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Allium porro è un ortaggio tipico dei mesi freddi, disponibile da ottobre a febbraio ma oggi anche per un periodo più ampio. Appartiene alla famiglia delle liliaceae, come aglio, scalogno e cipolla, è originario della Persia, e la sua coltivazione è molto antica. È poco diffuso nei piccoli orti familiari e il consumo del fusto cilindrico, limitato sino a una decina di anni or sono, oggi è in continua crescita. Le ragioni sono semplici: meno aggressivo come sapore dell’aglio e della cipolla, più nostrano dello scalogno, più facile da gestire in cucina per gli odori meno persistenti e marcati che rilascia nell’ambiente, aromatico ma dolce, è divenuto un ingrediente essenziale della cucina moderna, cittadina diremmo, e ne basta poco per dare carattere a un piatto. Costoso all’acquisto ha però poco scarto e i cuochi esperti ne utilizzano anche buona parte delle foglie verdi, si mantiene a lungo e si conserva con facilità. L’ideale è coltivarlo: la pianta è resistente, adattabile e riesce bene anche in terreni esposti solo in parte al sole.
Le varietà di porro
A un occhio inesperto il porro sembra un ortaggio indistinto, ma non è così. Sono molte le varietà disponibili. Le più note sono:
“Gigante d’inverno” che si semina a marzo e si dirada a fine maggio per ottenere raccolti da gennaio. Grande, rustico, e produttivo, ha un sapore dolce,
“Grosso di Rouen”, ha caratteristiche comuni al Gigante, ma il consumo può iniziare già a fine estate,
“Excelsior” varietà di piccole dimensioni che si semina a settembre e giunge a maturazione a maggio,
Gruppo delle varietà Blue, oggi molto diffuse, presentano foglie con un accentuato colore glauco e fanno del porro, coltivato in file ordinate, un prezioso ornamento dell’orto invernale.
Scegliere le pianticelle
Oggi per rifornire il mercato, ma anche per assicurarsi una produzione su più mesi all’anno e non concentrata solo alla fine dell’inverno, il porro si coltiva in più cicli, ma quello tradizionale prevede il trapianto delle nuove pianticelle all’inizio di settembre.
Le pianticelle da trapianto si presentano sottili e lunghe, pur senza essere filate, chiamate anche “matite” per l’evidente somiglianza nella forma e nelle dimensioni con l’oggetto indicato. Sono piante delicate e una volta acquistate è bene metterle a dimora nel più breve tempo possibile senza lasciarle a lungo nei basket dove, con facilità, soffrirebbero di sete, disidratandosi e invecchiando precocemente. Nell’attesa conservatele all’ombra e bagnatele con moderazione.
Al momento dell’acquisto spendete un po’ di tempo per scegliere le confezioni migliori scartando quelle con soggetti ingialliti, piegati, feriti, o filati. Preferite pianticelle corte ma vigorose, ben colorate, con gli apici integri e senza segni di urti e ammaccature.
Preparare il terreno
Prima di acquistare le pianticelle preparate il terreno dove trapiantarli. Deve essere a pH subacido, di medio impasto, lavorato in profondità, ricco di sostanza organica, ma sciolto, fresco, e sempre senza ristagni. Chi possiede un terreno tendenzialmente argilloso sparga con generosità, prima della vangatura, sabbia e torba, così da correggere il pH e garantire un efficiente drenaggio, almeno uno strato di 3 cm di altezza di entrambe gli ammendanti, meglio se si arriva a cinque. La vangatura, magari ripetuta o una buona zappatura finale garantiranno una prima sufficiente omogenizzazione che migliorerà con le successive lavorazioni.
Sempre in fase di lavorazione profonda, meglio se questo si riesce a fare qualche mese prima dell’impianto, si aggiunge letame maturo o compost di qualità insieme ad un moderato quantitativo di concimi a lenta cessione ricchi fosforo e potassio (la metà del dosaggio indicato).
In terreni pesanti e argillosi è preferibile mantenere i porri più in superficie.
In rotazione non deve seguire piante con esigenze nutritive simili quali cipolla, aglio, cavoli e patate.
Le aiuole
Nelle aiuole si approntano dei solchi profondi circa 15 cm, distanti 40 cm uno dall’altro, mantenendo una distanza sulla fila di circa 30 cm. Alle pianticelle si spuntano le radici e le foglie e si rincalzano per favorire l’ingrossamento. Si bagnano più volte perché l’acqua penetri in profondità e si mantiene il terreno umido fino a quando si è certi dell’attecchimento. Con questa tecnica, spostando il fusto in profondità, si ottiene un imbianchimento della parte basale della pianta che con la rincalzatura potrà essere esteso, ma non è ancora completo.
Irrigare e rincalzare
Una volta attecchiti i porri richiedono poche cure. Irrigare con frequenza per mantenere il terreno fresco senza che arrivi mai a seccarsi, erpicare il terreno per arieggiarlo, favorire la penetrazione dell’acqua ed interrompere la risalita per capillarità dagli strati profondi, rincalzare le piante accompagnandone lo sviluppo, eliminare le erbacce. Nel periodo estivo il porro soffre caldo e afa. In località calde e assolate scegliere aiuole fresche e ombreggiate.
L’imbianchimento
La pratica dell’imbianchimento consente di ottenere un prodotto tenero, bianco, dolce e aromatico esaltando tutte le migliori caratteristiche del porro.
Quando le piante sono prossime alla maturazione si raccolgono e si introducono, in posizione verticale, in buche più profonde, dove è importante assicurare un buon drenaggio per evitare i ristagni. Lasciando una parte dello scavo aperto si potrà controllare la presenza di acqua stagnante sul fondo.
Lo spazio tra le piante, pochi centimetri, si riempie con un mix di sabbia e terriccio sciolto così che sgrondi facilmente. A lavoro finito dalle buche e dai mucchi di colmo emergono solo i ciuffi terminali delle foglie e non i fusti.
L’alternativa facile
L’imbiancatura tradizionale prevede di movimentare non poca terra e di produrre uno sforzo non da poco oltre a creare un cantiere di lavoro importante.
L’alternativa consiste nell’utilizzare, come per il cardo, l’avvolgimento in carta da giornale e plastica. Conservate i quotidiani che sono facili da piegare e modellare secondo l’altezza delle piante. Avvolgeteli singolarmente, fissate con lo spago, e ricoprite allo stesso modo con sacchi di plastica così da impermeabilizzare il tutto. L’operazione è più semplice a dirsi che a farsi perché le piante devono essere trattate con delicatezza per non scalzarle o rovinare, esercitando trazione, l’apparato radicale.
Raccolta e conservazione
Dopo circa 120 giorni dalla ripresa vegetativa che segue il trapianto si può dare inizio alla raccolta dei porri. A questo punto i fusti hanno raggiunto il massimo sviluppo e possono essere raccolti scalzandoli con una vanga o con una forca, senza strapparli a forza dal terreno.
Il porro resiste bene alle basse temperature e, se rincalzato, può restare nell’orto per tutto l’inverno così che si raccoglie all’abbisogna.
In freezer a lungo
Anche raccolto il porro si conserva per lungo tempo, oltre due mesi, se mantenuto in un locale freddo o in frigorifero, nel caso si scarta solo lo strato più esterno e/o si rinnova il taglio. Chi arriva al momento del raccolto e si trova un buon numero di porri può pensare di conservarli sia crudi, sia precotti.
Il porro crudo si taglia, anche con l’affettatrice, in rondelle sottili e si surgela tal quale. Ottima l’idea di stipare di anelli gli stampini per produrre cubetti di ghiaccio e porli nel freezer così da poterli utilizzare già porzionati.