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L’imposta sui consumi. Origine e disciplina: L’Iva, considerata la più importante forma di contribuzione indiretta nel nostro sistema fiscale, è l’imposta sul valore aggiunto, che assoggetta a tassazione il consumo di beni e servizi; in altre parole, è l’imposta sui consumi per eccellenza. La disciplina in materia la ritroviamo nel Testo Unico, il Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 che all’articolo 1, intitolato “Operazioni imponibili”, recita testualmente: “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.
Soggetti passivi Iva sono coloro che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi, le operazioni imponibili Iva per ciascuna delle quali deve essere emessa una fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili.
Previste tre percentuali:
- l’aliquota Iva al 4%,
- l’aliquota Iva agevolata al 10%
- quella ordinaria al 22%.
Quest’ultima fino al 2011 era al 20%, poi è passata al 21% a partire dal 17 settembre 2011, con l’entrata in vigore della Legge n. 148/2011 di conversione del D.L. 13 agosto 2011 n.138. In seguito, dal 1° ottobre 2013, per effetto del decreto legge n. 98 del 2011, modificato dal D.L. 76 del 2013, è scattato un aumento di un altro punto percentuale, che ha portato l’Iva ordinaria al 22%.
In caso di acquisto
Nel settore immobiliare, l’applicazione dell’Iva avviene in modo differente, secondo la tipologia di abitazione: prima casa, seconda oppure immobile di pregio.
Prima casa
Il legislatore ha previsto dei benefici fiscali per chi acquista un immobile come prima casa e lo adibisce ad abitazione principale. Le agevolazioni consistono nella rimodulazione delle imposte da pagare, tra cui l’Iva, che in caso di acquisto della prima casa è fissata al 4% ma solo se si acquista da un’impresa con vendita soggetta a Iva (nel caso di acquisto dell’immobile da un privato o da un’impresa con vendita esente da Iva, l’imposta sul valore aggiunto non si paga).
Per usufruire dell’agevolazione devono però essere rispettati due importanti requisiti:
- l’immobile non deve qualificarsi come abitazione di lusso, non deve quindi rientrare nelle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in villa) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico o storico);
- l’immobile deve essere adibito a prima casa.
Inoltre l’immobile deve essere ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca, entro 18 mesi dall’acquisto, la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è situato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto. Ai fini della corretta valutazione del requisito della residenza, il cambio di residenza si considera avvenuto nella data in cui l’interessato rende al Comune la dichiarazione di trasferimento.
Seconda casa
Per l’acquisto di un immobile che non è una prima casa, quindi adibito ad un uso abitativo diverso da quello di abitazione principale, viene applicata l’aliquota Iva del 10%. Anche in questo caso devono essere rispettati specifici requisiti, e cioè:
- l’immobile non deve essere di lusso;
- non deve essere adibito ad abitazione principale.
Immobili di lusso
Per tutte le abitazioni che rientrano in questa categoria, viene sempre applicata l’Iva ordinaria al 22% e ciò indipendentemente dal fatto che si tratti di una prima casa oppure no.
Qual è la differenza tra prima casa e abitazione principale?
Seppur molto simili, non sempre coincidono. Per prima casa si intende la prima abitazione sul suolo italiano di cui si viene in possesso, indipendentemente dal fatto che vi si abiti oppure no. Abitazione principale è invece l’immobile dove si risiede e si dimora abitualmente e per la quale si ha diritto a una serie di agevolazioni fiscali. È bene ricordare che chi effettua cambi di residenza è soggetto alla visita dei vigili urbani, che svolgono i dovuti accertamenti sull’effettivo cambio, controllando così la presenza nell’immobile di arredi, allacciamenti ai servizi di fornitura elettrica e acqua, eccetera. In assenza del proprietario, si rivolgono alla portineria del condominio o ai vicini per verificare l’effettiva occupazione dell’immobile.
Ristrutturazione
Due le aliquote previste: quella del 10%, applicata sugli interventi edilizi, e quella ordinaria del 22%, sulle parcelle dei professionisti.
Le opere
L’Iva del 10% per gli interventi di ristrutturazione edilizia è prevista per le opere effettuate sugli immobili residenziali adibiti a prima casa e non. Questa aliquota non trova però applicazione nel caso di interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria per:
- materiali o beni forniti da un soggetto diverso da quello che esegue i lavori;
- materiali o beni acquistati direttamente dal committente;
- prestazioni di servizi rese in esecuzione di subappalti alla ditta esecutrice dei lavori.
La richiesta di applicazione dell’aliquota ridotta deve essere indirizzata all’impresa che esegue i lavori e/o fornisce i materiali.
Onorari dei professionisti
Si applica invece l’aliquota Iva ordinaria sulle parcelle dei professionisti coinvolti nei lavori (direttore dei lavori, geometra, architetto, tecnico che redige l’attestato di prestazione energetica ecc.). Va ricordato che la nuova aliquota del 22% deve essere riportata su tutte le fatture professionali datate dopo il 1° ottobre 2013.
Bagno, condizionatori & C
Per la cessione di beni di valore significativo quali ascensori e montacarichi, infissi esterni e interni, condizionatori, sanitari e rubinetterie da bagno, si applica l’aliquota Iva al 10%, ma solo fino a concorrenza del valore della prestazione da considerare al netto del valore dei beni significativi.
Esempio pratico
Si pensi ai lavori di manutenzione straordinaria di un bagno, per cui si spendono 10.000 euro, di cui 6.000 per l’acquisto di bagno e sanitari (i beni di valore significativo) e 4mila euro per il lavoro di manutenzione. L’Iva al 10% si applicherà su 4mila euro, ossia la differenza tra 10.000 (valore prestazione) e 6.000 (valore beni significativi). Sui restanti 2mila euro, che concorrono a formare i 6mila euro di beni significativi, trova invece applicazione l’Iva al 22%.