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Architetture “responsabili” perché in grado di resistere alle sollecitazioni continue imposte dal cambiamento climatico o capaci stimolare azioni per la creazione di valore su un territorio, di promuovere il rilancio di attività economiche o di rappresentare il fulcro della rinascita di una comunità. Non più, quindi, sostenibili solo perché belle da vedere, integrate con l’ambiente circostante, in linea con lo stile e i materiali della tradizione locale o edificate secondo gli standard per il risparmio energetico. È questo l’obiettivo raggiunto da Habit.A, progetto transfrontaliero, inserito nel programma di cooperazione Interreg V/A Francia Italia Alcotra. Capofila è l’Ordine degli Architetti della Provincia di Cuneo. Cinque anni di lavoro che sono ora arrivati al traguardo e che sono partiti da un lungo lavoro di mappatura dell’esistente, perché proprio l’osservazione dei contesti e delle dinamiche locali con cui il territorio si è trasformato sono state la base di partenza per ragionare sulle buone pratiche costruttive per le Alpi.
In particolare, su 80 immobili, una giuria di esperti ne ha individuati 10 fra Italia e Francia da sondare come portatori di elementi di innovazione e qualità.
Due webinar, che si terranno il 27 novembre (validi per i crediti formativi degli architetti) serviranno a fare il punto sul tema. Il progetto si concluderà con la conferenza finale il 2 dicembre.
I macro-risultati sull’architettura alpina
Con Habit.A cambia la prospettiva con cui si guarda all’architettura alpina. Un edificio per essere considerato sostenibile deve essere guardato da punti di vista differenti e questo sguardo deve avvenire in un unico momento, non in fase separate della vita di un manufatto. I temi stilistici, così come quelli energetici e la loro misurazione, devono dialogare con le normative che regolano la qualità delle architetture e il loro inserimento nel paesaggio così come con valutazioni di carattere più prettamente economico e sociale. Una ristrutturazione o una nuova edificazione assume valore se produce ricadute tangibili. Infine, diventa responsabilità dell’architettura anche la capacità di resistere ai cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità e a fenomeni come l’ultimo evento calamitoso sulle Alpi Marittime, che da poche settimane ha messo in luce la fragilità del territorio rurale italiano.
Protocollo Itaca
Per consentire nel futuro maggiore coerenza nelle costruzioni una delle azioni di Habit.A è stata anche quella di incidere sul Protocollo Itaca, strumento di valutazione del livello di sostenibilità energetica e ambientale degli edifici, di controllo e indirizzo per la pubblica amministrazione, arricchendolo di due nuove schede di indirizzo. «Grazie a questo progetto, nuovi indicatori, legati alla compatibilità con il contesto ambientale, architettonico e culturale e alla capacità di interagire con il territorio, si aggiungono ai modelli di valutazione del costruito esistenti – spiega l’architetto Claudio Bonicco, Presidente dell’Ordine degli Architetti PP e C della Provincia di Cuneo –. È un passaggio importante che amplia in concetto di sostenibilità».
Le architetture e il lavoro di documentazione di Urban Reports
Il “laboratorio” di Habit.A è stato il territorio montano, pedemontano e rurale delle Alpi, a cavallo tra Italia e Francia, fra cuneese e Dipartimenti delle Hautes Alpes e delle Alpes de Haute Provence. Qui, per la definizione dei nuovi parametri è stata fatta una mappatura di 80 architetture, fra le quali ne sono state selezionate 10, ritenute esemplari. Queste sono diventate “testimonial” del cambiamento di paradigma di costruzione e sono state oggetto di osservazione da parte dei documentaristi di Urban Reports, che hanno “fotografato” le case history: un reportage che racconta i valori alla base di ogni progetto, a partire da quelli dei protagonisti di ogni comunità. Il lavoro sarà assemblato nei prossimi mesi in una mostra digitale.