Protagonista poliedrico della storia dell’architettura italiana e più in generale del progetto del Novecento, Gio Ponti – architetto, designer, art director, scrittore, critico – viene ricordato (se ce ne fosse bisogno) a quarant’anni dalla sua scomparsa con una grande mostra monografica al MAXXI di Roma. Un percorso immersivo e scenografico che si snoda attraverso otto sezioni intitolate a concetti chiave del lavoro dello stesso progettista, attivo dagli anni Venti fino agli anni Settanta: Verso la casa esatta, Abitare la natura, Classicismi, Architettura della superficie, L’architettura è un cristallo, Facciate leggere, Apparizioni di grattacieli, Lo spettacolo delle città.
Titoli evocativi, che riassumono una ricerca estetica, formale, cromatica assolutamente originale («né classica né moderna» secondo il direttore del museo Margherita Guccione), impressa nell’immaginario del nostro Paese, ma non solo, grazie ad alcune opere a differente scala – dal cucchiaio alla città, come auspicava Ernesto Nathan Rogers negli anni Cinquanta – diventate simbolo di un’epoca e di un modo di concepire il progetto. Il grattacielo Pirelli e la chiesa di San Francesco al Fopponino a Milano, gli interni dell’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, le maniglie Lama per Olivari, i lavabi per Ideal Standard, le piastrelle ceramiche per Francesco De Maio e Marazzi sono solo alcuni mirabili esempi delle capacità creative di Ponti, in grado di affrontare e gestire progetti ambiziosi o piccoli oggetti quotidiani con la stessa sapienza. E la medesima cura dei dettagli.
Oggi che i suoi pezzi sono ambiti dai collezionisti di tutto il mondo e le sue architetture continuano ad essere studiate da quelli che saranno i progettisti di domani, Ponti rimane una figura di spicco anche per la capacità di condurre e valorizzare professioni – la sua e quella dei tanti artigiani e produttori chiamati a collaborare – che è andata forse perduta per sempre. La raccolta di materiali d’archivio, modelli, disegni, fotografie, libri, riviste ed oggetti in mostra ne fanno intuire la potenza, evidenziando il trait d’union del suo intero lavoro, ovvero l’amore e la passione. Non per nulla lo stesso Ponti apre il suo libro più famoso, “Amate l’architettura”, con la medesima esortazione nei confronti di questa disciplina, da lui vissuta e vagliata sotto ogni aspetto per tutta la vita: «Amate l’architettura, la antica, la moderna. Amate l’architettura per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato – ha inventato – con le sue forme astratte, allusive e figurative che incantano il nostro spirito e rapiscono il nostro pensiero, scenario e soccorso della nostra vita».