A Bari, in pieno centro, il quartiere umbertino – edificato tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 – è una zona di teatri e di palazzi d’epoca nei quali sono protagonisti il Liberty e le architetture eclettiche.
All’ultimo piano di uno di questi storici edifici “si nasconde”, circondato da una balconata e del tutto invisibile dalla strada, un grande attico con vista panoramica sulla città e che vive un po’ come un volume a se stante.
Gli interni sono stati ristrutturati di recente, soprattutto con l’obiettivo di ampliare la zona giorno e di renderla più luminosa e aperta, maggiormente collegata agli spazi esterni di cui beneficia la casa. Sull’affaccio principale i serramenti preesistenti, sottodimensionati rispetto alla metratura, sono stati sostituiti da grandi vetrate con apertura scorrevole che prendono il posto di un’intera parete. Interpretato in chiave contemporanea, l’attico contiene una serie di citazioni in stile che lo raccordano al contesto originale; oltre a una vera e propria “galleria” di pezzi vintage dagli anni ’50 agli anni ’70 trovano un’armonica collocazione mobili, complementi d’arredo e anche una selezione di lampade di design e opere d’arte.
A fare da cornice e da filo conduttore sono gli sfondi colorati che trovano ricercati richiami nei rivestimenti tessili, mentre i pavimenti sono tutti in resina.
Foto casa con pareti colorate o bianche, e arredi di design
Il progetto
L’ attico – all’ultimo piano dell’edificio e con il corpo arretrato rispetto alla facciata principale – si sviluppa su quattro lati intorno al volume centrale della scala condominiale. Gli ambienti affacciano sulla balconata unica intorno alla casa: profonda circa 240 cm, ha una superficie totale superiore a 120 mq. Il progetto ha previsto la demolizione dei tramezzi che suddividevano la zona giorno in più locali distinti, in modo da ottenere un open space. In precedenza, ciascuna della stanze era dotata di una piccola finestra: per venire incontro alla nuova disposizione, sono state ora invece realizzate grandi vetrate che percorrono il living in lunghezza; per procedere, si è reso necessario demolire completamente il muro di confine con la balconata per realizzare poi – tra un’apertura e l’altra – nuovi pilastri portanti in acciaio. La ristrutturazione ha interessato anche la zona notte, in particolare la camera matrimoniale che, grazie a una consistente modifica del layout, è stata ampliata e dotata di vani di servizio.
Sul terrazzo che circonda l’attico affacciano sia gli ambienti giorno sia la camera matrimoniale e il bagno; dal living, la balconata è accessibile tramite grandi portefinestre vetrate. Il parapetto esterno è protetto da una barriera verde fatta di siepi e arbusti piantati in fioriere di Cor-ten®. La soletta è rivestita con doghe posate su supporti galleggianti; l’essenza è il teak che per la sua durezza e resistenza all’acqua è tra le più adatte per l’utilizzo outdoor. In corrispondenza della soglia, la copertura aggettante sporge di circa 40 cm rispetto al corpo dell’edificio e consente l’incasso di una sequenza di faretti.
Immobile vincolato: quali limitazioni e autorizzazioni
L’edificio storico in cui si trova questo attico rientra tra quelli dichiarati dal Ministero per i Beni Culturali e ambientali “di particolare interesse storico-artistico”; gli interventi di tutela, protezione e conservazione sono regolati dal D.Leg. n 42/2004.
Il proprietario di un edificio vincolato è soggetto a una serie di limitazioni: non può demolire il proprio immobile, modificarlo o restaurarlo senza l’autorizzazione del Ministero, né può adibirlo a usi non compatibili con il suo carattere storico o artistico o “tali da recare pregiudizio alla sua conservazione o integrità”. Sussiste inoltre l’obbligo di sottoporre alla competente Soprintendenza i progetti delle opere di qualunque genere al fine di ottenere preventiva autorizzazione; per avviare i lavori bisogna presentare il progetto alla Soprintendenza di competenza.
Il progetto deve essere redatto da un professionista abilitato. Se necessario, la Soprintendenza può richiedere altra documentazione o procedere a sopralluoghi; entro 120 giorni deve rilasciare l’autorizzazione ai lavori o negarli se questi non sono in linea con le normative. Se la procedura va a buon fine, l’inizio dei lavori deve essere comunicato in anticipo, così come i nomi dell’architetto e dell’impresa che li eseguirà; quest’ultima deve essere in possesso di una qualifica specifica. Durante l’intervento la soprintendenza procederà con le dovute verifiche; ultimata la ristrutturazione, andrà presentata una relazione sui lavori svolti e sul loro esito; insieme a questa sono richieste in allegato delle foto per documentarla.
Nell’open space, affacciato sulla balconata, le grandi vetrate sono dotate di un sistema di tendaggi a rullo in tessuto di lino semitrasparente. All’interno, una libreria passante terra-cielo divide in due l’area living. La zona conversazione è arredata con le tonalità del blu e del turchese: il divano è il modello Lutetia di Maxalto, design Antonio Citterio, il pouf anni ’60 è rivestito in velluto Sahco; tono su tono anche il tappeto degli anni ’30 di provenienza cinese. Il tavolino in stile nordico a doppio piano è in teak. Sul lato opposto, la poltroncina in midollino è il modello Margherita di Bonacina, design Franco Albini, mentre nell’angolo, la lampada da terra in tubi d’ottone orientabili è un pezzo anni ’50, produzione Lumi.
Nella zona giorno, incorniciato dalle linee bianche della boiserie, il mobile basso anni ’60 in legno è stato rivisitato con un frontale effetto optical da Cellule Creative (acquistato da Misia Arte). A sinistra, la sedia vintage ha seduta e schienale in midollino; mentre quella a destra è un modello francese da vinaio del primo ‘900, realizzata con il legno delle botti. L’opera a parete, composta da tre arazzi in lana e seta, è di Claudio Varone. L’applique nell’angolo è della serie IC di Flos, design Michael Anastassiades.
Il tavolo da pranzo è sistemato a una delle estremità della zona giorno e in corrispondenza della finestra. Si tratta di un modello degli anni ’70 con basamento centrale e piano in legno: è stato rivisitato con un intervento di restauro e rifinitura; le sedie in mogano con seduta imbottita sono originali degli anni ’50. Il vaso anni ’60 è in ceramica di Faenza. Il lampadario Gong è un’edizione limitata di Cellule Creative. Ai lati dell’apertura, due foto di Nemeth Joseph della serie Grand Tour.
“Due visioni contrastanti andavano conciliate, quella maschile e quella femminile”. Le parole di Anna Gambatesa, autrice delle scelte d’interior, aiutano a interpretare gli spazi. Le strutture in ferro nero lasciate a vista, di fronte alle vetrate, hanno un carattere quasi industriale mentre la boiserie sulla parete opposta sembra citare gli interni parigini. Due mondi così lontani sono stati avvicinati grazie alla palette cromatica che va dal nero al grigio pallido al bianco. Una declinazione riuscita, che non crea opposizioni troppo forti, ma, sottovoce, dà ragione a entrambi i desideri, al maschile più freddo e al femminile più morbido. Oltre la libreria passante, la seconda “isola” della zona conversazione è arredata con due poltroncine sempre nei toni del turchese: degli anni ’60, sono rivestite in velluto Sahco. Appoggiati sul pavimento in resina (posata da Rezina), il tappeto più scuro è afghano contemporaneo, quello bianco con decori a losanghe è di provenienza berbera. La lampada da terra è degli anni ’60.
Bianco, nero e…legno. La cucina tutta bianca rassicura chi desidera spazi chiari e puliti, ma il bianco da solo può anche comunicare un senso di vuoto. Qui, il nero del tavolo, il tocco di colore delle sedie e la credenza anni ‘50, collocata sulla parete opposta, ‘scaldano’ l’ambiente, creando un luogo raffinato ma anche pratico, mentre la scelta dei colori del ‘tappeto’ in pietra sembra suggerire una mediazione tra le tonalità presenti. Infine, il mobile vintage ha un doppio ruolo, non solo di introdurre un nuovo colore e un nuovo materiale, ma anche di smorzare l’eccesso di modernità che potrebbe derivare da scelte d’arredo tutte contemporanee. In cucina la penisola con il piano cottura a gas divide la zona conviviale da quella operativa, arredata con una composizione in laccato bianco opaco di Ernestomeda. Il tavolo con struttura modulare in alluminio pressofuso è della serie Manta di Rimadesio; illumina il piano il lampadario Shadows di Brokis. I rivestimenti a terra in resina sono di Rezina.
La cucina, collegata con la zona giorno, occupa però un grande locale completamente indipendente: è suddiviso all’interno tra spazi operativi e un’area pranzo che si aggiunge a quella del living. Lo stile dell’ambiente è definito anche dall’accostamento di materiali molto diversi tra cui resina e pietra lavica a terra e marmo bianco per i piani di lavoro
Tappeto in pietra lavica
Al centro della cucina, l’area conviviale è definita da un rettangolo decorativo a pavimento che interrompe l’omogeneità della superficie in resina in tonalità neutra. Si tratta di un inserto realizzato con piastrelle di pietra lavica a motivi geometrici giocati sul contrasto nero-grigio. Il materiale, proveniente dalla Sicilia e in particolare dalla zona dell’Etna, viene lavorato con tecniche artigianali. Le lastre, tagliate con dischi diamantati in formati standard o personalizzati e in diversi spessori, sono dipinte a mano in superficie una per una, con l’ausilio di stencil; si procede poi alla cottura in forno a 1.000 °C. La pietra lavica è molto resistente al calpestio e ha un’elasticità tale da consentire un ottimo adattamento agli sbalzi termici: è quindi adatta sia all’interno sia all’esterno. In questo caso, le piastrelle sono spesse 1 cm e per ottenere una perfetta complanarità è stato necessario realizzare un massetto più alto in corrispondenza del pavimento in resina intorno che ha spessore di pochi millimetri.
Al centro della stanza, la composizione a pavimento in piastrelle di pietra lavica formato 30×30 cm è della coll. New Decoration di Made a Mano. Sopra la credenza di modernariato anni ’70 è appoggiata un’opera di David Tremlett dalla Galleria Valentina Bonomo; il collage incorniciato e appeso è di Jasmine Pignatelli.
Lavabo in pietra serena
Il lavabo, su disegno del progettista, è costituito da un monoblocco sospeso con bacino scavato all’interno e piani d’appoggio laterali. È in pietra Serena, trattata con una vernice trasparente per rendere la superficie impermeabile all’acqua e alle sostanze detergenti (il materiale è infatti per natura poroso). Si tratta di una pietra arenaria originaria della Toscana, utilizzata fin dall’antichità etrusca e romana; si caratterizza per le tonalità di grigio in molteplici sfumature e per la struttura compatta e uniforme, adatta sia per utilizzi interni che outdoor, nell’architettura (anche per facciate e pavimentazioni) e nell’arredamento. La pietra serena può essere rifinita con diverse tecniche tra cui levigatura, fiammatura, rigatura, sabbiatura.
Un bagno su misura Il piacere di arredare la propria casa con pezzi disegnati su misura, in base al mood e alle dimensioni degli spazi, risponde a un desiderio di unicità che valorizza gli ambienti. Un lavabo di pietra che ha un aspetto essenziale e misure importanti è accostato a un mobile contenitore che riutilizza ante in legno anni ’50. Sono mondi diversi che si incontrano: quello minimal e quello più decorativo. Sono le proporzioni di entrambi a farli dialogare, l’uno spoglio, l’altro dalla texture complessa. Anche nel bagno, come nel resto della casa, le tonalità giocano sulle nuance, senza che un colore o un materiale voglia essere protagonista. Nel bagno il mobile contenitore sistemato in nicchia è stato realizzato da Misia Studio riutilizzando una coppia di ante in legno degli anni ’50. Lo specchio rotondo sopra il lavabo ha la cornice in finitura foglia ottone. La rubinetteria a parete è di Cea Design. Smalti all’acqua di Farrow & Ball, rivestimento a terra e zoccolino in rovere.
In camera, appoggiato alla parete di fronte al letto, il mobile in legno massello è un modello di design danese. Degli anni ’60 lo specchio tondo con cornice in teak.
Anche nella zona notte i freschi toni del blu, declinati qui in sfumature che tendono più verso il grigio, sono protagonisti nelle finiture. Nella stanza matrimoniale l’alternanza con fasce di bianco sottolinea il risalto visivo che si è inteso dare ad alcune superfici rispetto alle altre: in particolare al soffitto e alla parete dietro il letto nella quale è integrata senza soluzione di continuità la porta filomuro del bagno. Il letto tessile ha la testiera imbottita con rivestimento artigianale in tessuto rigato in tonalità neutre; la lampada da tavolo a braccio orientabile è la Tolomeo di Artemide. La poltroncina davanti alla finestra, con struttura in legno e seduta e schienale imbottiti, è un pezzo vintage anni ’50. Pareti e soffitto sono tinteggiati con idropitture di Farrow & Ball.
Progetto architettonico: arch. Carolina Cusatelli e ing. Riccardo Campanale, studio 3C+M, Bari, Tel. 392/7295201 Progetto d’interior decoration: Anna Gambatesa, Misia Arte, Bari, Tel. 080/5212826 – misiaarte.it Foto: Studio Roy Styling: Chiara Dal Canto
Tratto da Cose di Casa cartaceo, numero di maggio 2019