La maggior parte delle famiglie italiane vede ancora nell’acquisto di un immobile – in particolare della prima casa – il miglior approdo per i propri risparmi. In alcuni casi la scelta si orienta verso una casa ancora in costruzione, che indubbiamente può offrire dei vantaggi: costo inferiore (in genere un 10% in meno di un’abitazione già edificata), la possibilità di apportare modifiche per renderla più rispondente alle proprie esigenze, una maggiore personalizzazione perché si riesce a intervenire nella scelta di finiture e altri dettagli, la modernità nella distribuzione degli spazi e nelle soluzioni tecniche adottate – soprattutto per quanto riguarda il risparmio energetico – oltre alla predisposizione per le moderne tecnologie (Internet, banda larga, domotica, tv satellitare eccetera).
Senza dimenticare che il valore dell’immobile sul mercato rimane più alto per un bel numero di anni, che per molto tempo non si dovranno affrontare ristrutturazioni, che costerà meno in manutenzione e riscaldamento grazie agli attuali sistemi costruttivi e che la ditta è obbligata ad assicurare l’edificio per 10 anni contro i vizi di costruzione; inoltre con questo tipo di acquisto si può godere dei benefici prima casa e pagare l’Iva al 4% anziché al 10%.
È importante, però, prestare la massima attenzione durante le trattative che precedono l’acquisto di un’abitazione non ancora ultimata, informandosi o rivolgendosi, in caso di dubbi, a consulenti ed esperti del settore, per scongiurare il rischio di perdere irrimediabilmente le somme anticipate. Infatti la normativa a tutela degli acquirenti di immobili in costruzione è ancora oggi poco conosciuta dai privati ed è sostanzialmente rimessa all’osservanza, più o meno scrupolosa, da parte dei costruttori.
Dato l’investimento di ingenti capitali, è molto importante predisporre strumenti di tutela atti a prevenire ogni tipo di imprevisti. Quando si stipula un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile ancora da costruire ci si espone al rischio di perdere i capitali investiti, nel caso in cui ad esempio l’impresa costruttrice dovesse fallire. Ciò comporterebbe, inevitabilmente, l’impossibilità di ottenere la consegna dell’immobile oggetto del contratto con la speranza (minima) di ottenere la restituzione delle somme versate a titolo di acconto.
Quando il costruttore non è più in grado di far fronte agli obblighi contratti con i fornitori e le banche, ai creditori non rimane che rivolgersi al Tribunale per la dichiarazione di fallimento. La sospensione dei lavori che ne consegue (o il rischio di perdere la proprietà della casa appena acquistata, in forza della cosiddetta azione revocatoria fallimentare) riguarda inevitabilmente il rapporto tra il costruttore e gli aspiranti proprietari delle case in costruzione, che divengono così a loro volta creditori del fallimento in relazione agli acconti versati per un immobile di cui, con buona probabilità, non diventeranno mai proprietari.
Pertanto l’unica soluzione percorribile sarebbe quella di partecipare, unitamente agli altri creditori del Costruttore, alla procedura fallimentare per ottenere un rimborso quantomeno parziale delle somme versate. Senonché, la presenza di creditori importanti – quali lo Stato per le imposte evase o le banche per gli ingenti mutui concessi e non onorati – rende di fatto vani i tentativi dei singoli compratori di ottenere la restituzione del prezzo anticipato al costruttore.
Tanti i possibili vantaggi dell’acquisto di un immobile in costruzione: dal costo inferiore rispetto a quello di uno già edificato all’Iva agevolata al 4%, fino a una migliore efficienza energetica.
Per ovviare a tale delicatissimo problema, che in alcuni casi ha visto più di una famiglia perdere la propria casa, ormai da una decina d’anni è in vigore il D.lgs. 122/05, con il quale il Legislatore ha approntato strumenti di tutela che possono impedire conseguenze a sfavore degli acquirenti di immobili da costruire, se il costruttore non è in grado di mantenere quanto pattuito.
In aggiunta, con il cosiddetto Decreto Casa (ovvero il Decreto Legge n. 47/14), sono state apportate minime ma significative integrazioni testuali, che hanno finalmente dipanato alcune questioni interpretative di cui la giurisprudenza aveva dovuto occuparsi. La normativa si applica ai contratti stipulati tra una parte ritenuta tradizionalmente “forte” (l’impresa costruttrice o cooperativa edilizia) e una parte considerata “debole” (il privato o socio della cooperativa).
Ci si è chiesti, dunque, se gli stringenti obblighi imposti al costruttore (rilascio di una fideiussione e di una polizza assicurativa, necessità di indicazioni specifiche nel contratto eccetera) potessero in qualche modo essere da questo aggirati di fronte a soggetti privati poco consapevoli dei loro diritti o addirittura disposti a rinunciarvi pur di acquistare la “casa dei sogni”.
Proprio per scongiurare episodi di sopraffazione da parte di un eventuale costruttore non corretto, il Decreto Casa ha sancito l’irrinunciabilità dei diritti da parte dell’acquirente, nel senso che, indipendentemente dalla volontà delle parti, ogni previsione contrastante con la normativa deve intendersi come non valida.
Ciò significa, ad esempio, che non avrebbe alcun valore la preventiva rinuncia del privato alla garanzia, chiamata “fideiussione”, che preveda la restituzione, da parte di una Banca, delle somme versate dal compratore nella sfortunata ipotesi dell’impossibilità che la costruzione venga portata a termine: il compratore potrà pretenderla sempre e comunque. Allo stesso modo, sarebbe sempre legittimato ad agire in giudizio per mancato rilascio della fideiussione, pur avendovi espressamente rinunciato.
Per garantire i compratori, il Legislatore con il Decreto Casa del 2014 ha sancito l’irrinunciabilità dei diritti da parte dell’acquirente, indipendentemente da eventuali accordi che questi abbia più o meno inconsapevolmente sottoscritto.
Il costruttore, conscio dell’obbligo impostogli dalla legge di proteggere, attraverso l’intervento delle banche, l’investimento immobiliare dei soggetti privati, potrebbe quindi tentare di aggirare la normativa, facendo firmare al compratore, in maniera più o meno consapevole, una dichiarazione di rinuncia ai propri diritti che dovrebbe impedire di far valere in giudizio le legittime pretese di garanzia del soggetto privato.
Il Decreto Casa, prevedendo l’irrinunciabilità del diritto alla garanzia di rimborso a favore del compratore, impedisce di fatto che ciò possa accadere giacché, anche qualora il costruttore riuscisse a ottenere la firma della dichiarazione di rinuncia, tale dichiarazione non avrebbe alcun valore. Al contrario, il privato potrebbe sempre rivolgersi al Tribunale per far valere il suo diritto a vedersi rilasciare la garanzia di rimborso dal costruttore.
È evidente, del resto, che le aspirazioni di chi si appresta ad acquistare un immobile in costruzione potrebbero essere vanificate dal sopravvenuto fallimento del costruttore, con il rischio di perdere gli acconti nel frattempo versati. Al fine di non incorrere in tale gravissimo pregiudizio, il Costruttore è tenuto a rilasciare una fideiussione bancaria che garantisca al compratore la restituzione delle somme anticipate. È altrettanto ovvio che la domanda di restituzione presupponga la presentazione delle ricevute di versamento, mentre gli importi corrisposti “in nero” non potranno essere oggetto di rimborso: la banca, infatti, non potrà essere chiamata a rimborsare pagamenti di cui non vi sia traccia “scritta”. Affinché si possa pretendere dalla Banca il rimborso, occorre in ogni caso che lo stato di crisi del costruttore si manifesti in tutta la sua gravità, attraverso il pignoramento degli immobili in costruzione o l’assoggettamento al fallimento o alle altre procedure concorsuali.
Peraltro, anche qualora abbia ottenuto dalla banca il rimborso degli acconti anticipati al costruttore nel frattempo fallito, il compratore che prima della stipula del contratto definitivo abbia adibito l’immobile ad abitazione principale sua o – come precisato dal Decreto Casa – del coniuge o di un parente, ha diritto di prelazione per l’acquisto del bene al prezzo definitivo raggiunto nell’eventuale vendita all’asta.
Nel 2005 e nel 2014 la normativa ha previsto a difesa del compratore l’obbligo per il costruttore di una garanzia fedeiussoria e di una polizza assicurativa.
Per evitare, poi, che l’eventuale fallimento comprometta la possibilità di ottenere dal costruttore il risarcimento dei danni in caso di gravi vizi dell’immobile compravenduto, ai sensi dell’art. 1669 C.c., è previsto l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa di durata decennale. Il Decreto nulla dice in merito all’importo da assicurare, ma è evidente che l’effettività della tutela non può prescindere da una garanzia in misura almeno corrispondente al prezzo versato. Il legislatore ha voluto poi mettere al riparo le famiglie dal rischio di perdere l’abitazione appena consegnata dal costruttore nel frattempo dichiarato fallito, a condizione che sia stato versato un prezzo congruo e l’immobile sia stato adibito a residenza principale del compratore, del coniuge o anche dei parenti (così, da ultimo, il Decreto Casa).
Infine, dopo i numerosissimi casi di impossibilità di recupero delle somme versate a seguito di fallimento del costruttore, è stato istituito un Fondo di solidarietà su base territoriale, con previsione di contributi obbligatori a carico dei costruttori stessi.
Si ringrazia per la collaborazione l’avvocato Stefano Gorla (avvstefanogorla@hotmail.com)