Le foreste, oltre a produrre l’ossigeno che respiriamo nell’aria e a essere già per questo fondamentali per la nostra esistenza, hanno anche da insegnarci – attraverso le loro storie più estreme – qualcosa di molto meno noto e scontato. Proprio al racconto di queste storie ed esperienze, vissute in prima persona, è dedicato il saggio “La resilienza del bosco” (ed. Strade Blu Mondadori), scritto da Giorgio Vacchiano, giovane ricercatore milanese di pianificazione e gestione forestale che affronta il tema da più punti di vista, con la passione e competenza di chi ha messo lo studio delle foreste al centro della propria vita.
Foreste in evoluzione
Tutto parte da una parola, resilienza. In riferimento agli esseri umani, questa è la capacità di un individuo o di una collettività di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di crisi (come quello che stiamo attraversando ora, chiusi in casa per l’emergenza Coronavirus, in attesa di speranze e nuove certezze), adattandosi alle circostanze sopravvenute senza soccombere. E se la stessa resilienza fosse un concetto applicabile anche al mondo vegetale, in particolare alle foreste e al loro habitat? L’autore del libro ha fatto viaggi di esplorazione in tutto il mondo, dall’Italia del Trentino Alto-Adige, del Piemonte e della Val D’Aosta alle più sperdute foreste degli Stati Uniti, del Canada e della Patagonia. “Gli alberi sono organismi viventi che si evolvono, si riproducono e si adattano”: l’attenzione delle ricerche si è focalizzata di volta in volta sulle strategie messe in atto dalle foreste – dagli alberi d’alto fusto agli arbusti del sottobosco – per sopravvivere, trasformandosi e cambiando rotta in seguito a eventi traumatici: alluvioni, tempeste di vento, incendi, cambiamenti climatici dovuti anche alle attività umane hanno comportato modifiche significative e repentine dell’ecosistema. Un tratto che accomuna le diverse storie di foreste è quindi l’inaspettata capacità che dimostrano – dati degli studiosi alla mano – di trovare e sfruttare nuove risorse nonostante le difficoltà ambientali. Un’intelligenza e un’astuzia si nascondono nella natura, quindi, che ha molto da insegnare anche agli umani che ne fanno parte.
Cambiano gli scenari in tempi brevi
Quando un evento esterno si abbatte sulle foreste, il meccanismo di reazione è spesso così rapido da sorprendere, persino nel caso di terribili catastrofi. La tempesta Vaia nell’ottobre 2018 ha provocato nubifragi e venti anomali che hanno sradicato e distrutto un’enorme quantità di ettari di foreste in Trentino Alto-Adige. Anche nel caso di un disastro di tali proporzioni però, la ripresa della natura non si fa attendere troppo a lungo. Se nessuno potrà ridare vita a foreste secolari, la tendenza della natura è tuttavia quella di mettere in pratica la resilienza, anche facendo largo a nuove specie che sono in grado di adattarsi meglio alla mutata situazione, per esempio a temperature, composizione e caratteristiche del terreno, condizioni di umidità diverse rispetto a prima. Talvolta persino gli incendi possono condurre alla creazione di nuovi equilibri in un ecosistema, e in ogni caso anche dopo il più devastante degli incendi ci sarà una nuova rinascita.
Il saggio “La resilienza del bosco” contiene un invito per gli esseri umani a imitare quest’immensa capacità rigenerativa della natura, a studiare e sperimentare (per il proprio bene e sopravvivenza) modalità di vita sostenibili in armonia con essa.
Il taglio delle foreste, sul quale di basa in ampia misura l’economia di molte zone d’Italia e del mondo, non è negativo di per sé, anzi. Può essere addirittura vantaggioso, e non soltanto per ricavare legno e altre risorse. Le foreste sostenibili e certificate, curate e periodicamente tagliate, vivono più a lungo e meglio; sono meno soggette a incendi spontanei dovuti alla crescita incontrollata del sottobosco.
Per agire con consapevolezza, a ogni livello, l’importante è sempre studiare a fondo, indagare, confrontare i dati a disposizione, conoscere le storie dei luoghi e delle specie vegetali che li popolano.