Case milanesi 1923-1973: storie di architettura e non solo

In occasione della mostra a Villa Necchi Campiglio a Milano, visitabile fino al 6 gennaio, è uscito un volume che è molto più di un catalogo: le case milanesi progettate dai grandi architetti prendono forma e vita, descritte in dettaglio e illustrate con foto, piante e prospetti.

Silvia Scognamiglio
A cura di Silvia Scognamiglio
Pubblicato il 24/12/2018Aggiornato il 24/12/2018
Case milanesi 1923-1973: storie di architettura e non solo

Spesso poco appariscenti eppure così familiari, sono parte integrante del paesaggio urbano della città: le case milanesi d’autore per i cittadini fanno parte della quotidianità; per i turisti italiani e internazionali che scelgono Milano come meta rappresentano una sorpresa seminascosta, incastonata tra monumenti storici ed edifici più recenti. Si concluderà il 6 gennaio la mostra “Case Milanesi 1923-1973”, a Villa Necchi Campiglio (in pieno centro, via Mozart 14): ultimi giorni quindi per visitarla; e anche per sfogliare o acquistare il volume – davvero di quelli da non perdere – che accompagna attraverso i progetti architettonici, presentando in realtà molte più case milanesi di quelle che ci sono in esposizione. Il libro, tutto da leggere e anche da guardare e da studiare, è curato dagli architetti Orsina Simona Pierini e Alessandro Isastia ed edito da Hoepli.

In mezzo alle case milanesi progettate da Muzio, Fiocchi, De Finetti, Gio Ponti, Bottoni, Terragni, Asnago, Gardella, Caccia Dominioni e tanti altri nomi celebri – come spiegano nell’introduzione i due autori – molti milanesi ci sono cresciuti. “Le abbiamo osservate, dapprima distrattamente quando andavamo a scuola poi con sempre maggiore consapevolezza, negli anni dell’università e del lavoro”. Le case milanesi – dalla Ca’ Brutta di Muzio all’angolo di via Turati costruita nei primi anni ’20 all’edificio realizzato da Magistretti in piazza S.Marco (1969) –  fanno parte del patrimonio della collettività, ma anche di un tessuto e un contesto urbano al quale sono legate a doppio filo. Nelle loro differenze d’impianto, di estetica e di destinazione d’uso, sono sempre complementari al contesto, si integrano nella modernità di una città che ha acquistato la sua fisionomia attuale tra il ‘600 e il ‘700. Che siano nate come ville prestigiose nel centro storico o come immobili di edilizia economica e popolare dei quartieri più periferici, non sempre le case milanesi si distinguono per la loro “bellezza”, quanto piuttosto per un interesse a più livelli che coinvolge tanto gli architetti quanto i curiosi che amano addentrarsi nelle pieghe nascoste della strade cittadine per ricostruirne una storia meno nota di quella riportata sulle guide ufficiali. Il volume prende in esame attraverso schede dettagliate ciascuna delle case milanesi: la ricerca presenta per ogni edificio un collage di testi, planimetrie, prospetti e disegni 3D che permettono al lettore letteralmente di entrare nei interni delle abitazioni oltre che di osservarle dall’esterno con occhi più attenti e consapevoli.

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Case milanesi, BBPR, Torre Velasca, 1950-58

In un saggio di presentazione pubblicato nelle prime pagine del corposo volume dedicato alle case milanesi, l’architetto Cino Zucchi – il cui lavoro è così strettamente legato alla città di Milano – scrive che queste hanno “una bellezza reticente, talvolta nascosta nelle fodere degli atri e dei cortili“. Così, chi viene da fuori e le vede per la prima volta, si mostra più sensibile di chi le incrocia con lo sguardo tutti i giorni.
L’utilizzo dei materiali e il loro accostamento, la composizione delle facciate e la disposizione delle aperture, il rapporto imprescindibile con lo spazio esterno sono tutti elementi che, amalgamati tra loro, fanno di tante case milanesi dei veri e propri monumenti, trasportandole dalla dimensione individuale di chi le abita a quella più ampia
 di tutta la città.

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Case milanesi, Vito e Gustavo Latis, condominio di via Turati 7 (1953-55)

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Case milanesi, Magistretti e Longoni, Torre al parco (1953-56)

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