L’Ikea Life at Home Report 2020, giunto alla settima edizione, riporta gli stravolgimenti – fisici e comportamentali – che hanno coinvolto persone e case in questo anno denso di accadimenti sociosanitari mai provati prima dalla civiltà contemporanea. Se infatti nell’indagine precedente, di due anni fa, un italiano su quattro trovava il proprio “senso di casa” addirittura fuori dalle mura domestiche, ora non è più così. Per oltre l’80% dei nostri connazionali l’abitazione è da considerare un “santuario”, in cui sentirsi sicuri e protetti. Un concetto da vivere però “non con circospezione” secondo lo psicologo Luca Mazzucchelli, che con Luca Battistelli e Edoardo Posani di Ikea Italia e Carlo Ratti, direttore del SENSEable City Lab del MIT Massachusetts Institute of Technology di Boston, ha commentato i risultati della ricerca in un dibattito online moderato dalla giornalista Marianna Aprile. “Perché la casa è importante, ha spiegato ancora Mazzucchelli, come specchio della nostra identità, come luogo di sicurezza e di stabilità, ma non bisogna rinchiudervisi dentro, gettando le chiavi fuori.”
Condotto per la prima volta in tre diversi momenti dell’anno (durante il primo lockdown, nel periodo successivo e ancora dopo con una apertura verso il futuro) per leggere al meglio le mutazioni, l’Ikea Life at Home Report 2020 rivela come tempo e spazio domestici siano sempre più fluidi. Funzioni ed emozioni si mescolano spesso senza soluzione di continuità, accogliendo abitudini prima inusuali. Così ad esempio il lavoro e la ricerca della natura come fonte di benessere sono entrati nelle nostre case. E le stanze tradizionali sono state costrette ad ampliarsi alle novità, includendo esigenze mai contemplate. “Anche io ho ripensato ai miei spazi, racconta Luca Battistelli, cercando un mobile giusto per nascondere il computer quando non è acceso, sostituendo una sedia da lavoro scomoda e aggiungendo tante piante.
In questo ultimo periodo poi, gli italiani hanno riscoperto l’utilità dell’ingresso, andato negli anni scomparendo fino ad annullarsi nel soggiorno. Ora è un luogo ‘sotto stress’, dove ci si cambia, ci si disinfetta, si tolgono le scarpe… Una zona di decontaminazione su cui si dovrà tornare a riflettere, per proporre soluzioni alla portata di tutti.”
Tre gli scenari che la ricerca individua per il futuro delle nostre case: Multipurpose home, Healthy home, Local Home. La prima è una abitazione multifunzionale e fluida, in cui le stanze non saranno più fisicamente separate ma definite dalle relazioni e dalle azioni che vi si sviluppano. La Healthy home è invece un luogo pronto a ristorarci nel fisico e nella mente, soddisfacendo bisogni materiali e desideri spirituali. Esterno e interno si integrano, per dare priorità alla luce naturale e al verde. “Un tema, secondo Carlo Ratti, già rilevante a scala urbana, che tuttavia si ripercuote sempre più spesso anche nella sfera domestica. Quella sorta di contaminazione tra città e campagna, che si sta trasformando sempre più da dicotomia in convergenza, a scala minore diventa una sfida interessante.”
Local home è poi lo spazio della semplificazione delle attività quotidiane, nel segno dell’inclusione e della salvaguardia delle persone più fragili. Una casa protettiva come un guscio e nel contempo aperta alla comunità esterna, per integrare servizi e reti. Ma anche, in un futuro si spera non troppo lontano, relazioni. Il nostro paese, rispetto ai dati internazionali (raccolti in 37 paesi su oltre 38.000 intervistati), rivela infatti un modo più vissuto ed emozionale di affrontare le trasformazioni in atto. “Se nel resto del mondo, rivela Edoardo Posani, il 22% delle persone coinvolte nell’indagine conferma che i legami in modalità virtuale resteranno invariati anche dopo la pandemia, in Italia solo il 9% è pronto a ciò.”