Da oltre 50 anni, la plastica ha cambiato i nostri stili di vita, è stata e continua a essere il simbolo della modernità, è entrata nelle nostre case ed è diventata un elemento indispensabile. Il problema è che negli ultimi decenni se ne è fatto – in tutto il mondo occidentale – un uso smodato e solo ultimamente si è iniziato a prendere coscienza delle gravi conseguenze che ne derivano, prima fra tutti l’inquinamento dei mari derovuto dalla dispersione di plastica. Per sensibilizzare su quella che è diventata una vera e propria emergenza, Fa’ la cosa giusta!, fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, in quest’edizione 2019 (dal 8 al 10 marzo al Polo fieristico del Portello, FieramilanoCity) promuove, in un contenitore denominato Il porto di Fa’ la cosa giusta!, una serie di eventi, mostre, dibattiti e laboratori incentrati sulla riduzione della plastica e sulle possibilità di incrementare la raccolta e il riciclo. Sono state coinvolte numerose associazioni che operano nel settore dell’ambiente e dell’economia circolare, tra le quali Greenpeace (www.greenpeace.org), oltre a ricercatori e aziende.
Come tutti sanno, una delle proprietà che hanno fatto della plastica un materiale di consumo per i più svariati impieghi è la sua indistruttibilità. Questa caratteristica ha però anche un rovescio della medaglia perché quando viene dispersa nell’ambiente o in mare, la plastica lascia tracce per centinaia di anni inquinando i fondali, le acque e i litorali, con gravi rischi anche per le specie marine. In quelli che erano un tempo paradisi tropicali, nell’oceano Indiano e nel Pacifico, si incontrano intere spiagge coperte da rifiuti , con danni enormi per l’ecosistema e anche per il turismo; nell’oceano Pacifico navigano enormi “isole” di plastica trascinate dalle correnti. E ciò che noi vediamo è solo la punta dell’iceberg perché la maggior parte degli scarti va a depositarsi sui fondali.
L’obiettivo non può essere quello di eliminare la plastica, ma di farne un uso intelligente. La coscienza delle persone si sta però sensibilizzando, l’attenzione è sempre maggiore. Basti pensare che il volume di Filippo Solibello – Spam, stop plastica a mare, 30 piccoli gesti per salvare il mondo dalla plastica (ed. Mondadori) – dedicato a questi temi è diventato in poco tempo un best seller.
A Fa’ la cosa giusta!, l’associazione Giacimenti Urbani (www.giacimentiurbani.eu) ha allestito la mostra Deplastic, azioni e buone pratiche contro l’abuso di plastica: l’esposizione, divisa in due parti, evidenzia i problemi, vale a dire le principali fonti di inquinamento da plastica e i rischi che ne derivano per l’ambiente; ed esplora poi le alternative possibili e le pratiche virtuose per avviare un processo di “decrescita” rispetto all’abuso che attualmente si fa di questi, in particolare i monouso (sacchetti per la spesa, stoviglie, bicchieri, cannucce, bottiglie, cotton fioc), che hanno una vita brevissima ma continuano a inquinare per un tempo infinito, anche quando si decompongono e si riducono in piccoli frammenti. Si calcola che l’80% dei rifiuti rinvenuti a mare provenga dalla terraferma e che sulle spiagge le bottiglie in PET costituiscano il 25% dei rifiuti. La prevenzione del rifiuto, poiché “il rifiuto migliore è quello che non viene prodotto”, deve necessariamente iniziare dalle azioni quotidiane dei singoli e della collettività attraverso un drastico cambio di abitudini.
L’emergenza plastica ha numeri impressionanti: a fronte di una produzione annuale mondiale di 335 milioni di tonnellate, oltre 8 milioni di tonnellate finiscono in mare, soprattutto negli oceani. Sono in particolare dieci fiumi, otto in Asia e due in Africa, a trasportare questi scarti e a riversarli. L’incremento della raccolta differenziata, soprattutto in Europa dove raggiunge punte del 40%, ancora non bastano: il riciclo da solo non è un provvedimento sufficiente ad arginare il dilagare della plastica, anche perché i procedimenti di rigenerazione sono più complessi e costosi rispetto a quelli per altri materiali.
La mostra Deplastic si propone di avviare una riflessione costruttiva, presentando anche prodotti innovativi che sfidano il predominio della plastica in un’alternativa biodegradabile. L’eco-consapevolezza non può infatti riguardare soltanto l’utente finale, ma anche la fase di produzione e il packaging, la responsabilità è estesa ai produttori che devono assolutamente lavorare in questa direzione, anche su vasta scala e progettare con l’obiettivo di ridurre il consumo di plastica a tutti i livelli.
Così, per portare alcuni esempi virtuosi, sono esposti a De Plastic il trolley di Samsonite realizzato con tessuti ricavati dal Pet delle bottiglie, la scarpa Adidas con parti in plastica recuperata dai rifiuti marini, i contenitori in carta per il trasporto di alimenti, la moquette in Econyl, filo di nylon rigenerato, i vasi per pianta di Vivipot realizzati con gli scarti organici della lolla di riso e tanti altri oggetti che nel design e nel materiale puntano alla sostenibilità. A volte basta un’idea per cambiare un’abitudine: i progettisti lavorano per esempio a quella di una bottiglia in plastica che, come le lattine in alluminio, abbia il tappo integrato in modo tale che debba per forza essere gettato insieme al contenitore stesso e non più disperso nell’ambiente.
In quest’impegno globale per la decrescita della plastica, anche la legislazione europea sta facendo dei grandi passi avanti, pur se l’applicazione delle leggi non è ancora, sotto molti aspetti, vincolante. Con il documento dell 2018 A European Strategy for Plastic in a Circular Economy è stata fissata una serie di tappe che dal 2019 al 2030 dovrebbero portare a una sua drastica riduzione. Primo provvedimento, che verrà applicato con tempistiche diverse nei Paesi membri, riguarda la riduzione della plastica monouso e porterà al progressivo divieto di stoviglie usa e getta, cannucce, cotton fioc, bastoncini in plastica per palloncini, sacchetti e altri oggetti che sono quelli più spesso ritrovati nei recuperi in mare e sulle coste.