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L’attenzione dei cittadini per una migliore qualità delle abitazioni e per la salvaguardia dell’ambiente è notevolmente cresciuta in questi ultimi anni; una maggiore consapevolezza dei rischi che il Pianeta corre, ma anche delle singole responsabilità e una più incisiva informazione sulle reali possibilità di cambiamento hanno decretato un aumento della sensibilità “green”.
Di fatto, ciò si traduce in una crescente richiesta, registrata dal mercato negli ultimi tempi, di prodotti e sistemi edilizi appartenenti alla sfera della bioarchitettura e di quelli a basso impatto ambientale. Sempre di più è forte il desiderio di essere informati sulle alternative possibili cui fare riferimento per dare concretezza ai concetti di salute indoor e di sostenibilità ambientale; sempre più vi è la volontà di partecipare attivamente al proposito di ridurre l’impatto sull’ambiente nei prossimi anni.
A tutte queste esigenze risponde la ricerca che ha portato alla formulazione e alla disponibilità di nuovi materiali, soluzioni e tecniche che oggi permettono di costruire (o rinnovare) in modalità eco.
Come nascono le materie “prime seconde”
In questo contesto, il risparmio energetico è il fulcro di una progettazione sostenibile, ma la tutela della materia prima naturale, proveniente da cava o da altre fonti, ne è un cardine (si calcoli poi che l’estrazione delle materie prime incide per il 10-15% sul consumo totale di energia). Di conseguenza, il riciclo dei materiali diventa il protagonista principale: è proprio attraverso l’utilizzo di materia dismessa che si dà inizio a un circolo che non può che essere virtuoso sotto molti punti di vista, compreso quello economico, secondo quel criterio di economia sostenibile e a basso impatto che prende il nome di economia circolare.
Demolizioni, scarti di vetro, metallo e carta provenienti dalla raccolta urbana o sfridi delle varie filiere industriali diventano quelle che sono definite “materie prime seconde”. Sono fonti preziose perché, affiancate dalla ricerca scientifica, dalla volontà di imprenditori eco-sensibili e dalla normativa sempre più restrittiva che ne garantisce l’idoneità all’impiego, si trasformano oggi in prodotti per l’edilizia.
Si ottengono così pannelli isolanti dal vetro riciclato, intonaci dagli scarti della lavorazione del riso, laterizi da materiale di recupero, piastrelle dalla plastica delle bottiglie riciclate.
Le percentuali dei componenti provenienti dal riciclo contenute nei vari prodotti sono variabili, dal 10% a oltre l’80% per esempio per il gres porcellanato.
Con “economia circolare” si intende un modello di economia che riduce lo scarto, differenzia le fonti di approvvigionamento di materia e fa vivere più a lungo i prodotti di consumo, massimizzandone il valore d’uso. Un modello di sviluppo alternativo all’economia lineare, che è stato elaborato da pensatori illustri tra cui l’architetto Walter Stahel, il fisico Amory Lovins, i designer McDonough e Braungart, l’economista green Nicholas Georgescu-Roegen che hanno formulato modalità alternative per fermare lo spreco di materia e l’inquinamento da fonti fossili, promuovendo invece la produzione efficiente, il riciclo, l’eco-design, le energie e le fonti rinnovabili.
Quali materiali da riciclo per l’edilizia
Il settore delle costruzioni vive ormai da anni un profondo cambiamento, spinto da innovazioni tecnologiche e progettuali che mirano a garantire edifici sicuri, confortevoli, dalle prestazioni energetiche e ambientali certificate e con maggiore durata del ciclo di vita dei materiali. Sono molti i materiali riciclati
che possono essere utilizzati in tale contesto di edilizia, dai rifiuti derivanti dalle demolizioni degli edifici a metalli, plastiche e vetro. Oltre al legno, che
in questi anni gode di un revival dai risultati importanti,
anche a prescindere dal riciclo.
Al di là dalla provenienza, tutti i materiali hanno potenzialmente caratteristiche ambientali tali da poter essere riciclabili e riutilizzabili: per capire come, bisogna partire dalla conoscenza delle diverse filiere produttive.
Esempi in Italia
Lo Juventus Stadium è tra gli esempi più conosciuti di recupero e riutilizzo di materiale derivante dalla demolizione di strutture esistenti. La sua realizzazione ha visto, infatti, il recupero dei materiali dismessi del vecchio Stadio “Delle Alpi”, che sono stati poi reimpiegati nel nuovo cantiere: ben 40.000 metri cubi di calcestruzzo, frantumati e utilizzati come sottofondo del rilevato strutturale del nuovo impianto, a cui si sono aggiunte 5.000 tonnellate di acciaio, 2.000 metri quadrati di vetro e 300 tonnellate di alluminio.
Per quanto riguarda l’edilizia residenziale, è significativo il caso di Bolzano con il nuovo complesso abitativo CasaNova e in particolare l’isolato EA8 che presenta il 20% del contenuto dei laterizi da materiale riciclato e di recupero.
Ostacoli e resistenze verso i materiali edili ottenuti da riciclo
Grazie a Regolamenti edilizi coraggiosi che spingono verso la sostenibilità e, paradossalmente, alla crisi del settore (che ha portato molte aziende a ripensare il loro modo di produrre materiali), si sta assistendo a un aumento dell’uso di materiali riciclati o recuperati. Indubbiamente in Italia la strada è ancora molto lunga, mentre all’estero, in Europa come in Nord America e Australia, è evidente come questa pratica abbia già molto successo.
Molti capitolati prevedono ancora l’obbligo di utilizzo di alcune categorie di materiali da cava o “naturali” e di fatto impediscono l’applicazione di quelli provenienti dal riciclo.
La Provincia di Trento è invece un ottimo esempio, grazie alla pubblicazione di un capitolato tecnico per l’uso dei riciclati nei lavori di manutenzione pubblica, con le schede prodotto
e l’elenco prezzi, destinato proprio a promuovere,
tra gli addetti ai lavori, questo tipo di materiali. Anche se ormai esistono studi e pubblicazioni, prove di laboratorio
e di cantiere, esempi di edifici e strade che dimostrano
i notevoli vantaggi dei materiali riciclati in edilizia, oltre l’assoluta idoneità tecnica, permangono resistenze e pregiudizi.
Costi competitivi e destinati a scendere
Il costo dei materiali edilizi riciclati è così competitivo per le aziende produttrici che, nonostante non si assista ancora
a una diffusione massiccia, il costo finale non si discosta
da quello dei prodotti tradizionali.
Per esempio, le sabbie derivate dagli scarti di fonderia vedono un riutilizzo virtuoso come materiali secondari, attraverso la miscelazione e la movimentazione della sabbia.
Il risultato è positivo sui costi di produzione
e sull’ambiente, mentre gli scarti da smaltire si riducono del 95%, con un beneficio economico rispetto all’acquisto
di sabbia nuova pari a circa il 90%. La riduzione dei volumi
di sabbia esausta è nell’ordine dell’85%-95%, il residuo di quella di scarto scende al 5-15%, con una conseguente riduzione dei costi di smaltimento altrettanto elevata.
Il caso di Copenaghen svela la portata del risparmio: per il recupero e la riconversione in abitazioni di due ex silos gemelli situati sul lungomare è stato riutilizzato in loco calcestruzzo da demolizione, con una riduzione di costi e tempi del 33%, rispetto a una costruzione ex novo di tipo tradizionale.
Componenti strutturali, prodotti di completamento e tutto ciò che occorre per edificare senza utilizzare materie prime nuove
Anche all’interno della casa, dai rivestimenti a terra e a parete fino ai serramenti, tutto può essere a basso impatto ambientale
Gres fatto con scarti all’85%
È stato questo l’obiettivo del progetto Wincer (Waste synergy in the production of Innovative Ceramic Tiles), sviluppato da Centro Ceramico, Marazzi Group, Minerali Industriali e Fincibec Group e coordinato da Elisa Rambaldi. L’idea di realizzare piastrelle in gres contenenti almeno il 70% di materiali di scarto si è di fatto concretizzata nella produzione industriale di esemplari in gres porcellanato con addirittura l’85% delle materie prime seconde.
Il progetto, della durata di tre anni e iniziato nel 2015, ha puntato alla produzione definitiva di gres porcellanato in cui le materie prime naturali sono state sostituite per l’85% da materiali riciclati provenienti da rifiuti urbani e industriali.
Tale percentuale è composta per il 30% da scarti di piastrelle crude, che vengono generati durante la movimentazione su nastri trasportatori, prima della fase di cottura. La restante quota del 55% è costituita da scarti di vetro provenienti dalla raccolta urbana che, nella produzione delle piastrelle Wincer, vanno a sostituire il fondente feldspatico (proveniente da materie prime quali potassio, sodio, calcio e bario).
Nello specifico, il 55% è formato da quella parte di vetro riciclato che, dopo il processo di lavorazione post recupero, non può essere riutilizzata nell’industria del vetro a causa delle impurità o delle dimensioni troppo fini (inferiori a 100 micron).
Il vetro da imballaggio recuperato con la raccolta urbana, infatti, viene separato, lavato, purificato e macinato per essere reimmesso nell’industria del vetro, in un circuito a ciclo chiuso. Ma non tutta la materia che si ottiene da questo iter è ritenuta idonea per l’industria del vetro ed è quindi disponibile per altri processi.
Dalla ricerca di Material Connexion (it.materialconnexion.com), il più importante network internazionale di consulenza su materiali e processi produttivi innovativi e sostenibili, con sedi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia, alcune proposte realizzate con materie riciclate.
Tratto da Cose di Casa cartaceo