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La pigna per il suo particolare disegno, il carattere legnoso, il profumo che sprigiona, è sempre un oggetto carico di fascino, ma in realtà molti ne sanno davvero poco. Innanzitutto il nome: comunemente si chiama pigna, oppure cono, ma il termine tecnico corretto è “strobilo”, il frutto del pino o delle conifere.
Gli strobili sono formati da molte squame più o meno lignificate, di forma, colore e dimensione varia. Le squame in fase giovanile sono appressate una all’altra così da formare una struttura compatta e continua. Durante il processo di maturazione, la pigna si accresce di dimensioni, inizia a formare al suo interno i semi, e muta progressivamente colore. A maturazione la pigna perde del tutto il colore verde per virare verso il marrone, il nocciola o il grigio, apre le squame, aumentando di volume e lascia cadere i semi. Alcune squame portano il seme, altre sono fogliacee o copritrici.
La pigna può essere considerata un po’ come il manifesto di una conifera e ne consente una rapida e immediata identificazione solo se si possiede una certa dimestichezza con questo genere di piante. Posti di fronte a una conifera spoglia durante l’inverno non avremo dubbi solo per il larice (l’unico che perde le foglie), ma distinguere abeti e pini diventa più difficile.
Ecco allora una piccola guida che potrà tornare utile proprio adesso che le pigne sono ovunque negli addobbi, lontane dalle piante che li hanno generati.
Una precisazione
Ad essere precisi lo strobilo non è un frutto in senso classico, morfologico, perché non si forma dall’ingrossamento dell’ovario dove sono contenuti gli ovuli fecondati, ma lo è per la funzione che assolve. Nel gruppo di piante Gimnosperme, di cui fanno parte tutte le conifere, l’ovario manca. Il seme può essere considerato nudo, anche se protetto dalle parti del fiore e degli organi più prossimi che si uniscono dopo la fecondazione per proteggere il seme fino alla maturità.
Raccoglierle e conservarle
Una volta che la pigna ha rilasciato il seme, si secca, picciolo compreso, e per il proprio peso o sotto l’azione del vento cade a terra. Le pigne trovate nei boschi o in giardino si possono raccogliere per bruciarle nel caminetto oppure per fare dei lavoretti, soprattutto nel periodo delle festività. Tuttavia per questa finalità, dovrebbero essere perfette, mentre se restano nel terreno, con pioggia o neve, si rovinano.
L’ideale è passare sotto gli alberi dopo giornate di forte vento quando si trovano a terra le pigne appena cadute, le migliori perché non si sono mai inzuppate, non si sono riempite di terra e altri detriti, non sono state calpestate. In genere sono aperte, di colore chiaro, integre. Tutte però possono essere raccolte, purché non sia iniziata la decomposizione dei tessuti, anche quando non si presentano aperte e chiare, ma scure, chiuse e bagnate.
Per conservarle si collocano in cassette di plastica forate o di legno per la frutta, in strato singolo e si pongono ad asciugare al sole, non appoggiate a terra, ma al muro a formare un angolo di circa a 45°. Nel giro di qualche giorno, asciugandosi, diventano più chiare, e si aprono aumentando di molto il loro volume. Lo strato singolo consente una più rapida e migliore asciugatura lasciando spazio anche alle pigne di “gonfiarsi”, l’inclinazione della cassetta consente la caduta dei numerosi insetti che trovano rifugio all’interno della struttura a squame di uno strobilo richiuso, ed è per questo che l’essiccazione deve essere fatta all’aperto.
Una volta asciutte si possono conservare al riparo della polvere in sacchetti di carta, meglio se a due strati.
Abete bianco
L’abete bianco, Abies alba, è per definizione l’abete italiano presente su un’area più vasta e meglio distribuita dell’abete rosso: sulle Alpi, in diverse località della dorsale appenninica, e anche in Sicilia e in Corsica. Di rado forma foreste monospecifiche, ma la sua presenza, anche quando frammista ad abete rosso e faggio, caratterizza i versanti alpini fino a 1800-2000 metri di quota. Con un’altezza che raggiunge e supera i 35 e può arrivare a 50 metri l’abete bianco è la più grande delle conifere montane autoctone. Il tronco è sempre unico, diritto, nella sua grande potenza ricorda una colonna antica. La corteccia dei soggetti giovani è liscia e argentea, nei soggetti adulti diventa scura e si sfoglia in placche. Le pigne dell’abete bianco giunte a maturazione si sgranano progressivamente liberando una pioggia di squame legnose. Quando anche l’asse cade, ormai spoglio, se non per la parte terminale. A terra si trovano, raramente, quelle che per il forte vento cadono verdi.
Abete rosso
L’abete rosso è per tutti l’Albero di Natale. Nel nostro Paese la pianta allo stato spontaneo si trova soltanto nelle Alpi e sugli Appennini presso i passi dell’Abetone e del Cerreto. In tutti gli altri casi si tratta di impianti forestali spesso non più seguiti e lasciati inselvatichire. Picea abies, può superare i 40 metri, ha chioma piramidale e forme slanciate. Il fusto è colonnare e sempre unico, solo in piante che abbiano perso la cima per un evento traumatico e se ne siano sviluppate, non una, ma due, si ha una biforcazione del tronco. Le pigne, di colorazione nocciola a maturità, si formano nella parte alta della chioma e, inizialmente erette, sono portate pendule. Raggiungono una lunghezza compresa fra i 10 ed i 15 cm. A maturità le squame cuneiformi si aprono, scostandosi una dall’altra, così da consentire la caduta del seme alato, la cui dispersione è opera del vento. Cadute a terra le pigne bagnandosi diventano scure, si richiudono e tendono a marcire con una certa facilità.
Abete del Caucaso
Nordmann, da cui la specie Abies nordmanniana, è il nome di un botanico tedesco, non un riferimento geografico. Alto in natura sino a 50 metri di altezza, 30 soltanto se coltivato, è un abete apprezzato per la forma conica molto regolare ed il colore verde lucente delle foglie. Resiste meglio degli altri alla carenza idrica. È originario delle regioni del Caucaso e dell’Armenia dove occupa una fascia altimetrica compresa fra i 400 ed i 2.000 metri di quota. Le pigne, riunite in gruppi anche molto abbondanti, sull’esterno della chioma, con prevalenza sul lato meglio illuminato, sono grandi, resinose e cilindriche, lunghe fino a 15 cm. Nella fase giovanile sono di colore bruno violaceo e alla maturazione si presentano più chiare. Sono portate sempre erette, attaccate saldamente ai rami, e difficilmente cadono a terra col vento. Sono composte da squame larghe munite di una piccola lamella a punta rivolta verso il basso che le rende facilmente riconoscibili.
Pino cembro
Riconoscere Pinus cembra è abbastanza facile in quota, si spinge fino a 2.400 metri, isolato o a piccoli gruppi, sui sentieri o lungo le piste da sci dell’arco alpino. È la forma della sommità a pan di zucchero dei soggetti adulti a consentire un’identificazione anche a distanza. Raggiunge i 20 metri di altezza e solo in condizioni sfavorevoli come le pietraie si adatta a un habitus arbustivo. I rami assumono portamento diverso secondo la posizione occupata: decombenti nella parte bassa del tronco, verso l’alto in quella superiore. Le pigne, lunghe fino a 8 centimetri e con riflessi violacei, non sono facili da trovare integre a terra perché appena i semi sono pronti, vengono attaccate dagli uccelli dell’alta montagna per i quali rappresentano un alimento di prim’ordine, proteico ed energetico. Sono quasi carnose, portano pinoli dal gusto unico, resinoso e aromatico, protetti da un guscio legnoso. Non si aprono, ma liberano i semi solo quando marciscono.
Pino silvestre
Pinus silvestris ha un areale di diffusione come pianta spontanea molto ampio che comprende tutta l’Europa continentale e la corrispondente fascia asiatica fin quasi alle coste dell’Oceano Pacifico. Nel nostro Paese la sua presenza è in parte spontanea, in parte frutto di piantumazione e come rinaturalizzazione. Durante la crescita, la pianta muta profondamente di aspetto passando dalla forma piramidale tipica della fase giovanile con chioma folta, alla forma allargata, organizzata in palchi, non rispondente a uno schema fisso ma personalizzata per ogni singolo individuo. La pianta raggiunge al massimo i 50 metri di altezza. Le pigne sono resinose, lisce, piacevoli al tatto, serratissime fino alla maturazione, di forma allungata fino a 7 cm. Permangono a lungo sulla pianta perché i semi impiegano tre o quattro anni per essere pronti alla disseminazione.
Pino domestico
Pinus pinea è coltivato come pianta da frutto per la produzione dei pinoli, i semi della pianta, che impiegano ben quattro anni per giungere a maturazione. Sono racchiusi in un guscio legnoso ricoperto da una patina polverulenta nera che macchia facilmente le mani. Ogni squama dello strobilo ne protegge due. La pigna è verde vivido, compatta, pesante e resinosa. Di grandi dimensioni, lunghe fino a 15 cm, larghe fino a 10, portate pendule, compaiono sulle piante verso i venti anni. La chioma della pianta una volta raggiunta la maturità, non è conica ma si allarga a ombrella, ramificandosi solo nell’ultimo terzo del tronco. Il tronco è diritto e la pianta può raggiungere i 30 metri di altezza. L’areale di diffusione comprende tutta la fascia costiera europea e dell’Asia minore del Mediterraneo. Il pino domestico non è originario del nostro Paese perché anche le più importanti pinete marittime si sono originate da un primo impianto artificiale. A diffonderlo furono probabilmente gli etruschi.
Pino mugo
Pinus mugo si trova sempre in quota e ha il caratteristico habitus cespuglioso che solo di rado assume forma eretta e tronco unico. Raggiunge un’altezza massima di quattro metri e i rami sono portati nel primo tratto striscianti sul terreno, per poi elevarsi diritti verso l’alto così da conferire alla pianta l’aspetto di un cespuglio formato da più soggetti. Le pigne di dimensioni modeste, diametro fino a 3 cm, lunghezza massima doppia, sono portate dapprima erette, poi orizzontali, e infine pendule. Tondeggianti o subbtondeggianti, impiegano ben due anni a maturare così che sulla pianta si trovano pigne in stadi maturazione diversa. I semi sono liberati ancora dopo, nella primavera del terzo anno quando le condizioni ambientali, dopo il disgelo, sono favorevoli alla disseminazione. È facile riconoscere anche una singola squama, per la pronunciata carenatura centrale.
Pino dell’Himalaya
Il pino dell’Himalaya, Pinus wallichiana, è stato diffuso nel nostro Paese a scopo ornamentale e talvolta in rimboschimenti misti. Il riconoscimento è reso facile dalla presenza di pigne uniche nel loro genere, grandi e ricche. Già le piante alte sei metri danno un’impressione di vigore per la vegetazione sontuosa e l’abbondante fruttificazione. Nelle piante di grandi dimensioni, fino a 40 metri, con vegetazione a palchi, uniscono forza, eleganza e leggerezza. Gli strobili variano da 15 a 25 cm, ma non mancano esempi molto più lunghi. Sono portati penduli e in molti casi presentano un asse leggermente incurvato e un accentuato peduncolo. Sono di forma cilindrica, appuntiti all’apice e con squame sottili. Dapprima verdi, e spesso ricoperti di resina lucida che forma gocce e fili, divengono più chiari con macchie bianche. A settembre, giunti a maturità rilasciano i semi. Il loro distacco dalla pianta avviene naturalmente nella primavera successiva.
Larice
Larix è da tutti conosciuto come il “pino che perde gli aghi durante l’inverno”. In autunno le piante si colorano di giallo e di rosso contrastando in modo netto con il verde persistente delle altre conifere. L’ingiallimento e la caduta delle foglie sono progressivi e richiedono molto tempo. Particolarmente resistente al freddo e adatto a essere impiegato ad alta quota, in versanti freddi o come pianta pioniera, raggiunge i 50 metri d’altezza, ha tronco unico e diritto se non subentrano rotture e creazioni di nuovi apici vegetativi che ne complicano la struttura. Le pigne del larice misurano al massimo 4 cm di lunghezza. Prodotte sempre in gran numero sono soggette, specie se vi è vento, a una cascola estiva, quando sono ancora verdi, ma già formate e integre. Quelle dell’anno sono di colore nocciola chiaro e si distinguono da quelle del ciclo precedente, talvolta persistenti, ormai divenute scure.
Sequoia della California
Sequoiadendron giganteum arriva in Europa verso la metà dell’800 e diventa in breve una pianta da parco assai popolare per le grandi dimensioni, arriva a 100 metri nei luoghi d’origine e poco più della metà in coltivazione, e per la splendida forma conico piramidale quando coltivata isolata, capace di conservare i rami fino a terra. Pianta di longevità proverbiale, stimata in 2500-3000 anni, ha palchi basali e lunghi reclinati verso il basso mentre quelli della parte superiore sono brevi ed assurgenti. Altra particolarità sono le foglie lunghe da 4 a 8 millimetri che sono a metà tra l’aghiforme e lo squamiforme. Le pigne portate da un lungo peduncolo sono strobili di consistenza legnosa che impiegano due anni per raggiungere la maturità. Hanno forma ovoidale lunghi fino a 8 cm e con un diametro pari a circa la metà. Serrate durante l’accrescimento, a maturazione aprono le squame per liberare i semi. Inizialmente verdi, le pigne virano al marrone caldo e lucido per finire brune.