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Uno degli aspetti importanti da valutare circa un pavimento in legno è la provenienza della materia prima, essenzialmente per due motivi: per la qualità dell’essenza legnosa e per l’impatto ambientale che il disboscamento incontrollato può avere sull’ambiente.
Per questo, le certificazioni più accreditate sono quelle che garantiscono la provenienza del legno e la corretta gestione del ciclo di deforestazione. In questo ambito, ne abbiamo selezionate due, la FSC (Forest Stewardship Council) che ha introdotto, tra l’altro, il concetto di “responsabilità” alla gestione forestale, e la PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes) che con la Filiera Solidale promuove l’acquisto, a un prezzo “equo”, di legname proveniente dagli schianti causati da catastrofi naturali.
Un altro aspetto rilevante riguarda il trattamento del legno la garanzia che quest’ultimo passaggio non comporti l’emissione nell’ambiente domestico di sostanze nocive per la salute delle persone che vi abitano.
A seguire, il parere del vicedirettore e responsabile del reparto chimico di Catas, il più grande istituto italiano ed europeo per la ricerca e le prove nel settore del legno e dell’arredo.
Marchio FSC
La parola all’esperto
Intervista a Diego Florian Direttore Forest Stewardship Council® (FSC®) Italia it.fsc.org/it
Che cosa identifica il marchio FSC?
Viene apposto ai prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile, secondo rigorosi standard definiti dal Forest Stewardship Council tramite la partecipazione e il consenso di tutte le parti interessate (associazioni ambientaliste come WWF e Legambiente, gruppi sociali, comunità, proprietari forestali, industrie che lavorano e commercializzano prodotti in legno e carta, ricercatori e tecnici). Quando si acquista un prodotto con marchio FSC si ha, quindi, la certezza che la materia prima non derivi da tagli illegali, deforestazione o da aree forestali ad alto valore di conservazione, contribuendo così alla salvaguardia delle foreste nel mondo.
Quali sono i rischi delle filiere del legno non controllate?
A livello globale, la quota di materia prima di origine incerta o non lecita oscilla tra il 10 e il 30%, per un volume d’affari annuale di 30-100 miliardi di euro. Le filiere poco trasparenti di fatto alimentano aree d’ombra del mercato, contribuendo a corruzione o fenomeni come il “conflict timber”, ovvero la produzione e la vendita di legname per finanziare conflitti armati. Infine, forniscono scarse garanzie sulle attività di gestione di queste zone che molto spesso subiscono tagli indiscriminati che non tengono conto di importanti fattori quali biodiversità, valori naturali e comunità locali.
Cosa si intende per Gestione Forestale?
Ci si riferisce a una serie di attività pianificate che assicurano la valorizzazione dei beni e dei servizi del bosco. A questa definizione, FSC accosta l’aggettivo “responsabile”: per assicurare che la risorsa forestale e le sue funzionalità rimangano a disposizione delle generazioni presenti e future, bisogna garantire che le attività di gestione siano, non solo pianificate, ma anche sostenibili e continuative nel tempo. FSC ha introdotto quindi “10 principi di buona gestione forestale”, indicando gli elementi essenziali per una gestione forestale rispettosa dell’ambiente, socialmente utile ed economicamente sostenibile. E quindi, che va dalla conservazione dei benefici ambientali e sociali alla mitigazione degli impatti ambientali negativi, dal miglioramento degli alti valori naturali alla tutela dei diritti legali e consuetudinari delle comunità locali. La gestione forestale responsabile riflette l’incredibile ricchezza delle aree forestali e la loro connessione con la vita di tutti i giorni. La gestione forestale responsabile permette, infine, di tracciare la materia prima a partire dal bosco, garantendo trasparenza sull’origine dei prodotti che si acquistano.
Che cos’è la catena di custodia?
Si potrebbe semplicemente parlare di filiera dei prodotti forestali, ma il termine “catena di custodia” sottolinea meglio il patto di garanzia che si instaura tra i vari operatori, a cominciare dalle aziende di prima trasformazione fino ad arrivare ai prodotti. A ognuna delle aziende certificate viene, infatti, assegnato un codice univoco identificativo del tipo FSC-CXXXXXX (lo stesso che ritroviamo nell’etichetta dei prodotti): grazie a questo codice è possibile risalire all’effettivo proprietario del prodotto – sia esso un semilavorato o un prodotto finito – potendo quindi identificare gli attori della catena di fornitura.
Quali sono i numeri della certificazione?
A oggi, in Italia sono oltre 2.500 i certificati attivi, per un totale di più di 3.100 siti interessati. A questo proposito due primati ci fanno davvero onore: siamo infatti il primo Paese europeo e il secondo al mondo per numero di certificati di filiera.
Perché si deve scegliere un prodotto certificato FSC?
Negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, le Nazioni Unite hanno inserito la gestione forestale responsabile nei 17 punti di intervento essenziali per i prossimi decenni. Questo per due motivi fondamentali: primo, perché dipendiamo dalle foreste più di quanto pensiamo e, in secondo luogo, perché alberi e boschi sono
uno degli strumenti più potenti che abbiamo nella lotta al cambiamento climatico.
La certificazione FSC, infatti, non riguarda solo le foreste e i prodotti derivati, come legno o carta: oggi, grazie a un nuovo sistema di verifica dei cosiddetti servizi naturali, è in grado anche di calcolare e garantire l’impatto positivo della gestione forestale responsabile su questioni quali il sequestro del carbonio, la conservazione del suolo e della biodiversità, la protezione dei bacini idrici e delle funzioni turistico-ricreative delle aree forestali. Scegliere prodotti certificati FSC fa bene all’ambiente, alle persone e al mercato. E questo è quello che noi chiamiamo Forests For All Forever.
Marchio PEFC
La parola all’esperto
Intervista ad Antonio Brunori segretario generale di PEFC Italia http://www.pefc.it
Quali sono i vantaggi di un prodotto che ha il marchio PEFC?
Qualsiasi prodotto di origine forestale, come per esempio una risma di carta, una confezione di carta da cucina, una tavola di legno ma anche prodotti come miele e funghi, che abbia questo marchio è un prodotto che proviene da foreste gestite in maniera sostenibile e con una filiera legale e tracciata. L’utilizzo del marchio PEFC è, infatti, riservato ai proprietari forestali e alle aziende di trasformazione che hanno deciso di rispettare rigorosi criteri di sostenibilità stabiliti a livello internazionale. Acquistando un prodotto con il marchio PEFC si compie una scelta di acquisto etica, premiando quelle aziende che sono in grado di offrire prodotti rispettosi dell’ambiente e delle persone.
Qual è la superficie forestale certificata dall’ente?
A febbraio 2020 risultano certificati 881.068,93 ettari di foreste in Italia (pari a circa il 7% di tutte le foreste della Penisola) e oltre 325 milioni di ettari a livello globale (pari a circa l’8% di tutte le foreste del mondo). Il lavoro dei proprietari e dei gestori delle foreste che scelgono di certificarsi secondo gli standard PEFC è controllato almeno volta all’anno da parte di organismi esterni e indipendenti che assicurano che le regole di sostenibilità siano pienamente rispettate.
Chi si può certificare?
Tutte le aziende che acquistano materie prime certificate PEFC. Tutti i trasformatori di prodotti forestali possono dare garanzia della provenienza da foreste gestite in maniera sostenibile della propria materia prima. Tutta la filiera dovrà però essere certificata fino al prodotto finito. I settori sono molteplici: ditte boschive, segherie, legno ingegnerizzato (lamellare, tranciati, sicurezza stradale, ecc.), edilizia e carpenteria, imballaggi e pallet, pannelli, commercio e distributori di legname, carta e trasformatori (carte grafiche e per la casa, buste, carta per ufficio, sacchetti, ecc.), distributori di carta, editori e stampatori, mobili e arredi per interni, mobili e arredi per esterni, gadget, cancelleria, utensili e prodotti forestali non legnosi.
Cos’è la filiera solidale?
La tempesta del 2018 ha provocato enormi danni alle aree forestali del Veneto, del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia e della Lombardia. Il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste ha stimato che sono caduti 8,6 milioni di metri cubi di legname: sono stati abbattuti dal vento tanti alberi quanti se ne tagliano normalmente in 5-7 anni. La Filiera Solidale è un’iniziativa lanciata dal PEFC Italia per rispondere a questo evento e promuove l’acquisto, a un prezzo “equo”, di legname certificato proveniente dagli schianti causati dalla tempesta “Vaia” (26-30 ottobre 2018) in sostituzione di legno di importazione (si consideri che l’Italia importa 3/4 del legno da opera). Questo legname “solidale” è tracciato attraverso la filera produttiva fino al consumatore finale ed è contraddistinto da un apposito logo.
Altre certificazioni su emissioni e trattamenti del legno
Alcuni parquet possono avere, in aggiunta, anche altri tipi di certificazioni, internazionali o legati a un Paese. Uno di questi è quello attribuito in base alle emissioni di formaldeide dal sistema di classificazione definito dal ministero giapponese, la Certificazione F-4 stars.
Vernici per il legno
Le informazioni contenute nell’etichetta del prodotto aiutano a valutare performance e qualità. Bisogna, però, saper interpretare ogni dicitura e controllare la presenza di marchi che ne attestino la salubrità
I temi della sostenibilità e della salubrità sono particolarmente importanti nel settore delle pitture. Per l’utente finale è difficile valutare la qualità di un prodotto, nel senso di assenza di sostanze potenzialmente sensibilizzanti, e al contempo apprezzarne performance ed efficacia. Talvolta le indicazioni fornite dai produttori sono generiche o, al contrario, troppo specifiche per essere comprese da tutti. Per esempio, la dicitura oggi molto comune “vernice all’acqua” non è necessariamente garanzia di un prodotto veramente naturale, perché potrebbe contenere il 90% di acqua e il 10% di resina acrilica.
Marchio di qualità ecologica Ecolabel, poco diffuso per il legno
Ecolabel rappresenta uno dei loghi più rassicuranti, poiché la prestazione ambientale è valutata su base scientifica, analizzando gli impatti ambientali più significativi durante l’intero ciclo di vita del prodotto.
La parola all’esperto dell’Ispra
Intervista alla dottoressa Raffaella Alessi del Servizio per le Certificazioni Ambientali dell’Ispra, http://www.isprambiente.gov.it
Che cosa certifica il marchio Ecolabel UE?
La Certificazione Ecolabel UE è il marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea che contraddistingue prodotti e servizi caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. È un’etichetta ambientale di tipo I (ISO 14024:2018), ovvero una certificazione ambientale volontaria, garantita da una parte terza indipendente (Organismo Competente – per l’Italia è il Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit), basata su un sistema selettivo di criteri determinati su base scientifica che analizzano le fasi principali del ciclo di vita del prodotto (Life Cycle Assessment). In questo senso la prestazione ambientale è valutata su base scientifica, analizzando gli impatti ambientali più significativi durante l’intero ciclo di vita del prodotto, o del servizio, tenendo conto anche della durata della vita media dei prodotti, della loro riutilizzabilità/riciclabilità, della riduzione degli imballaggi e del contenuto di questi ultimi di materiale riciclato.
Per quale tipo di prodotto può essere richiesta?
L’Ecolabel UE può essere richiesto per tutti quei beni e servizi che appartengono a gruppi di prodotti per i quali, a livello europeo, siano stati fissati e pubblicati in Gazzetta Ufficiale, nella forma di decisioni della Commissione europea, i relativi criteri di assegnazione. I criteri Ecolabel UE sono stabiliti a livello europeo garantendo un’ampia partecipazione di parti interessate tra cui anche associazioni europee di consumatori e ambientaliste.
Quale garanzie ambientali e di salubrità fornisce al consumatore finale?
Il marchio Ecolabel UE consente al consumatore di riconoscere tra i prodotti disponibili sul mercato quelli che hanno elevati standard prestazionali e, al contempo, un ridotto impatto ambientale. Riguarda inoltre, ove pertinente, i principali aspetti sociali ed etici dei processi produttivi, nonché aspetti importanti inerenti la salute e la sicurezza dei consumatori. Consente, poi, alle aziende (produttori, importatori, fornitori di servizi, grossisti o dettaglianti) di acquisire visibilità sul mercato per il proprio impegno a favore dell’ambiente e aumentare, di conseguenza, la propria competitività sul mercato “green”, che è in continua crescita. Aspetto non trascurabile per gli operatori, infine, è che l’Italia è tra le poche nazioni in Europa ad aver reso obbligatoria l’introduzione dei criteri ambientali all’interno delle gare di appalto; ciò è avvenuto prima con la legge n. 221 del 28 dicembre 2015 (cd. Collegato Ambientale) e poi con le disposizioni del nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs 50/2016).
Per quanto riguarda questa certificazione, in Europa si registrano 2 licenze e 633 prodotti, ma nessuno in Italia. Quello dei pavimenti in legno non è un gruppo di grande risonanza in questo ambito e i prodotti devono soddisfare requisiti rigorosi per beneficiare della certificazione. Ad esempio, si devono rispettare severe limitazioni alle emissioni, come quelle di formaldeide, al fine di ridurre al minimo i potenziali rischi per la salute dei consumatori e dei lavoratori coinvolti nella loro produzione. Al fine di promuovere un’economia circolare, i criteri stabiliscono i requisiti non solo per le fasi di pre-uso e di utilizzo, ma anche per la fase post-uso. I produttori devono assicurarsi che i loro pavimenti si possano facilmente riparare, possano essere smontati rapidamente e che istruzioni sulla loro dismissione di fine vita appaiano chiaramente sul prodotto. Il campo di applicazione di questo gruppo di prodotti comprende i pavimenti interni, per uso sia privato che professionale.
Questo include legno, laminato, pavimenti in sughero e bambù che siano costituiti per almeno l’80% da legno, materiali o fibre a base di sughero o bambù. I criteri non si applicano invece ai rivestimenti per le pareti, a quelli per uso esterno, né a quelli con funzioni strutturali e composti di livellamento.
(In collaborazione con Raffaella Alessi, Servizio Certificazioni Ambientali Ispra, http://www.isprambiente.gov.it)
Marchio TÜV PROFICERT – product interior
Altra certificazione che riguarda i pavimenti in legno è la TÜV PROFICERT – product interior, una certificazione volontaria per i prodotti da costruzione per interni, che garantisce la conformità a criteri di salute e qualità selezionati dal TÜV HESSEN. Durante la certificazione vengono verificati i criteri a riguardo di emissioni e inquinanti.
Controlli da un ente terzo
CATAS, le prove su mobili, pavimenti in legno e altri oggetti
La parola all’esperto
Intervista al Professor Franco Bulian vicedirettore e responsabile del Reparto chimico di Catas, catas.comt
Quali prove vengono effettuate nei vostri laboratori?
CATAS è un laboratorio italiano che opera nel settore del legno e dell’arredo, certificando la sicurezza e la qualità di tavoli, sedie, poltrone, materassi, pavimenti. Il primo obiettivo del nostro lavoro è verificare la sicurezza dei mobili sotto tutti i punti di vista: dalla composizione chimica dei materiali utilizzati alle caratteristiche dimensionali, oltre alle resistenze meccaniche. Esiste un panorama normativo internazionale molto dettagliato sugli arredi e tali regole devono essere conosciute e rispettate da tutti i produttori. Noi partecipiamo anche alla definizione delle norme all’interno di commissioni nazionali e internazionali, e poi procediamo alla verifica in laboratorio della sicurezza e delle prestazioni di ogni materiale e di ogni elemento d’arredo. Ci occupiamo anche di controllare la qualità dei mobili, intesa come la loro capacità di durare nel tempo senza rompersi, rovinarsi o perdere la loro funzionalità. Centinaia di test sono eseguiti ogni giorno: nel 2019 abbiamo realizzato poco meno
di 50.000 prove, con un crescente numero di richieste dall’estero.
Quali sono le categorie interessate?
I nostri test coinvolgono centinaia di “oggetti”, dai pannelli agli adesivi, dalle vernici, alle viti, dalle maniglie fino al prodotto finito: sedie, tavoli, mobili contenitori, letti, materassi, ma è impossibile fare un elenco completo. Regole e norme possono differire a seconda della destinazione d’uso di un prodotto. I mobili per la prima infanzia, ad esempio, richiedono “regole” molto stringenti e tarate su un’utenza particolare; anche le cucine sono un ambiente critico, nel quale svolgiamo test che mettono a dura prova un mobile. Lame taglienti, contenitori caldi, liquidi di ogni genere, vapore dei forni e delle lavastoviglie: potremmo arrivare a paragonare questa parte della casa a un vero e proprio ambiente di lavoro, dove anche le dimensioni sono importanti affinché tutti vi si possano muovere senza pericoli e in tutta comodità. Negli ultimi anni il Catas sta cercando di trasferire queste conoscenze anche all’utente finale: sarebbe un vantaggio per tutti in termini di sicurezza se crescesse la conoscenza delle regole esistenti in questo settore.
Formaldeide: è vero che una sezione di Catas è dedicata a questa sostanza?
Questa sostanza viene emessa dai pannelli con cui sono realizzati i mobili e il problema nasce dalla sua dichiarata pericolosità. L’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) l’ha infatti classificata cancerogena, pur essendo una sostanza “ubiquitaria”, ovvero presente naturalmente in molti ambiti, compreso il nostro stesso sangue. Il problema è pertanto di “quantità”, su cui il dibattito è tuttavia ancora aperto. Nel 2008 in Italia è stato pubblicato un decreto che, facendo riferimento alle indicazioni dell’OMS, ha reso obbligatorio l’esclusivo utilizzo di pannelli classificati come “E1”, ovvero a bassa emissione di formaldeide. Dai nostri controlli appare evidente che i produttori italiani rispettano questi valori. Tuttavia non c’è ancora un’uniformità di giudizio a livello internazionale su quali siano i livelli di pericolosità di questa sostanza e ci sono Stati che non hanno ancora alcun limite, mentre altri hanno legiferato in maniera molto restrittiva. Un’ulteriore complicazione in questa direzione è l’impiego di metodi di prova differenti, un elemento che rende difficile fare confronti.
Quali prove sono previste per i pavimenti in legno?
Molte vengono effettuate per controllare qualità e sicurezza. La tenuta degli incollaggi, la stabilità dimensionale, la conducibilità termica e le resistenze superficiali sono tra i parametri che più frequentemente verifichiamo per questi prodotti. Ma non bisogna dimenticare che i pavimenti di legno sono obbligatoriamente soggetti alla marcatura CE, la quale comprende la verifica dell’appartenenza alla classe E1 (per ciò che riguarda l‘emissione di formaldeide) e il controllo del contenuto di pentaclorofenolo (un preservante del legno pericoloso per la salute umana). A ciò va aggiunta la verifica delle emissioni di sostanze organiche volatili, un tema sempre più attuale che coinvolge salute e
benessere. In Francia, poi, vige una legge specifica per i materiali impiegati in edilizia che impone un’etichettatura simile a quella delle classi energetiche per gli elettrodomestici, per cui si può scegliere un pavimento in classe A+ (la migliore), A, B o C proprio in relazione alle emissioni di sostanze organiche volatili.
Le vernici sono le principali responsabili delle emissioni di sostanze organiche volatili?
Sì, è corretto. A parte la formaldeide che, come abbiamo detto in precedenza, proviene fondamentalmente dai pannelli a base legno, la gran parte delle altre emissioni deriva proprio dai trattamenti di finitura. Ho utilizzato il termine “trattamenti” anziché “vernici” proprio per sottolineare che anche altri prodotti, quali le cere o gli oli, possono essere coinvolti in queste problematiche. Dipende sempre da come questi trattamenti sono formulati e da come sono poi applicati ed essiccati. Pertanto, non basta affermare che per un prodotto sono stati impiegati prodotti all’acqua o naturali; bisogna sempre misurare le emissioni e confrontare i valori rilevati con i limiti di riferimento. Purtroppo, formaldeide a parte, l’Italia non ha attualmente una legge specifica in merito a queste emissioni ma, in attesa di regole comuni a livello europeo, si possono sempre considerare i valori indicati dalle legislazioni di altri Paesi.
TÜV Italia
TÜV Italia è un ente terzo indipendente di certificazione, ispezione, testing, collaudi e formazione che offre servizi certificativi su qualità, energia, ambiente, sicurezza e prodotto.
Presente in Italia dal 1987, appartiene al gruppo TÜV SÜD, fondato nel 1866 per volontà di alcuni imprenditori e tecnici bavaresi che, preoccupati per le frequenti esplosioni che coinvolgevano i generatori e i serbatoi a pressione, crearono l’Associazione bavarese di ispezione per i serbatoi a pressione, oggi conosciuta in tutto il mondo appunto con il nome di TÜV SÜD.
Che cosa garantisce questa certificazione? L’apposizione del marchio assicura al mercato che il prodotto è stato verificato da un ente terzo indipendente, notificato o accreditato per il rilascio della certificazione e che il prodotto rispetta i requisiti richiesti dagli standard applicabili a quel prodotto e che il mantenimento nel tempo dei requisiti è garantito da verifiche periodiche effettuate dell’ente. Questo è quanto illustrato da Caterina Prandi, coordinatore tecnici schemi ambiente, divisione Business Assurance di TÜV SÜD (www.tuv.it).
Tratto da Cose di Casa cartaceo
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