A pochi passi dalle mete turistiche più conosciute e blasonate, come Cortina d’Ampezzo o le Alpi Atesine, il Parco Nazionale delle Dolomiti Friulane è tutto un altro mondo. È contraddistinto da un alto grado di wilderness, ovvero natura selvaggia, grazie all’assenza di strade di comunicazione per un’estensione difficilmente riscontrabile in altre zone dell’arco alpino e quindi può essere attraversato soltanto a piedi. Per gli amanti della montagna è una vera scoperta, una favolosa occasione per immergersi nella natura selvaggia, un paradiso per l’escursionismo e il trekking. In queste pagine proponiamo due percorsi, uno più impegnativo e uno più facile, alla portata di tutti; entrambi sono dedicati a chi sceglie di immergersi nella natura incontaminata, lontano dalle mete più frequentate.
Alla scoperta della Val Zemola, tra i massicci che modellano un paesaggio popolato da larici, faggi e abeti. Borgà (2.228 m), Buscada (2.016 m), La Palazza (2.210 m), Duranno (2.652 m), Porgeit (1.864 m), questi affilati giganti di pietra sono i maestosi monti a cui si va incontro man mano che ci si addentra nella Val Zemola. Riconosciute Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, queste Dolomiti sono anche custodi di una biodiversità d’eccellenza che vanta molte specie animali e vegetali di particolare interesse. Uno scenario da scoprire seguendo diversi percorsi con difficoltà e durata variabile, ma ognuno a modo suo interessante per gli aspetti naturalistici che offre. Il viaggio alla scoperta della Val Zemola comincia da Erto, un piccolo paesino friulano ricostruito dopo la tragedia del Vajont al confine col bellunese, che fa da guardiano alla valle facendosi spazio in un paesaggio dalle dure pendenze. Si comincia in automobile, uscendo dal paese e addentrandosi nella valle: si imbocca via Val Zemola verso Nord dove, dopo un primo tratto asfaltato, la strada diventa sterrata e corre lungo un versante molto suggestivo dal quale si possono apprezzare i massicci. Guidando con prudenza si giunge a Casera Mela.
Il sentiero dei cavatori
Casera Mela è un rifugio ben attrezzato che offre rifornimento, camere da letto e un parcheggio dove lasciare l’automobile. Dopo aver ammirato le sculture di Mauro Corona, grande narratore della valle e abitante di Erto, a piedi si prende il sentiero CAI 381 seguendo le indicazioni per Cava Buscada. Percorrendo la bella e agile forestale non è raro incontrare greggi di pecore e, dopo circa un’ora di cammino, si raggiunge un’antica stazione teleferica (1.320 m) ormai in disuso, utilizzata in passato per trasportare a valle i pesanti marmi provenienti dalla cava posta molti metri più in alto. La stazione segna anche l’inizio di un cammino escursionistico alternativo tra i boschi, tanto bello quanto impegnativo: lasciata la sterrata si seguono le indicazioni per il “sentiero dei cavatori” utilizzato dagli operai per raggiungere a piedi la cava senza proseguire per la strada di servizio, ben più lunga e progettata per i mezzi pesanti. Il percorso fa guadagnare quota rapidamente (bisogna essere un po’ allenati) e si arrampica per circa 90 minuti fino ad arrivare in prossimità del rifugio Cava Buscada (1.758 m), utilizzato dai cavatori fino al 1994, quando le attività di estrazione cessarono definitivamente. Lungo questo sentiero, tra fitti larici e nascosti dalle rocce, spuntano i primi fiori di primavera come la scorzonera rosea (Podosperum roseum) e il vivace geranio silvano (Geranium sylvaticum). Il rifugio offre ristoro e una vista a 180° sullo splendido teatro naturale: il monte Duranno, spesso con la cima fra le nuvole e il Porgeit con la sua peculiare conformazione rocciosa disegnano il profilo di uno scenario incontaminato, abitato esclusivamente in primavera ed estate dai pochi gestori dei rifugi (oltre a quelli di Cava Buscada e Casera Mela c’è il rifugio Maniago, proprio sotto il Duranno). Presso il rifugio di Cava Buscada si possono trovare anche mappe e informazioni sul giardino botanico alpino istituito negli ultimi anni lungo la strada che porta alla cava, una vera e propria enciclopedia vivente delle specie autoctone che si possono incontrare a questa quota. Habitat naturale per molte piante protette, in primavera è possibile osservare nei pressi del rifugio le fioriture del raponzolo orbiculare (Phyteuma orbiculare), della viola gialla (Viola biflora) e del rododendro rosso (Rhododendron ferrugineum).
In cima, un panorama eccezionale
Dopo pochi minuti di cammino si raggiunge la cava vera e propria, un grande spiazzo dove è ancora ben visibile il cosiddetto “ultimo taglio”, realizzato più di 25 anni fa durante l’ultimo giorno di attività estrattiva. Vale la pena di guardare da vicino questa pietra, tecnicamente chiamata “Ramello rosso di Erto”, un materiale pregiato che veniva esportato in tutto il mondo. Caratterizzato da un colore rosato e da venature biancastre, il marmo mostra anche le tracce ben conservate di splendidi fossili, gli ammoniti, risalenti a ere geologiche in cui la valle era sommersa dal mare. Dal punto di vista naturalistico il luogo rappresenta l’interruzione della fascia boschiva e l’inizio degli ampi pascoli che proseguiranno ininterrotti fino alla cima del Monte La Palazza. Superata la cava il percorso si fa più rado, il terreno più roccioso e gli arbusti la fanno da padrone, man mano che si risale la cresta in prossimità del Monte Buscada. Il sentiero supera una fascia di Pino mugo, intervallata da profonde forre, per uscire sulla cresta prativa. Toccati i 2.000 metri il panorama è mozzafiato e l’occhio può spaziare in tutte le direzioni. Qui le nuvole non conoscono confini geografici e lo scambio tra aria calda e aria fredda dei due versanti genera accumuli di umidità che viaggiano da quello bellunese a quello friulano con eleganza e mistero. In un silenzio surreale rotto solo dal vento spuntano piccole rarità selvatiche; questa è l’altitudine perfetta per la crescita della genziana maggiore (Gentiana lutea) e della giovane stella alpina (Leontopodium nivale). Ormai alle falde del monte La Palazza, accompagnati dalla presenza costante di marmotte, camosci e, con un po’ di fortuna, anche dalle aquile, il percorso procede su roccia e richiede una certa attenzione. Giunti in vetta il riposo, mentale e fisico, è assicurato; in assenza di nuvole, dalla cima si può vedere la valle del Piave e tutto il gruppo dolomitico che prosegue, da un lato, verso il Cadore veneto e, dall’altro, verso la Carnia friulana.
Tornando a ritroso lungo lo stesso tragitto si può fare una rapida deviazione verso il “Landre dal Ledan”, una cavità rocciosa naturale che si apre poco sotto la sommità del monte Buscada, utilizzata in passato dai pastori come rifugio provvisorio. All’ombra del maestoso Borgà, da questo affaccio l’occhio si tuffa in un salto di 1.600 metri sul versante veneto, sulla valle del Piave, lasciandosi emozionare ancora da un ultimo spettacolo naturale.
- Rifugio Casera Mela: struttura attrezzata per vitto e alloggio. Tel. 333 7857908. Periodo di attività da maggio a ottobre.
- Rifugio Cava Buscada: struttura attrezzata per vitto e alloggio. Tel. 0427 666746. Periodo di attività da maggio a ottobre.
Ben più breve e rilassante, ma non meno ricca di incontri botanici, è l’esplorazione del Pian Meluzzo, nel cuore di questa dolce valle. La Val Cimoliana è una valle in provincia di Pordenone, attraversata dal torrente Cimoliana che le dà il nome. Dal paese, Cimolais, parte una strada a pedaggio asfaltata ma non sempre transitabile facilmente (dipende dalla stagione), che costeggia il torrente Cimoliana. Si guida per circa 13 km fino a raggiungere Pian Meluzzo, meta del nostro facile itinerario, dove si può parcheggiare in uno dei tanti spazi presenti ed entrare nel territorio del Parco delle Dolomiti friulane. Le cime principali sono la Cima dei Preti (2.703 m), il Monfalcon di Montanaia (2.548 m) e il Campanile di Val Montanaia (2.173 m). Siamo alla confluenza tra le due valli, punto di riferimento (insieme al rifugio Pordenone, 1.249 m) della nutrita serie di percorsi escursionistici che da qui partono in direzione di valli e forcelle limitrofe. L’itinerario che proponiamo è un percorso non tracciato, di facilissima percorribilità, che parte dal rifugio Pordenone e attraversa il Pian Meluzzo e si può esplorare liberamente o seguendo parzialmente uno dei tanti sentieri che conducono alle cime circostanti (CAI 352, 353, 361 e molti altri).
Pascoli e vette
A differenza della Val Zemola, la Val Cimoliana è caratterizzata da un paesaggio più dolce, aperto e luminoso. Le pendenze sono meno aspre, i sentieri di valle facili da percorrere e il paesaggio naturale è molto vario, con gruppi arborei che si alternano ad aree arbustive. In questo periodo troviamo fioriture di particolare bellezza e rarità. Qui sono di casa l’orchidea scarpetta di Venere o pianella della Madonna (Cypripedium calceolus) (che con la sua forma offre sicuro riparo agli insetti che le fanno visita), la genzianella (Gentiana acaulis) e la Primula farinosa. Data la generosa esposizione solare, nelle giornate particolarmente calde può essere utile ripararsi nei boschi di abete, larice e faggio che si incontrano attraversando il fertile letto del torrente Cimoliana. La luce filtra sottile tra i rami, la temperatura è più mite e il terreno ricco di humus e umidità, tutte condizioni favorevoli alla crescita del berbero (Berberis Vulgaris) dell’equiseto e di altre due specie di orchidee: l’orchidea Nido d’uccello (Neottia nidus-avis) e la concordia (Dactylorhiza maculata). Dopo aver attraversato il letto del fiume e muovendosi in direzione Nord ha inizio un lungo pascolo che conduce alla Casera Meluzzo. Il sentiero prosegue nelle vicinanze del Rifugio Pordenone fino a raggiungere la Forcella della Lama, eccezionale punto di osservazione verso gli Spalti di Toro: qui il panorama tende tutto alla verticalità, con guglie, pareti di roccia e pinnacoli. In particolare, spicca la vetta chiamata il Campanile di Val Montanaia, una guglia isolata frutto dell’erosione dei grandi ghiacciai che ricoprivano le valli nel Paleolitico. Al tramonto si può riprendere la strada del ritorno, oppure sostare per la notte al rifugio.
La val Cimoliana è il rifugio ideale degli ungulati: caprioli e camosci si possono osservare dal fondovalle fino alle creste più impervie. È presente anche il cervo e una colonia di stambecchi reintrodotti nel 1985 dal Parco del Gran Paradiso. Tra gli altri animali si trovano volpe, marmotta, faina, scoiattolo, oltre a molti uccelli rapaci, la vipera e il rospo Bufo bufo.
- Rifugio Pordenone: struttura attrezzata per vitto e alloggio. Tel. 0427 87300 / 335 5224961. Periodo di attività da giugno a settembre. Locale invernale nel bivacco Casera Meluzzo.
PER INFORMAZIONI
Cartografia: Carta Tabacco 1:25000 foglio n. 021 – Dolomiti Friulane e d’oltre Piave
Siti utili: http://www.parcodolomitifriulane.it – http://www.turismofvg.it
Si ringraziano: la guida escursionistica Fabiano Bruna in Val Cimoliana; il rifugio Cava Buscada e la famiglia Corona per l’ospitalità; il Parco delle Dolomiti friulane e la Regione Friuli Venezia Giulia per il supporto logistico.