Mostra LA STORIA DIETRO LE IMMAGINI. Foto del campo di Mauthausen - Milano
A cura di Manuela Vaccarone
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Per segnalare una mostra scrivere a eventi@cosedicasa.com
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Milano
In occasione dell’ottantesimo anniversario dalla liberazione dei campi di concentramento gli spazi di Casa della Memoria presentano la mostra che riunisce un’ampia documentazione fotografica del campo di concentramento di Mauthausen e dei suoi campi satellite.
Quasi 200mila donne e uomini di oltre 50 nazionalità diverse furono deportati dai nazisti nel campo di Mauthausen, che fu aperto nel 1938 e fu l’ultimo a essere liberato, il 5 maggio 1945. Oltre 90mila vi trovarono la morte dopo inenarrabili tormenti. Di questi, oltre 4.500 erano italiani, la gran parte di loro deportati politici.
Le immagini in mostra sono espressione di tre punti di vista diversi: fino alla liberazione del campo quello delle SS, mentre dal 5 maggio 1945 in poi lo sguardo è quello dei liberatori americani e degli ex-prigionieri.
Le numerose fotografie realizzate dalle SS, che avevano allestito un laboratorio specifico all’interno del campo, furono in parte distrutte per eliminare eventuali prove compromettenti.
Tuttavia, molti negativi si sono conservati grazie all’azione eroica di un gruppo di prigionieri spagnoli che, a rischio della propria vita, si impegnarono con l’obiettivo di rivelare al mondo ciò che accadeva nei lager.
Le fotografie scattate dalle SS avevano diverse finalità. Alcune documentavano la gestione del campo e le attività quotidiane delle guardie, mentre altre erano chiaramente orientate alla propaganda.
In queste immagini non viene mai rappresentata la violenza brutale né le condizioni disumane imposte ai prigionieri, bensì si mostra un’efficiente struttura economica basata su disciplina e organizzazione.
Completamente opposto è ciò che osserviamo nelle foto realizzate dall’esercito americano al momento della liberazione e nelle settimane successive.
A Mauthausen, Gusen e Ebensee i fotografi dell’US Signal Corps (il Servizio d'informazione americano) tentarono di esprimere attraverso le immagini lo shock provato in quei giorni. In tutti i campi si ripeterono le medesime visioni dell’orrore che accompagnarono la scoperta dei campi.
Vi è poi il punto di vista degli ex prigionieri. Nei giorni successivi alla liberazione, soprattutto il gruppo di spagnoli che salvarono dalla distruzione i negativi trafugati alle SS, e in primis Francisco Boix, utilizzò le macchine fotografiche abbandonate dalle SS per realizzare numerose foto. I loro scatti mostrano la progressiva riconquista da parte dei sopravvissuti delle proprie identità individuali e collettive.
L’integrazione delle tre prospettive offre un quadro articolato che consente di comprendere la complessità dell'universo concentrazionario e le difficoltà vissute dai sopravvissuti nel reinserirsi nella vita civile, mettendo in luce, al contempo, l’importanza di un approccio critico nell’analisi del racconto fotografico di un evento storico.
Quasi 200mila donne e uomini di oltre 50 nazionalità diverse furono deportati dai nazisti nel campo di Mauthausen, che fu aperto nel 1938 e fu l’ultimo a essere liberato, il 5 maggio 1945. Oltre 90mila vi trovarono la morte dopo inenarrabili tormenti. Di questi, oltre 4.500 erano italiani, la gran parte di loro deportati politici.
Le immagini in mostra sono espressione di tre punti di vista diversi: fino alla liberazione del campo quello delle SS, mentre dal 5 maggio 1945 in poi lo sguardo è quello dei liberatori americani e degli ex-prigionieri.
Le numerose fotografie realizzate dalle SS, che avevano allestito un laboratorio specifico all’interno del campo, furono in parte distrutte per eliminare eventuali prove compromettenti.
Tuttavia, molti negativi si sono conservati grazie all’azione eroica di un gruppo di prigionieri spagnoli che, a rischio della propria vita, si impegnarono con l’obiettivo di rivelare al mondo ciò che accadeva nei lager.
Le fotografie scattate dalle SS avevano diverse finalità. Alcune documentavano la gestione del campo e le attività quotidiane delle guardie, mentre altre erano chiaramente orientate alla propaganda.
In queste immagini non viene mai rappresentata la violenza brutale né le condizioni disumane imposte ai prigionieri, bensì si mostra un’efficiente struttura economica basata su disciplina e organizzazione.
Completamente opposto è ciò che osserviamo nelle foto realizzate dall’esercito americano al momento della liberazione e nelle settimane successive.
A Mauthausen, Gusen e Ebensee i fotografi dell’US Signal Corps (il Servizio d'informazione americano) tentarono di esprimere attraverso le immagini lo shock provato in quei giorni. In tutti i campi si ripeterono le medesime visioni dell’orrore che accompagnarono la scoperta dei campi.
Vi è poi il punto di vista degli ex prigionieri. Nei giorni successivi alla liberazione, soprattutto il gruppo di spagnoli che salvarono dalla distruzione i negativi trafugati alle SS, e in primis Francisco Boix, utilizzò le macchine fotografiche abbandonate dalle SS per realizzare numerose foto. I loro scatti mostrano la progressiva riconquista da parte dei sopravvissuti delle proprie identità individuali e collettive.
L’integrazione delle tre prospettive offre un quadro articolato che consente di comprendere la complessità dell'universo concentrazionario e le difficoltà vissute dai sopravvissuti nel reinserirsi nella vita civile, mettendo in luce, al contempo, l’importanza di un approccio critico nell’analisi del racconto fotografico di un evento storico.
Regione: Lombardia
Luogo: Casa della Memoria, via Federico Confalonieri 14
Telefono: 02/88444102
Orari di apertura: 10,30-18. Lunedì chiuso
Costo: Ingresso libero
Dove acquistare: Ingresso libero
Sito web: www.casadellamemoria.it/
Organizzatore: Museo-Memoriale di Mauthausen e ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi Nazisti)