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È un legame inscindibile quello che unisce gli esseri umani agli altri organismi e alla natura nel suo complesso. Dalla riscoperta del senso profondo di questo simbiotico e proficuo scambio – messo in crisi nel tempo dall’antropizzazione del Pianeta – nasce il concetto di biofilia, che era già stato teorizzato in passato dal filosofo e psicologo Erich Fromm. Dal greco, “amore per la vita”, l’approccio biofilico è multidisciplinare, si può applicare a diversi aspetti della realtà tra i quali, molto importante, quello dell’abitare inteso in senso ampio. Il benessere che la natura stimola in ciascuno si può quindi tradurre in una serie di criteri che riguardano anche l’organizzazione della casa, la gestione delle risorse e le scelte più specifiche relative ai materiali costruttivi, le finiture e gli arredi. L’obiettivo della biofilia è la ricerca di una relazione continua ed empatica con il tutto di cui facciamo fa parte.
Che cosa è la biofilia? Rispondono Bettina Bolten e Giuseppe Barbiero
La biofilia come strumento per vivere in sintonia con la natura che attinenza ha col mondo casa? Lo spiegano Bettina Bolten e Giuseppe Barbiero.
Sempre più spesso si parla di biofilia abbinata alla progettazione, perché vivere o lavorare in uno spazio condiviso con il verde è uno dei metodi più efficaci per aumentare il livello di benessere. Ma di cosa si tratta e come se ne possono mettere in pratica i principi? Ne parliamo con Bettina Bolten, architetto e ‘biophilic design consultant’, e Giuseppe Barbiero, docente di Biologia e di Ecopsicologia e direttore del Laboratorio di Ecologia Affettiva all’Università della Valle d’Aosta (LEAF/UniVDA).
- Cosa si intende per biofilia?
Risponde Giuseppe Barbiero. La biofilia è il nostro amore per la Natura vivente. Tutto ciò che è vivo ci attrae e può suscitare in noi emozioni di affiliazione (biofilia) o di repulsione (biofobia). La biofilia è innata, ma non è istintiva. È una predisposizione genetica che tutti noi possediamo, ma che dobbiamo stimolare ed educare se vogliamo che essa fiorisca. Se la biofilia non viene stimolata, se abbiamo poche possibilità di interagire con il mondo vivente, perdiamo la capacità di sviluppare alcune aree della corteccia cerebrale. Con conseguenze importanti per le nostre funzioni cognitive (in particolare, tende a ridursi la capacità di attenzione diretta e sostenuta) ed emozionali (in particolare, tende a ridursi la capacità di recupero dallo stress).
- Cosa si intende per biophilic design?
Risponde Bettina Bolten. Per rispondere a questa domanda, partirei brevemente dal concetto di biofilia che è “l’innata tendenza dell’essere umano a concentrare la sua attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente”. Nel corso dell’evoluzione abbiamo trascorso il 99,9 % del tempo a stretto contatto con la Natura. La nostra fisiologia e psicologia sono ancora adattate ad essa e più riusciamo a sincronizzare i nostri ritmi di vita odierni con quelli della Natura, maggiore sarà la nostra sensazione di comfort e benessere. Numerose sperimentazioni hanno dimostrato gli effetti benefici che il contatto diretto con ambienti naturali ha sull’essere umano…e qui entra in gioco il Biophilic Design: si tratta di una scienza applicata e un modo innovativo di pianificare che utilizza le più recenti scoperte sulla relazione tra Uomo e Natura per la progettazione degli ambienti artificiali, al fine di rendere questi ultimi consoni all’innata biofilia umana.
L’ecologo Stephen R. Kellert, ha definito il Biophilic Design come «il deliberato tentativo di tradurre l’affinità dell’Uomo con la Natura – nota come biofilia – nella progettazione di ambienti artificiali.” Inoltre, Kellert afferma che “il Biophilic Design non riguarda l’ecologizzazione dei nostri edifici o semplicemente l’aumentare la loro estetica attraverso l’inserimento di alberi e arbusti. È molto di più, riguarda il ruolo dell’umanità nella natura e il ruolo del mondo naturale nella società umana.” L’obiettivo della progettazione biofilica è di realizzare ambienti artificiali inserendo nel progetto le caratteristiche della Natura, rendendo così gli ambienti il più possibili simili a quelli naturali.
Il Biophilic Design gode di un crescente interesse, non solo da parte dei professionisti della filiera dell’edilizia, ma anche da parte di un pubblico sempre più vasto e sensibile ai temi legati alla Natura e alla salute psico-fisica negli spazi in cui viviamo, lavoriamo, impariamo e ci curiamo e dove passiamo fino al 90% della nostra vita.
Ci auguriamo che il Biophilic Design, integrandosi con approcci progettuali sostenibili, diventi una prassi sempre più diffusa e consolidata, per creare habitat artificiali che salvaguardino l’ambiente, ma anche il benessere e la salute degli esseri umani. Parlando di benefici, un ambiente biofilico corretto, sul piano cognitivo, accelera il processo di rigenerazione dell’attenzione e rende il pensiero delle persone più chiaro; sul piano emotivo, favorisce il recupero dallo stress. Questi benefici sono già noti e oggi si possono misurare.
È importante che ripensiamo il modo in cui viviamo nelle nostre case e nelle nostre città. Ogni persona, progettista, azienda o istituzione, ha la grande opportunità di fare il possibile affinché gli edifici in cui viviamo siano luoghi più sani per il corpo e la mente. Il Biophilic Design ci offre questa grande opportunità.
- Che differenza c’è rispetto alla bioarchitettura?
Giuseppe Barbiero. La progettazione biofilica e la bioarchitettura sono complementari. La bioarchitettura ha sviluppato un interesse per la sostenibilità verso l’esterno. In termini strettamente tecnici si può dire che la bioarchitettura è interessata a prodotti e processi che siano il più possibile rispettosi dei cicli biogeochimici della Terra. Per esempio, se sappiamo che le emissioni di CO2 alterano il ciclo biogeochimico del carbonio, allora la bioedilizia sviluppa prodotti e processi il più vicini possibili alle emissioni zero. La progettazione biofilica ha sviluppato un interesse per la sostenibilità verso l’interno, verso coloro che abitano gli ambienti. In particolare, la progettazione biofilica è interessata a prodotti e processi che siano il più possibili rigenerativi delle capacità di attenzione, che facilitino il recupero dallo stress e che rispettino la cronofisiologia umana.
- Quali sono le sostanziali differenze con il percorso di interior design ‘tradizionale’?
Bettina Bolten. L’interior design di oggi è una disciplina di ampio respiro che si occupa della progettazione di spazi e oggetti d’uso comune all’interno di luoghi artificiali e chiusi, destinati ad abitazione privata, ambiente lavorativo, esercizio commerciale, spazio ricettivo, ecc. Particolare attenzione viene data agli aspetti pratici e funzionali degli spazi, anche in riferimento alle specifiche destinazioni d’uso di un ambiente: vengono scelti gli arredi più adatti per particolari mansioni; si verifica il più adatto dimensionamento dei mobili e la loro corretta disposizione all’interno degli ambienti; si cerca l’alta qualità dei materiali e delle tecniche di produzione e tecnologie innovative; si dà molta attenzione alla salubrità degli ambienti interni, all’abbattimento delle barriere architettoniche, all’isolamento acustico e a tutti quei temi legati alla sostenibilità come i consumi energetici, l’origine e la reperibilità dei materiali, ad aspetti ed esigenze estetiche, ecc.
Ormai sappiamo che gli interni degli edifici, hanno un forte impatto su di noi e sul nostro benessere e la nostra salute. Il Biophilic Design può aiutarci a stare meglio negli ambienti chiusi, perché inserisce nella progettazione specifici elementi e criteri che aiutano a rispettare la nostra biofilia, rispondendo adeguatamente alle nostre esigenze primarie, come per esempio il bisogno di accesso alla luce naturale, l’esigenza di avere aria pulita o una vista diretta su quello che ci circonda. Esso va oltre i consueti concetti di sostenibilità, salubrità e comfort degli ambienti e si concentra principalmente sulla qualità delle nostre vite e sul nostro benessere psico-fisico negli ambienti chiusi. Per garantire un Biophilic Design efficiente, si applicano linee guida derivate dalla letteratura scientifica primaria e da test empirici.
- Quali i cardini da seguire per avere interni in linea con il biophilic design? (colori, materiali, disposizione etc)
Bettina Bolten. Di recente Giuseppe Barbiero e io abbiamo pubblicato uno studio dal titolo Biophilic Design: How to enhance physical and psychological health and wellbeing in our built environments. (italiano: Biophilic Design: come migliorare la salute fisica e psicologica e il benessere nei nostri ambienti costruiti) che elenca le caratteristiche cardini del Biophilic Design che si possono ricondurre principalmente a 10 punti che bisogna tenere in particolare considerazione per sviluppare un progetto in linea con la biofilia umana. È il risultato di una ricerca sulla biofilia e sul Biophilic Design che abbiamo condotto con il Laboratorio di Ecologia Affettiva dell’Università della Valle d’Aosta negli ultimi 4 anni.
Per dare un’idea di che cosa stiamo parlando, posso brevemente elencare i primi 3 punti fondamentali che devono essere affrontati con molta attenzione per sviluppare un efficace progetto biofilico.
- Luce: siamo esseri diurni e la luce naturale ha un impatto positivo su di noi. È fondamentale negli ambienti di lavoro, dove le persone con un accesso diretto alla luce naturale, sono più produttive e contente. Però anche con la luce artificiale studiata attentamente, si possono ottenere ottimi risultati.
- Protezione e controllo: per la sopravvivenza dell’essere umano trovare un posto che lo protegga e che contemporaneamente gli permetta di avere un controllo sull’ambiente, ieri come oggi sembra essere fondamentale per garantire di stare bene anche in uno spazio artificiale.
- Aria: il tema dell’aria (temperatura, flusso, qualità) gioca un ruolo fondamentale nella sensazione di benessere all’interno degli ambienti. È preferibile una ventilazione naturale.
- Quali sono le condizioni necessarie che un committente deve avere per ‘accogliere’ un progetto di biophilic design per la propria casa? Anche in termini di costi, oltre che di spazi etc.
Bettina Bolten. Il committente che desidera creare intorno a sé un ambiente biofilico, solitamente è una persona che ha una buona connessione con la Natura. Riconosce e ha sperimentato l’effetto benefico degli ambienti naturali e apprezza trascorrere del tempo a stretto contatto con paesaggi non urbani oppure nel suo piccolo giardino o terrazzo pieno di piante. Spesso sono persone con una spiccata intelligenza naturalistica che si è formata con l’insegnamento e con l’educazione, solitamente già in giovane età. Altra caratteristica che spesso riscontriamo, è un forte senso di responsabilità verso tutto quello che è vivo e verso il mondo in generale, con atteggiamenti molto attenti e sensibili all’ecologia e alla salvaguardia dell’ambiente. Si tratta di persone a cui non basta avere una casa sostenibile, ma vogliono qualcosa di più: sentono la necessità di ricreare un legame forte con la Natura attraverso un progetto che soddisfi la loro innata biofilia. In termini di spazi, non ci sono limitazioni: si può intervenire partendo dagli spazi più ristretti – anche singole stanze -, fino a realtà molto più vaste.
- Che relazione c’è fra interni ed esterni in un progetto sviluppato seguendo i cardini della biofilia?
Risponde Bettina Bolten. Negli ultimi anni abbiamo notato una sempre maggiore attenzione da parte delle aziende dell’arredamento per gli spazi esterni. Chi tradizionalmente produce mobili e accessori da interno, ha allargato la gamma merceologica per il contract e per i privati e offre ora anche prodotti da esterno che spesso sono difficilmente distinguibili da quelli da interno. Questa tendenza del mondo dell’interior design è significativa, perché rispecchia il sempre più forte interesse per gli spazi al di fuori dalle nostre case. Apprezziamo vivere all’aria aperta e preferibilmente, dove possibile, in contatto con la Natura. Possiamo dire che gli esterni oramai sono un’estensione degli interni. Spazi interni ed esterni sono strettamente legati e interagiscono. Le viste dall’interno verso l’esterno sono fondamentali e l’introduzione della luce naturale negli ambienti interni è stimolante per noi esseri umani, come anche vedere il trascorrere dei fenomeni meteorologici, il cambiare delle stagioni, il ciclo giorno-notte, ecc. Nessuno ci vieterà di creare la nostra piccola oasi di verde sul balcone di casa che possiamo contemplare anche dall’interno.
- Sviluppare un progetto sviluppato seguendo la biofilia prevede costi più alti rispetto alla progettazione tradizionale? Perché?
Risponde Bettina Bolten. Una delle caratteristiche del Biophilic Design è il fatto di potere intervenire partendo anche da budget limitati. Facciamo un esempio: si può scegliere una pavimentazione di pietra naturale che chiaramente ha un costo più elevato di una piastrella normale di ceramica. Un committente con un budget più ristretto può scegliere invece una soluzione più economica con un materiale dall’effetto ottico simile alla pietra naturale, magari non prodotto dall’altra parte del globo. Si può invece creare un’adeguata e piacevole illuminazione artificiale usando le lampadine LED di ultima generazione, acquistabili per pochi euro in un negozio fai-da-te. Possiamo dire che i costi di un progetto di Biophilic Design sono in relazione alla sua entità, grandezza e sofisticazione, ma non vediamo significativi aumenti dei costi rispetto ad un progetto ‘tradizionale’ di interior design. Importante è rivolgersi a un architetto o geometra esperto di questo tipo di approccio e, dove non fosse reperibile, il coinvolgimento di un consulente che possa affiancare l’architetto nella redazione del progetto, soprattutto per interventi più complessi, come per esempio edifici pubblici o destinati al lavoro, alla sanità, ecc.
L’economia di un progetto biofilico va anche vista in un’ottica più lunga. C’è tutto da guadagnare. Mi spiego meglio: ci sono ormai numerose prove scientifiche che dimostrano che nel caso di un ambiente lavorativo realizzato secondo le regole del Biophilic Design, si registra un tasso minore di assenteismo per malattia e i lavoratori, essendo più contenti e soddisfatti del proprio posto di lavoro, sono anche più produttivi e concentrati sulle proprie mansioni. In ambito ospedaliero, il paziente che può disporre di una vista su uno scenario naturale, tende ad avere una degenza postoperatoria più breve, oltre a un minore bisogno di medicine antidolorifiche. Si capisce immediatamente che l’adozione di progetti biofilici comporta benefici positivi per la società anche in termini economici.
- La biofilia può essere applicata anche in caso di ristrutturazione?
Risponde Bettina Bolten. La buona notizia è che il Biophilic Design può essere applicato a tutte le scale, da quella più prettamente architettonica a quella urbanistica, sia nel caso di nuove costruzioni che per quelle preesistenti, quindi è valido anche per le ristrutturazioni. Se per motivi più vari non si possono prevedere interventi strutturali in una ristrutturazione, oppure non è consentito aumentare le superfici vetrate per una migliore vista verso l’esterno (per i più fortunati su scenari naturali) e per avere più luce naturale negli ambienti chiusi, ci sono molte altre opportunità di facile realizzazione con minori costi. Per esempio, interventi sull’illuminazione artificiale, rivestimenti, materiali, finiture e colori, sia degli arredi che dell’ambiente stesso. Anche il sapiente inserimento di piante e verde nell’ambiente interno ed esterno, contribuisce a riconnettere le persone con la Natura. Già la sostituzione di alcuni arredi e/o il cambiamento della loro disposizione negli spazi, può ottenere risultati d’impatto. Nel caso di una ristrutturazione, l’esperto deve studiare in maniera approfondita l’ubicazione e la situazione intorno all’edificio, l’esposizione, i materiali e le tecniche utilizzati e verificare accuratamente l’entità dell’intervento per capire se ci sono già presenti aspetti di Biophilic Design e quali potenziali può avere l’intervento.
Biophilic Design
La progettazione biofilica incontra sempre più l’attenzione di architetti e designer e inizia a essere conosciuta e apprezzata anche dal pubblico. Cambiamenti climatici, inquinamento, cementificazione, nella loro incombenza, inducono alla ricerca di reali soluzioni alternative sostenibili. Il “biophilic design” è complementare alla bioarchitettura e si incentra, più che su tecniche, materiali e procedimenti, sull’interazione degli individui con l’ambiente in cui abitano. La biofilia non si riduce a una generica attrazione per il green style, ma interpreta un vero e proprio sistema progettuale, basato sulla salubrità degli interni, l’armonia con l’universo vivente, il benessere psicofisico delle persone.
Un’opera chiave per comprendere il significato di questa disciplina: Biophilia, (Harvard Univ Pr), è il libro scritto nel 1984dal prof. Edward Osborne Wilson, fondatore della sociobiologia e della E. O. Wilson Biodiversity Foundation.
Benessere anche al lavoro
L‘approccio biofilico non coinvolge soltanto le abitazioni, ma anche i luoghi di lavoro. Un ambiente a misura d’uomo, green orientend, luminoso e confortevole, dove anche finiture e arredi sono stati scelti con attenzione, può contribuire in misura determinante a fare sentire bene, a stimolare la creatività e a migliorare la produttività intellettuale.
Ripensare gli spazi in chiave green
Che cosa si aspettano i lavoratori dall’ufficio del futuro? Lo rivela una ricerca realizzata lo scorso ottobre da Nomisma per Europa Risorse (europarisorse.com). In primo luogo, gli intervistati ritengono importante poter raggiungere facilmente, in poco tempo e con mezzi di trasporto sostenibili, la sede aziendale. I luoghi dove svolgere quotidianamente la propria attività devono essere flessibili e modulari, offrire spazi di condivisione e scambio con colleghi e collaboratori: una possibilità offerta da un layout innovativo che superi il concept tradizionale e “chiuso” di ufficio. È auspicata la presenza nella struttura anche di aree relax e fitness. Queste esigenze emergono comunque, senza un’associazione diretta ai principi della biofilia, di cui in generale la conoscenza risulta ancora limitata: infatti solo negli ultimi anni il termine e il suo significato hanno iniziato a raggiungere il grande pubblico. Ben chiaro è, però, il collegamento tra benessere e natura, perseguendo una svolta sostenibile e green nello sviluppo e gestione delle aziende, delle sedi operative e della risorse, sempre in un’ottica di tutela dell’ambiente.
245 euro: è questo il risparmio al metro quadrato in un anno preventivato per un ufficio realizzato e gestito secondo i criteri della biofilia. Ciò significa che, per una struttura con una superficie di 10.000 mq, il risparmio annuo è di 2,5 milioni di euro. Si calcola che solo il contenimento dei consumi di energia elettrica dell’edificio porti a risparmiare 14 euro al mq l’anno.
L’ufficio del futuro in città
Sarà lo spazio lavorativo più verde e sostenibile di Milano quello che sorgerà vicino al Parco Lambro, nell’area industriale dell’ex Rizzoli, zona Crescenzago. Si chiama Welcome – Feeling At Work (welcomemilano.it): l’innovativo concept è stato ideato da Europa Risorse SGR e progettato dallo studio KKAA, specialista mondiale di architettura organica, con la consulenza del botanico Stefano Mancuso. Quando sarà ultimato, a fine 2024, ospiterà uffici biofilici pensati nel segno di una piena integrazione tra lavoratori e ambiente. Sarà un edificio a zero emissioni di CO2, alimentato da fonti rinnovabili quali il fotovoltaico, e dotato di tecnologie per il controllo dei consumi, il recupero dell’acqua, con ampie aree verdi, in&out, allestite nel rispetto della biodiversità.