I sacchetti ultraleggeri in plastica (usati per l’ortofrutta e per tutti gli altri alimenti venduti sfusi nei supermercati) sono stati sostituiti dal primo gennaio 2018, come previsto dalla Legge n. 123/2017 entrata in vigore il 13 agosto, dai sacchetti biodegradabili e compostabili, con uno spessore inferiore a 15 micron. Questi sacchetti, utilizzati come imballaggio primario, devono inoltre avere un contenuto minimo di materiale rinnovabile del 40% e non saranno più distribuiti gratuitamente.
Secondo la nuova disposizione di legge, i sacchetti per gli alimenti sfusi disponibili nei rispettivi reparti dei supermercati devono essere biodegradabili e compostabili. A questo proposito va ribadito che la legge non fissa nessuna percentuale sulla biodegradabilità e compostabilità dei sacchetti per gli alimenti sfusi. E non potrebbe essere altrimenti. Il sacchetto obbligatorio dal primo gennaio 2018 deve necessariamente essere biodegradabile e compostabile secondo la norma di riferimento UNI EN 13432:2002 (dicitura che deve essere riportata nel sacchetto, altrimenti non sarebbe possibile identificarlo come biodegradibile e compostabile e non si potrebbe usare per conferire l’umido da avviare al compostaggio), che richiede che la biodegradabilità e la compostabilità dei sacchetti siano almeno al 90%.
- Biodegradabilità: capacità di un materiale che grazie alla presenza dei microorganismi si degrada in sostanze più semplici come acqua e anidride carbonica.
- Compostabilità: la capacità di un materiale organico di essere riciclato con il rifiuto umido trasformandosi in compost con il procedimento del compostaggio.
Cosa diversa dalla biodegradabilità e dalla compostabilità è invece il contenuto minimo di materia prima rinnovabile. In questo caso la normativa richiede che i nuovi sacchetti di cui si parla tanto devono avere il 40% di contenuto minimo di materia prima rinnovabile (60% dal primo gennaio 2021). Cosa si intende per materia prima rinnovabile? La rinnovabilità indica la capacità della materia prima (di origine animale o vegetale) di rigenerarsi in breve tempo (per esempio piante e alberi, loro derivati e scarti), a differenza delle materie prime derivanti da fossili.
Tra i supermercati, per esempio, Esselunga si è dotata di etichette compostabili e nel reparto ortofrutta c’è un’assistente alla clientela che rilascia informazioni sui nuovi sacchetti e distribuisce materiale informativo sul progetto “Dicheplastica6, progetto promosso da Assobioplastiche, Conai, Corepla e CIC, per riconoscere e separare correttamente gli imballaggi in plastica e bioplastica.
Per legge questi sacchetti usati per gli alimenti sfusi non possono essere ceduti gratuitamente e il loro costo deve risultare dallo scontrino rilasciato alla cassa. La norma non fissa un importo preciso.
Attualmente NaturaSì mette invece a disposizione dei clienti – nei reparti ortofrutta – sacchetti di carta gratuiti. Il cliente può pertanto scegliere se acquistare frutta e verdura utilizzando il sacchetto biocompostabile, pagandolo a 0,03 centesimi di euro, oppure scegliendo il sacchetto di carta gratuito.
Dal punto di vista ambientale riusare sacchetti e sporte portate da casa sarebbe la soluzione ottimale perché si eviterebbe l’uso di un sacchetto che, seppure biodegradabile e compostabile, sarebbe comunque un rifiuto da gestire anche se, va ribadito, può essere usato per la raccolta differenziata dell’umido. Inoltre questa possibilità metterebbe i clienti nelle condizioni di poter scegliere se pagare un nuovo sacchetto biocompostabile oppure portarsi da casa la propria borsina o retina. Un po’ come avviene con i sacchetti biodegradabili e compostabili a pagamento alle casse dei supermercati. Ma il legislatore non ha previsto espressamente questa possibilità e ad oggi né il Ministero dell’Ambiente e neanche il Ministero della Salute si sono pronunciati in questo senso.
Il primo, con una lettera inviata alla grande distribuzione, ha comunicato che la Legge n. 123/2017 ,per un coordinamento con le regole di sicurezza alimentare e igiene degli alimenti, non contempla “la possibilità di sostituire con borse riutilizzabili le borse fornite a fini di igiene come imballaggio primario per alimenti sfusi.” Mentre il Ministero della Salute dà la possibilità di acquistare frutta e verdura utilizzando i sacchetti portati da casa a patto che siano nuovi. In questo caso chi gestisce il supermercato dovrebbe verificare che effettivamente i sacchetti non siano stati già usati… con le ovvie problematiche del caso.
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