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Negli ultimi decenni studi e sperimentazioni sull’uso delle alghe come risorsa energetica rinnovabile, 100% vegetale, hanno fatto grandi progressi. Ci sono specie (in particolare di micro-alghe) adatte a coltivazioni in ambiente acquatico protetto: immagazzinano così anidride carbonica attraverso la fotosintesi clorofilliana e crescono producendo carboidrati e grassi da cui si possono ricavare oli per biocarburanti e biocombustibili.
Il futuro sembra riservare a queste tecnologie prospettive interessanti. In Cina, India, USA, Israele, Olanda e Germania, produzione e ricerca sono più avanzate; anche l’Italia sta investendo in progetti incentrati sulle alghe per incentivare la transizione energetica, cioè lo sviluppo di risorse sostenibili secondo i principi dell’economia circolare.
Che cosa sono le alghe
Si tratta di organismi vegetali, pluricellulari o unicellulari (microalghe), che proliferano nell’acqua o in ambienti umidi. Si sviluppano, come le piante, grazie alla fotosintesi clorofilliana, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno.
Più di 50.000 sono le specie di microalghe conosciute. La loro resa per la produzione di energia è più vantaggiosa rispetto a quella delle macroalghe (tipo alghe marine). Alcune microalghe hanno un ciclo di crescita di soli 15-21 giorni. Il contenuto lipidico, che influisce sulla resa energetica, varia dal 20% al 90% secondo la specie.
Si calcola che le biomasse dalle alghe abbiano potenzialità energetiche molto elevate: possono arrivare a produrre ogni anno 19.000 litri di biocarburante per ogni acro coltivato (fonte Eni).
Tutti i vantaggi delle alghe
Le alghe presentano svariati vantaggi: proliferano a latitudini e in climi diversi; nel ciclo vitale rilasciano ossigeno, come qualsiasi pianta; hanno una crescita rapida e permettono quindi di effettuare molti “raccolti” ogni anno; l’energia prodotta dalla biomassa delle alghe è maggiore di quella che può derivare da altri vegetali ed è impiegabile in sinergia con altre fonti rinnovabili. La coltivazione di microalghe – in acqua salata o dolce, a seconda delle specie – può avvenire in vasche aperte non contaminate da agenti esterni ed esposte alla luce del sole; o in impianti chiusi illuminati artificialmente a led. Queste tecnologie rappresentano in ogni caso una sfida per i prossimi anni; un ulteriore step del processo di decarbonizzazione che, seguendo tappe prestabilite, porterà l’Ue e il resto del mondo a scegliere alternative, efficaci e non inquinanti, ai combustibili fossili.
Che cosa è il vertical farming
Un altro punto a favore delle alghe è la possibilità di produrle in spazi contenuti, anche in condizioni climatiche sfavorevoli all’agricoltura tradizionale, e con un ridottissimo consumo di suolo. Alcune specie, come l’alga spirulina, rappresentano uno dei prodotti più idonei da mettere a dimora nelle vertical farm in quanto crescono nell’acqua senza bisogno di terriccio. Di che cosa si tratta?
Il vertical farming è un innovativo sistema di coltivazione effettuato in serre che si sviluppano in altezza anziché in estensione, occupando i diversi piani di grattacieli ed edifici; potrà essere in futuro una risposta ai nuovi bisogni alimentari e ambientali dell’umanità.
Applicazione delle alghe in campo alimentare
Dalle alghe si possono ricavare anche prodotti per l’alimentazione umana e animale, concimi per l’agricoltura, cosmetici, medicinali e creme. Le specie commestibili sono numerose (tra le più note, arame, Hijiki, Kombu, Wakame, Nori…): ingredienti fondamentali della cucina giapponese, sono ormai apprezzate anche in Occidente, per esempio come contorno vegetale. Ricche di sali minerali e vitamine, poco caloriche, hanno anche proprietà antiossidanti. L’alga spirulina, disintossicante e depurante, viene utilizzata per bevande e integratori alimentari.
Alghe, impianti pilota: l’esperienza in Italia
Si chiama bio-fissazione, la tecnologia industriale che intensifica la naturale fotosintesi clorofilliana per consentire alle alghe, coltivate in impianti controllati, di immagazzinare anidride carbonica a ritmi più efficienti senza disperderla nell’atmosfera; sottoposte a tale processo, le fibre vegetali si arricchiscono di sostanze organiche come proteine, carboidrati e lipidi. Al termine dello sviluppo, dalla “biomassa algale” viene ricavata la farina algale e da questa l’olio che, lavorato nelle bioraffinerie, può essere impiegato come componente – in percentuali variabili – di biocombustibili e biocarburanti. In Italia, Eni (www.eni.com), dopo una sperimentazione effettuata nella sede di Ragusa, ha realizzato a Novara un impianto pilota presso il centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente.
Le alghe sono prodotte all’interno di 4 bioreattori, dotati di pannelli idraulici ad acqua salata e illuminati da pannelli a led che producono una luce uniforme tale da favorire la bio-fissazione, e quindi la crescita. La modulazione ottimale della luce è controllata elettronicamente da un computer centrale.
Si ringrazia per la collaborazione Eni (www.eni.com)