Buona architettura e co-progettazione fruttuosa, anche tra progettisti e aziende realizzatrici, sono il cuore del nuovo Children’s Surgical Hospital a Entebbe, in Uganda, commissionato da Emergency. Un esempio virtuoso che, dopo soli tre anni di cantiere, può offrire cure gratuite d’eccellenza ai minori del paese e dell’intero continente. Oltre ad essere nel contempo sede di apprendimento e di costruzione di competenze per i lavoratori locali.
Con una superficie di quasi diecimila metri quadrati, non lontano dal lago Vittoria, l’ospedale ha oltre settanta posti letto e tre sale operatorie ed è circondato dal verde di un giardino. La firma della sua nascita, a partire dalla committenza, è interamente italiana: Renzo Piano l’architetto, che con il suo studio RPBW, in collaborazione con TAMassociati e la Building Division di Emergency, ha donato il progetto; Theatro invece il network di aziende che ha contribuito con il proprio know-how alla realizzazione di questa buona architettura, secondo una cooperazione sin dalle prime fasi che ha brillantemente soddisfatto tutti i vincoli architettonici richiesti dal team creativo.
Buona architettura, etica e di qualità
L’involucro è una sintesi perfetta tra innovazione e tradizione: a soluzioni costruttive e impianti avanzati – come ad esempio la pelle trasparente customizzata o i duemilacinquecento pannelli fotovoltaici in copertura, che coprono gran parte del fabbisogno energetico dell’ospedale – è accostata la tecnica della terra pisè, ovvero della terra cruda. Ideale per garantire l’inerzia termica dell’edificio, mantiene costanti temperatura e umidità degli ambienti interni, oltre ad essere una opzione nel segno della sostenibilità. La terra, un’argilla rossa, è stata infatti recuperata in loco dallo scavo per le fondazioni, evitando così il trasporto di una eventuale fornitura e nel contempo i costi dello smaltimento se non fosse stata utilizzata.
Spiega infatti l’architetto Giorgio Grandi di RPBW che “quando bisogna trovare una soluzione, lì deve scattare la scintilla, altrimenti tutto rimane un semplice esercizio di stile”. In particolare in un paese come l’Uganda. “Significa semplificare tutto al massimo e puntare su un lavoro di sottrazione: collettivo, sostenibile, dalla manutenzione semplificata”. Un’opera di squadra che ha saputo ottenere buona architettura – intesa dal punto di vista sia qualitativo sia etico – e rinnovare modalità millenarie con un approccio gentile. E una “scandalosa bellezza”, secondo la definizione dello stesso committente Gino Strada.