dopo una camminata su lingue di terra popolate da canne e rovi, si raggiunge la salina di Comacchio, nel passato estesa per oltre 600 ettari, di impianto realizzato in epoca napoleonica. La salina è rimasta in funzione fino agli anni 80 del secolo scorso e poi dismessa. Nel 2006, grazie al progetto LIFE NATURA2000, è stata ripristinata la produzione del sale a fini didattici e turistici e oggi vi si può accedere solo accompagnati e su prenotazione. Qui si può osservare il fenomeno naturale dell’evaporazione dell’acqua marina e il prodotto che ne deriva: i cristalli di sale che precipitano sul fondo e vengono raccolti. Pur essendo un ambiente artificiale, è protetto e dà rifugio a molte specie animali e vegetali che richiedono questo tipo di habitat. È uno dei luoghi più importanti per il birdwaching.
Il Bosco della Mesola
Da Comacchio, lungo la strada Romea (SS309) verso Nord, si supera Pomposa e poco dopo di raggiunge Bosco Mesola, sulla strada che porta a Goro. Qui si trova l’ingresso della Riserva Naturale Bosco Mesola, un’area naturalistica di grande interesse che si estende su una superficie di circa 1.000 ettari. Si tratta di tutto ciò che rimane di una vasta foresta termofila, denominata Bosco Eliceo, che nel passato dominava le aree emerse dagli acquitrini della costa Alto Adriatica. Il Boscone è un bosco integrale, ovvero lasciato allo stato naturale: niente viene toccato e se un albero cade, rimarrà lì, a distruggersi lentamente, fino a trasformarsi in humus. Attualmente si sviluppa su un sistema di cordoni dunosi e si presenta con una vegetazione molto varia, che va dal prato arido al bosco igrofilo, dal bosco termofilo alle comunità palustri. Troviamo quindi arbusti costieri e mediterranei come il leccio e la tamerice, ma anche da alberi ad alto fusto come carpino, farnia, la quercia. Il sottobosco e il margine dei boschi sono costituiti da folte macchie di arbusti caratterizzate da arbusti con belle fioriture e bacche lucenti, presenti spesso anche nelle siepi tra i coltivi o ai margini delle strade, come Phillyrea angustifolia, Asparagus acutifolius, Clematis flammula, Rubia peregrina, Ruscus aculeatus, Osyris alba e Rosa sempervirens, miste a specie mesofile. Nelle zone palustri vi troviamo frassini, pioppi, olmo campestre (Ulmus minor). Lo strato arbustivo è costituito da biancospino, prugnolo, ligustro, rosa selvatica, crespino (Berberis vulgaris), fusaggine (evonimo europeo), viburno. Vi sono anche alcune rarità come la felce palustre (Thelypteris palustris), l’ibisco litorale Kosteletzkia pentacarpos, e diverse orchidee palustri; oltre alle specie più comuni come Euphorbia lucida, la canna del Po (Erianthus ravennae), Leucojum aestivum, la felce palustre e molte altre.
La fauna
La Riserva, fondata nel 1977, è nota soprattutto perché accoglie due specie di ungulati: ci sono circa 500 daini (Cervus dama) e 80 cervi (Cervus elaphus). La presenza del daino (specie alloctona) è probabilmente dovuta all’introduzione per fini venatori risalente al periodo estense. Per quanto riguarda il cervo, invece, Mesola è l’unica area europea per la quale non si hanno notizie certe d’immissioni da almeno 500 anni. Per questo motivo, e soprattutto perché è morfologicamente diverso dal cervo nobile europeo, è ritenuto da alcuni l’unico ceppo autoctono sopravvissuto in Italia, discendente diretto del cervo della Padania che un tempo abitava le estese foreste della zona. Gli animali possono essere osservati, senza recare disturbo.
Durante le migrazioni si fermano grossi stormi di colombacci (Columba palumbus) e di colombelle (Columba oenas), che utilizzano il bosco come area di riposo e la beccaccia (Scolopax rusticola). Altre specie rare: la testuggine di Hermann (Testudo hermanni) e il nibbio bruno (Milvus migrans).
La Sacca di Goro
Poco lontano e raggiungibile a piedi, ecco la Sacca di Goro, uno specchio d’acqua fra mare e laguna di 2.000 ettari che fa parte del territorio del Parco Delta del Po. È molto adatta per la mitilicoltura, perché profonda in media 60-70 cm, con un massimo di 2 metri. La sua formazione è in continua mutazione, e il territorio formato da dune mobili e lagune costiere che ospitano la vegetazione tipica: erbe a foglie grandi, salicornie, Ammophila arenaria e salici e pioppi. Sui prati si trovano la Carex riparia, i fiori di vilucchio bianco (Calystegia sepium) o il giunco fiorito (Butomus umbellatus). Oltre ad alcune orchidee e al comune giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus) di colore giallo. La fauna comprende numerose specie di uccelli acquatici nidificanti e di passaggio.
Info
Per la visita alla zona delle Valli di Comacchio, http://www.parcodelpo.it , http://www.podeltatourism.it
Per le saline http://www.salinadicomacchio.it
La Riserva Naturale Bosco della Mesola è aperta da marzo a ottobre, nei giorni di martedì, venerdì, sabato e festivi. L’accesso è libero in un’area aperta al pubblico di circa 100 ettari, con tre percorsi ben segnalati all’interno di lunghezze diverse, adatti a tutti. Vi si può accedere solo a piedi o in bicicletta. Un’area è chiusa al pubblico, accessibile solo su prenotazione, con l’accompagnamento del Corpo Forestale dello Stato, che gestisce la riserva. Tel. 0544 437379, http://www.parcodelpo.it
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