Dai divani ai cuscini, fino alle lenzuola, tovaglie e asciugamani, sono tanti i prodotti presenti oggi nelle nostre case realizzati in cotone, una delle più importanti fibre naturali del mondo. La coltivazione tradizionale del cotone richiede grandi quantitativi di acqua e pesticidi, dannosi per l’ambiente e per l’uomo.
Ed è proprio per questo motivo che nel 2005 è nata la BCI (Better Cotton Initiative), un’organizzazione che raccoglie grandi aziende internazionali (come IKEA, Inditex di cui fa parte Zara, H&M… ), gruppi di produttori, organizzazioni per lo sviluppo e associazioni ambientaliste con l’obiettivo di realizzare nuove pratiche di produzione e gestione del cotone, sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale, in una parola sola “cotone sostenibile”. Ma cosa significa? La sostenibilità è nei metodi di coltivazione che richiedono una minore quantità di acqua, di fertilizzanti chimici e di pesticidi. Un vantaggio per l’ambiente e la salute dell’uomo ma anche per le aziende produttrici, che son per lo più piccoli coltivatori in paesi in via di sviluppo il cui profitto dalla coltivazione tradizionale del cotone è molto marginale. Nei fatti la BCI propone una formazione pratica e campi scuola per le aziende agricole al fine di far conoscere e apprendere metodi di coltivazione più sostenibili. Per dare qualche numero, i coltivatori di cotone in Pakistan, grazie alle attività della BCI hanno visto i loro margini di profitto aumentare del 29% grazie alla produzione del cotone in maniera sostenibile, riducendo l’impiego di pesticidi e di fertilizzanti chimici di oltre il 18%, insieme ad una riduzione del consumo idrico del 20%.