Basta un rubinetto lasciato aperto per incorrere in sprechi idrici troppo spesso sottovalutati. Perché troppo facilmente si dimentica che, se in Italia, in Europa e negli Stati Uniti la disponibilità d’acqua non comporta per ora in generale problemi diffusi né in città né in ambito rurale, in larga parte del mondo – al contrario – la popolazione non ha accesso all’acqua potabile o questa comunque scarseggia.
Non soltanto: le ricerche condotte da Un-water, l’agenzia Onu che si occupa dell’emergenza idrica mondiale (www.unwater.org/), evidenziano che tra il 2025 e il 2030, la carenza d’acqua coinvolgerà un terzo degli abitanti della Terra (2/3 si troveranno in condizioni di stress idrico), compresi i Paesi industrializzati. Per richiamare l’attenzione su tale rischio e sensibilizzare sul tema del risparmio idrico, Un-water promuove ogni anno in primavera la Giornata Mondiale dell’acqua.
Se certo non può risolvere la crisi idrica mondiale, la riduzione dei consumi individuali è un comportamento etico, sempre più necessario, che parte su piccola scala. Basti pensare che la mancata manutenzione di un rubinetto con una perdita minima può portare uno spreco fino a 6.000 litri d’acqua l’anno; per non parlare delle perdite più ingenti che si verificano nelle reti degli acquedotti.
In Italia il consumo medio pro capite è di 300 litri al giorno (contro i 40 litri o addirittura meno nei Paesi in via di sviluppo e gli oltre 400 litri negli Stati Uniti). Come si possono ridurre i consumi in casa? Abbiamo già rimarcato che l’utilizzo della lavastoviglie comporta un consumo d’acqua inferiore rispetto al lavaggio dei piatti a mano. Vantaggiose sono anche altre scelte, come fare la doccia anziché il bagno, lavare frutta e verdura in un recipiente e non sotto l’acqua corrente, installare miscelatori a risparmio, di raccogliere l’acqua piovana per innaffiare le piante.
L’acqua di cui si fruisce in modo diretto – cioè quella che ciascuno utilizza per bere, lavarsi, cucinare o innaffiare – rappresenta solo una minima parte rispetto a quanta ne viene utilizzata ogni giorno nel mondo e nel nostro Paese. Il rapporto del WWF (www.wwf.it) – “L’impronta idrica dell’Italia”, stilato nel 2015 – mette in luce quanta acqua venga consumata attraverso i cibi di cui ci nutriamo (in particolare in quelli importati dall’estero) e in altri modi non sempre evidenti. Risulta quindi che l’impronta idrica dell’Italia, complessiva e pro capite, è molto elevata. Si calcola che per la produzione, l’impronta idrica è di 70 miliardi di metri
cubi di acqua l’anno; per quanto riguarda il consumo è di circa 132 miliardi di metri cubi l’anno.
6.000 litri al giorno!
Ma dove va a finire quest’immensa quantità? In Italia l’85% del consumo avviene in agricoltura: occorre considerare l’utilizzo sia nell’irrigazione delle colture destinate all’uomo sia nella nutrizione del bestiame; l’8% d’acqua si consuma invece nell’industria e il 7% in ambito domestico. Sulla base dell’impronta idrica nazionale, si può stabilire che, nel normale svolgimento della sua vita quotidiana, ogni italiano ha un’impronta idrica “virtuale” di 6.000 litri al giorno. Questo dato impressionante riguarda il consumo complessivo che si fa dell’acqua, in ogni sua forma. Perché va conteggiata anche quella impiegata per produrre e trasportare il cibo che si mangia, per fabbricare i vestiti che si indossano e per svolgere ogni tipo di attività.