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Un nuovo nemico, assai temibile, seppur molto piccolo, si è insediato su piante ornamentali riconducibili per lo più al gruppo delle acidofile e sta velocemente espandendosi, colonizzando sempre più specie. Si tratta di un insetto, denominato Stephanitis takeyai o tingide delle Ericaceae, appartenente all’ordine dei Rincoti, alla famiglia dei Tingidi, di provenienza giapponese. Dalle zone di origine (il Giappone e l’Estremo Oriente), si è diffuso negli Stati Uniti e in Europa; in Italia è segnalato a partire dal 2000.
Tingide si cerca sotto le foglie
Da giugno a ottobre-novembre l’insetto adulto appare ben visibile anche a occhio nudo: ha il corpo piatto ed è lungo alcuni millimetri, sul capo sono inserite lunghe e sottili antenne e sul torace presenta emielitre semitrasparenti e fittamente reticolate di nero (ali).
Le uova vengono deposte scalarmente, a partire dalla seconda metà di marzo, lungo le nervature delle foglie o sui margini delle stesse. Sono semitrasparenti, ovali o allungate, riunite in gruppi da un minimo di 20 ad un massimo di 100 elementi e rivestite con un materiale adesivo, di colore marrone scuro, che indurisce e forma un involucro protettivo. Il periodo di sviluppo delle uova varia da circa 12 a 22 giorni, in funzione dell’andamento climatico.
Le forme giovanili iniziano ad apparire ai primi di aprile, sono ovali e appiattite, molto più piccole rispetto all’adulto e di colore scuro. Iniziano subito l’attività di suzione e si trasformano velocemente in adulti. Tra uovo e adulto trascorrono tra 30 e 45 giorni, con temperatura compresa tra i 20 e i 30 °C.
La tingide sverna come adulto, riparato sotto le foglie rimaste sulla pianta, in quelle secche cadute a terra e negli anfratti della corteccia e si riattiva alla comparsa dei primi caldi primaverili. In Italia si susseguono due generazioni all’anno, nei luoghi di origine anche tre.
Caratteristiche degli attacchi
L’insetto vive nutrendosi della linfa che sottrae alle piante grazie ad uno sviluppato apparato boccale pungente e succhiante. Così l’insetto assorbe buona parte della clorofilla e della linfa, determinando alterazioni di colore e consistenza dei tessuti fogliari. Nelle fasi iniziali dell’attacco, l’insetto vive sulla pagina inferiore delle foglie, successivamente si porta su quella superiore rendendo l’infestazione grave ed estesa. Gli insetti prediligono piante poste al sole. I danni sono seri e possono diventare gravi se il parassita non viene contrastato.
Quali sintomi
- Decolorazioni: inizialmente si nota la decolorazione dei tessuti verdi che poi assumono tonalità argentate o, nei casi più gravi, sbiancano quasi del tutto. Questi sintomi possono essere facilmente confusi con i segni di attacchi da parte di acari. I boccioli fiorali rinsecchiscono o si aprono in maniera incompleta ed irregolare. Le porzioni aeree lignificate e gli apparati radicali non sono colpiti.
- Caduta delle foglie: decolorazioni molto estese possono causare la caduta anticipata di foglie a causa della minore attività fotosintetica, per scarsa quantità di clorofilla rimasta nelle foglie. La perdita di tessuto fogliare attivo e fotosintetizzante riduce anche le sostanze di riserva della pianta, determinando un evidente indebolimento delle piante nel corso dell’anno e causando diminuzione o addirittura blocco della fioritura. Forti deperimenti vegetativi possono compromettere lo sviluppo delle piante, anche nell’anno successivo.
- Sporcizia: ulteriore danno è rappresentato dagli escrementi, simili a goccioline molto piccole, nere e di aspetto untuoso, che imbrattano le pagine fogliari inferiori e ostruiscono gli stomi, impedendo o riducendo la respirazione. Le deiezioni forniscono inoltre substrato per l’insediamento dei funghi della fumaggine.
Le piante preferite
Appartengono esclusivamente alla Famiglia delle Ericaceae e sono tra le più note e diffuse piante acidofile: azalea, Rhododendron (rododendro), Pieris, Erica, Calluna, Vaccinium (mirtillo), Kalmia, skimmia e Leucothoe. Al momento in Italia le piante più colpite risultano azalea, rododendri, pieris e skimmia.
Come difendersi
Il mezzo più facile e veloce di diffusione del parassita è rappresentato dal commercio di materiale infestato ma è quasi impossibile conoscere le condizioni sanitarie della pianta all’acquisto. Quando l’insetto si rende evidente, è indispensabile impiegare insetticidi chimici di sintesi efficaci anche nei confronti di altri insetti. I principi attivi consigliati sono: imidacloprid, abamectina, spirotetramat. Ai fini del buon esito della lotta è importante considerare le abitudini dell’insetto di rimanere sulla pagina inferiore delle foglie, pertanto l’insetticida dovrà essere diretto in modo tale da colpire questa porzioni infestate. Una soluzione assai efficace consiste nell’utilizzo di insetticidi detti “sistemici” che, applicati al terreno, sono in grado di diffondersi nell’intera pianta, quindi anche in tutto il tessuto fogliare. Si consiglia un primo intervento in aprile, al risveglio degli adulti, seguito da un secondo dopo 3-4 settimane in grado di colpire le forme giovanili fuoriuscite dalle uova. Nei casi più gravi ed estesi ripetere l’intervento 1-2 volte anche in settembre e ottobre. Le piante più colpite vanno eliminate senza esitazione e distrutte con il fuoco.
La differenza tra tingidi e acari
I sintomi degli attacchi della tingide possono essere confusi con quelli determinati da infestazione di acari che spesso colpiscono le stesse piante. Tuttavia i danni si differenziano in quanto:
- gli acari risultano invisibili a occhio nudo e non lasciano residui escrementizi come le tingidi;
- gli acari si riconoscono dalla presenza di microscopiche ragnatele che avvolgono le foglie ed i germogli;
- gli attacchi di acari si hanno soprattutto nei periodi molto caldi e secchi (estate), mentre quelli dovuti alla tingide sono più rilevanti in primavera e in autunno;
- gli acari determinano sulla pagina fogliare superiore bronzature e ingiallimenti, non sbiancamenti come le tingidi.