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I cambiamenti climatici stanno profondamente danneggiando gli ecosistemi, causando pericolose conseguenze per il pianeta; la seconda causa a provocarli è la deforestazione. Una organizzazione internazionale non governativa e no-profit da anni sostiene il contributo attivo delle foreste nelle sfide climatiche. Si tratta di FSC (Forest Stewardship Council), che include tra i suoi 900 membri internazionali gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno e la carta, gruppi della grande distribuzione organizzata, ricercatori e tecnici, che operano insieme allo scopo di promuovere in tutto il mondo una gestione responsabile delle foreste e delle piantagioni, una filiera trasparente e portare avanti il lavoro di sensibilizzazione di governi, amministrazioni, imprese e cittadini.
Le foreste svolgono un ruolo essenziale nella regolazione del clima: insieme agli oceani, sono gli ecosistemi chiave del nostro Pianeta per rimuovere dall’atmosfera l’anidride carbonica (CO2), il gas serra più dannoso. Non solo, le foreste sono l’habitat dell’80% della biodiversità terrestre e ospitano più di 60 mila specie di piante. Più di un miliardo e mezzo di persone dipendono direttamente dalle foreste per cibo, riparo, produzione di energia da biomasse e reddito. A ricordarlo è la Fao, l’Organizzazione dell’Onu per il cibo e l’agricoltura.
Nonostante questo ancora oggi ogni anno vengono distrutti circa 13 milioni di ettari di foreste. Ecco perché sono “troppo preziose per perderle“, questo è stato infatti lo slogan dell’edizione 2020 della Giornata Mondiale delle Foreste, appuntamento istituito nel 2012 dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dell’importanza di alberi e foreste che rappresentano il polmone verde della Terra. In questa occasione FSC ha inoltre sottolineato che ancora oggi vaste aree di foresta tropicale vengono ogni anno distrutte o degradate per rispondere alla domanda di materie prime, provenienti anche dall’Europa.
Gestire le foreste in modo sostenibile e ripristinarle quando necessario, è fondamentale per le persone, la biodiversità e il clima e una delle sfide globali più grandi è ridurre l’impronta ambientale di una serie di commodities. La grande produzione agricola monoculturale è, infatti, la principale causa diretta di deforestazione e degrado delle foreste nei Paesi tropicali: la promozione di filiere sostenibili e trasparenti, mission da sempre di Fsc, e il coinvolgimento di istituzioni, produttori, intermediari e cittadini, consente di contrastare la deforestazione e la conseguente perdita di biodiversità.
Alla produzione di materie prime spesso si affiancano tagli illegali, piantagioni create a scapito di foreste naturali e pratiche slash and burn – una tipologia di attività agricola che prevede il taglio e la combustione di piante in una foresta o bosco per creare terreni coltivabili -, e a questo si aggiunge inoltre un aumento notevole della domanda di prodotti come cacao e palma da olio, che contribuisce a far crescere la pressione esercitata sulle foreste.
L’impatto delle materie prime su foreste, emissioni e cambiamento climatico
Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, il Comitato scientifico sui cambiamenti climatici istituito dalle Nazioni Unite, la fornitura pro capite globale di oli e carne è più che raddoppiata dal 1961 ad oggi, con importanti impatti su foreste, emissioni e climate change. Un recente report di IDH – The Sustainable Trade Initiative (coalizione olandese che mette insieme governi, società civile e Ong per promuovere pratiche sostenibili) ha sottolineato l’urgenza di agire per ridurre l’impronta ambientale di 8 principali commodities ovvero olio di palma, soia, manzo, cacao, caffè, gomma, polpa di legno e carta, legname tropicale, in ben 12 mercati europei e in 7 Paesi produttori.
Una quota significativa della domanda globale di materie prime agroforestali viene proprio dai Paesi europei, particolarmente attraverso le grandi industrie di trasformazione. Le emissioni da deforestazione prodotte dalle importazioni rappresentano il 50% delle emissioni agricole nazionali nei 12 Paesi europei presi in esame (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera e UK). L’approvvigionamento di commodities da filiere sostenibili potrebbe però far risparmiare quasi mezzo miliardo di tonnellate di CO2 nel prossimo decennio.
Un segnale positivo arriva dal settore forestale e dalla produzione di legname tropicale sostenibile, che interessa oggi 30 milioni di ettari. Infatti, attualmente il 25-32% dei principali prodotti legnosi tropicali importati nell’UE è accompagnato da certificazione di filiera sostenibile.
Per quanto riguarda l’Italia, le tre maggiori materie di importazione sono palma da olio (1,3 milioni di tonnellate/anno), polpa di cellulosa (3,3 milioni) e soia (3,5 milioni). Il legno tropicale si attesta sulle 224 mila tonnellate/anno ( -5.8%).
“Foreste e biodiversità – ha spiegato Diego Florian, direttore di FSC Italia – sono davvero preziosi per il nostro futuro: ecco perché dobbiamo impegnarci a livello locale, nazionale e internazionale per proteggere e valorizzare questo immenso patrimonio. Come? Gestendo le foreste in modo sostenibile; ripristinando aree degradate o soggette a deforestazione, salvaguardando i servizi essenziali che riceviamo da alberi e boschi. L’industria è chiamata a garantire filiere trasparenti e sicure, i proprietari e gestori forestali, dal canto loro, devono essere incentivati nell’applicazione di modelli volti alla valorizzazione dei servizi naturali, e premiati per il loro contributo positivo al benessere e alla resilienza dei territori. Le istituzioni pubbliche dovranno infine implementare politiche coraggiose e strategie condivise, in grado di far fronte alle sfide poste dai cambiamenti climatici. Le azioni di oggi serviranno a dare un futuro migliore alle generazioni che verranno”.
Cosa certifica il marchio FSC?
Tutti i prodotti realizzati con legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile, che rispondono a rigorosi standard ambientali, sociali ed economici, sono identificati a marchio FSC. Anche in Italia compito principale dell’associazione è quello di verificare che la foresta di origine del legno sia controllata e valutata in conformità agli standard di gestione responsabile della risorsa forestale. Il nostro Paese, al quinto posto nella classifica internazionale di certificazioni FSC, nel 2018 è stato il primo al mondo a verificare scientificamente e a certificare gli impatti positivi nella gestione responsabile sui servizi naturali forestali, e le ricadute ambientali, sociali ed economiche di questi impatti.
Esistono tre tipi di etichette standard valide in tutto il mondo, approvate da FSC, che distinguono i prodotti in tre categorie, in base alla percentuale di legno certificato o riciclato contenuto:
Quali sono le caratteristiche minime di un legno controllato?
I prodotti etichettati “FSC Misto”, devono essere realizzati con un legno che non proviene da:
- foreste utilizzate illegalmente;
- foreste la cui gestione viola i diritti civili o tradizionali;
- foreste non certificate ad Alto Valore di Conservazione;
- foreste naturali convertite in piantagioni o in altre forme d’uso del suolo;
- foreste in cui siano presenti alberi geneticamente modificati.