In Italia il lavoro domestico è molto richiesto, dagli ultimi dati raccolti emerge che ben il 79,5% delle famiglie associate ad Assindatcolf – Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico – impiega una collaboratrice domestica, che le colf assunte sono prevalentemente di origine straniera (83,1% dei casi) e che il 67,1% dei contratti contempla la convivenza con il datore di lavoro.
L’aiuto domestico permette alle famiglie di sopperire all’impossibilità di occuparsi direttamente della cura della propria casa a causa del poco tempo a disposizione (per il 43,3%), di garantire supporto e assistenza continua ai propri familiari non autosufficienti (per il 57,3%) e di conciliare gli impegni professionali e quelli fuori casa (per il 21,4%), ad esempio la necessità di ricorrere ad una baby-sitter.
Dai dati INPS emerge che ben il 15% dei lavoratori domestici impiegati in Italia è di origine Ucraina, Paese che si attesta quindi come la terza nazionalità per numero di assistenti familiari presente nel nostro Paese. L’attuale ingente richiesta di lavoro domestico può quindi rappresentare anche una buona opportunità di inclusione anche per profughi ucraini diretti in Italia che stanno scappando dalla guerra e che, una volta superata l’emergenza, potrebbero trovare in questo settore non solo una forma di sostegno economico, ma anche una soluzione abitativa. Il popolo ucraino rappresenta da tempo una risorsa molto importante per il lavoro domestico in Italia, ben 90.000 persone sono già impiegate in questo settore, a cui si aggiungono i circa 20 mila che in piena pandemia hanno aderito alla sanatoria 2020 (ai sensi dell’art. 103, Dl. 34). La sanatoria ha infatti permesso ai cittadini ucraini, che avessero presentato domanda di emersione dei rapporti domestici, di regolarizzare i propri documenti e di poter quindi partire e tornare senza problemi dall’Italia per prestare soccorso ai propri familiari che scappano dalla guerra e farli arrivare nel nostro Paese, escludendo il rischio di vedersi negare il riconoscimento del diritto del permesso di soggiorno, che attendono da circa 2 anni.
“Grazie alle misure annunciate dal presidente Draghi alla Camera, anche coloro che arriveranno potranno svolgere un’attività lavorativa in deroga al Decreto Flussi, che come sappiamo da oltre un decennio non riserva quote al comparto domestico: una novità importante che potrebbe consentire a tante famiglie di assumere.” – questo quanto dichiarato da Andrea Zini, Presidente di Assindatcolf. “Nell’ultimo importante Dpcm in materia di protezione temporanea e internazionale firmato dal presidente Draghi – è stato, infatti, anche concesso un ‘lasciapassare’ (art. 6) agli ucraini che hanno aderito alla sanatoria, così come aveva chiesto Assindatcolf dopo aver ricevuto numerose segnalazioni da parte di domestici bloccati in Italia, senza poter prestare soccorso ai propri familiari in fuga dalla guerra. L’auspicio è che presto, al di là dell’emergenza, anche tutti gli altri stranieri extra comunitari che sono ancora in attesa, possano finalmente ottenere il permesso di soggiorno richiesto ai sensi della procedura del 2020.” – ha concluso Zini.
Anche per effetto della procedura di emersione, il numero dei lavoratori domestici stranieri complessivamente impiegati nel comparto in Italia è cresciuto del 5,3% (passando dalle 601.223 unità del 2019 alle 633.122 del 2020), dal 2012 ad oggi si sono però ‘persi’ complessivamente circa 189mila addetti stranieri. Un trend che, seppure parzialmente compensato dalla crescita degli italiani (+12,8% nell’ultimo anno), rischia di creare pesanti ricadute sul futuro dell’assistenza a domicilio, essendo quello domestico un comparto basato in prevalenza sulla forza lavoro immigrata, che rappresenta il 68,8% del totale. A questo bisogna aggiungere anche un altro fenomeno: oltre all’ormai strutturale processo di invecchiamento della popolazione italiana che sta determinando un incremento della domanda di assistenza, si sta assistendo ad un progressivo invecchiamento della forza lavoro, un processo che riguarda in particolare la componente straniera: ad oggi, infatti, gli over 50 rappresentano il 65,8% del totale, contro il 34,2% degli italiani. Secondo le stime di Assindatcolf, l’avanzare dell’età degli addetti porterà nel giro di un decennio circa 260mila lavoratori ad andare in pensione (di cui 175mila stranieri) e 220mila (di cui 144mila stranieri) ad avvicinarsi a quella soglia.
L’integrazione attraverso il lavoro, soprattutto per donne sradicate dal loro contesto sociale, rappresenta certamente un percorso ad ostacoli, ma vanno considerati anche alcuni aspetti positivi come la convivenza, infatti, nei casi in cui sia richiesta il lavoro domestico può assicurare a chi arriva nel nostro Paese una soluzione abitativa immediata e, dalle informazioni raccolte, emerge che molte famiglie italiane stanno già dando la loro disponibilità ad ospitare profughi ucraini che stanno fuggendo dalla guerra. Per arrivare però ad una vera e propria assunzione occorre che i collaboratori domestici vengano adeguatamente formati e apprendano sia l’italiano che la professione. “Su questo – ha dichiarato Zini – siamo convinti che, come già avvenuto per il Covid, anche le parti sociali del comparto e gli Enti bilaterali sapranno fare la loro parte seguendo le indicazioni del presidente Draghi”.