Mostra L’invisibile si fa danza. Fotografie di Fabio Massimo Fioravanti - L’Aquila
A cura di Manuela Vaccarone
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Per segnalare una mostra scrivere a eventi@cosedicasa.com
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L’Aquila (L'Aquila)
Presso la sede della Fondazione de Marchis, al primo piano di Palazzo Cappa Cappelli, la Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d'Ocre ospita la mostra dedicata a Fabio Massimo Fioravanti.
In mostra quaranta fotografie, realizzate negli anni 2016/2023 in Italia e in Giappone, di danzatori butō diversi per stile, generazione di appartenenza e nazionalità: dal leggendario Akira Kasai, considerato uno dei tre storici fondatori del butō (insieme a Tatsumi Hijikata e Kazuo Ohno) a Kan Katsura, da Ima Tenko a Atsouchi Tachenouchi, da Masami Yurabe a Fukurozaka Yasuo, da Reiji Kasai fino ai giovani Ken Iv, Cao Yuan e Du Yufang, insieme ad altri. Prevalentemente di nazionalità giapponese, ci sono anche butoka italiani, francesi, americani e filippini.
La mostra è accompagnata dalla proiezione di un video di performance storiche del butō realizzato da Maria Pia D’Orazi (storica della danza butō e giornalista) con alcuni rari filmati degli inizi di questa arte (1950-1970).
Completano la mostra l’esposizione di documenti - inerenti al butō - dell’archivio di Giorgio De Marchis relativi al suo soggiorno a Tokyo come Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, e di alcuni rari libri fotografici sul butō come Kamaitachi di Heiko Hosoe, Dance Happening di William Klein o Min Tanaka di Eishu Kimu.
La mostra intende anche approfondire il rapporto tra visibile e invisibile, i confini tra ciò che è visibile, ciò che non è visibile e ciò che a volte crediamo, o pensiamo di vedere.
Fin dagli inizi la fotografia è stata profondamente affascinata dalla danza butō perché quest’arte porta il linguaggio fotografico ai suoi limiti estremi, interrogando la fotografia nella sua essenza più vera: che cosa è il vedere? Cosa vediamo realmente? Cosa crediamo di vedere?
Un’arte anti-spettacolare, non rappresentativa, a volte quasi “invedibile” (spesso si svolge del tutto al buio) interroga la fotografia (scrittura con la luce) nel suo profondo. Ecco perchè alcuni grandi fotografi sono stati attratti dal butō e lo hanno fotografato, come Heiko Hosoe o William Klein, producendo capolavori della storia della fotografia.
Didascalia della foto sotto:
Chiara Clara Burgio
In mostra quaranta fotografie, realizzate negli anni 2016/2023 in Italia e in Giappone, di danzatori butō diversi per stile, generazione di appartenenza e nazionalità: dal leggendario Akira Kasai, considerato uno dei tre storici fondatori del butō (insieme a Tatsumi Hijikata e Kazuo Ohno) a Kan Katsura, da Ima Tenko a Atsouchi Tachenouchi, da Masami Yurabe a Fukurozaka Yasuo, da Reiji Kasai fino ai giovani Ken Iv, Cao Yuan e Du Yufang, insieme ad altri. Prevalentemente di nazionalità giapponese, ci sono anche butoka italiani, francesi, americani e filippini.
La mostra è accompagnata dalla proiezione di un video di performance storiche del butō realizzato da Maria Pia D’Orazi (storica della danza butō e giornalista) con alcuni rari filmati degli inizi di questa arte (1950-1970).
Completano la mostra l’esposizione di documenti - inerenti al butō - dell’archivio di Giorgio De Marchis relativi al suo soggiorno a Tokyo come Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, e di alcuni rari libri fotografici sul butō come Kamaitachi di Heiko Hosoe, Dance Happening di William Klein o Min Tanaka di Eishu Kimu.
La mostra intende anche approfondire il rapporto tra visibile e invisibile, i confini tra ciò che è visibile, ciò che non è visibile e ciò che a volte crediamo, o pensiamo di vedere.
Fin dagli inizi la fotografia è stata profondamente affascinata dalla danza butō perché quest’arte porta il linguaggio fotografico ai suoi limiti estremi, interrogando la fotografia nella sua essenza più vera: che cosa è il vedere? Cosa vediamo realmente? Cosa crediamo di vedere?
Un’arte anti-spettacolare, non rappresentativa, a volte quasi “invedibile” (spesso si svolge del tutto al buio) interroga la fotografia (scrittura con la luce) nel suo profondo. Ecco perchè alcuni grandi fotografi sono stati attratti dal butō e lo hanno fotografato, come Heiko Hosoe o William Klein, producendo capolavori della storia della fotografia.
Didascalia della foto sotto:
Chiara Clara Burgio
Regione: Abruzzo
Luogo: Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre - Palazzo Cappa Cappelli, corso Vittorio Emanuele II, 23
Telefono: 349/8832591
Orari di apertura: 11-13; 16-19 martedì e giovedì; 16-19 venerdì e sabato; 11-13; 16-19 domenica
Costo: Ingresso libero
Dove acquistare: Ingresso libero
Sito web: www.fondazionedemarchis.it
Organizzatore: Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre