Affitto: la guida per il proprietario di casa

Sono molti coloro che hanno una seconda casa in cui non abita nessuno. Cosa farne? La soluzione ideale è metterla in affitto e garantirsi così una rendita fissa mensile. Ma come procedere? Quale tipologia di contratto stipulare? Ci sono costi da pagare?

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello
Pubblicato il 02/09/2020Aggiornato il 18/09/2020
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Al mare o in montagna oppure in centro città, molti sono i proprietari di un secondo immobile diverso dall’abitazione principale  che decidono di concederlo in locazione. La legge definisce la locazione il contratto con cui una parte si obbliga a far godere a un’altra un bene, per un determinato periodo di tempo, a fronte di un corrispettivo, ovvero una somma di denaro. Prima di mettere in locazione l’immobile è bene capire quale tipologie di contratto fa al caso nostro. La legge prevede una serie di tipologie contrattuali diverse a seconda della situazione.

Contratti di locazione: quali tipologie 

Per chi vuole assicurarsi il pagamento di un canone mensile per molti anni può scegliere  il contratto di affitto ordinario a canone libero, la tipologia più diffusa che prevede la facoltà in capo alle parti di definire del tutto autonomamente l’entità del canone, ma con il vincolo però della durata minima di quattro anni con rinnovo automatico di altri quattro, salva la facoltà di diniego del locatore di rinnovo automatico. Le parti possonoconcordare una durata maggiore e trascorsi i primi 4 anni, il locatore può inviare la lettera di disdetta al conduttore, almeno sei mesi prima della prima scadenza (cioè alla fine dei primi quattro anni) indicando uno o più motivi di necessità per cui vuole riottenere il possesso dell’immobile. Il rinnovo è automatico tranne proprio se il conduttore invia, 6 mesi prima della scadenza con lettera raccomandata, la disdetta. A fare tale comunicazione può essere anche il locatore ma solo in casi tassativamente indicati dalla legge che sono:

  • necessità di dover destinare l’abitazione a uso proprio del locatore
  • ricostruzione dell’edificio
  • necessità di vendere l’immobile.

Al termine degli otto anni, il contratto di affitto può essere ancora una volta rinnovato per altri otto ovvero si estingue.

Per chi invece volesse affittare l’immobile per poco tempo può optare per la stipula di un contratto transitorio, così chiamato perchè ha una durata breve e viene stipulato per soddisfare specifiche esigenze temporanee. Con tale contratto il proprietario di un immobile concede per un limitato periodo di tempo e per un’esigenza transitoria specifica il godimento di un immobile dietro pagamento, per un periodo limitato da 1 ad un massimo di 18 mesi. A differenza delle altre tipologie contrattuali, non è necessario dare la disdetta perché il contratto scade naturalmente alla fine del tempo indicato. Tra i motivi più frequenti che spingono alla stipula di tale contratto troviamo il trasferimento del conduttore per motivi di lavoro in un’altra città e per motivi di studio da parte di un ragazzo che deve frequentare un’università in una città diversa da quella di residenza.Nei contratti di locazione ad uso transitorio non è necessario dare la disdetta, perché la cessazione del contratto si verifica automaticamente al termine del periodo prestabilito.

La legge prevede anche altre tipologie contrattuali per la locazione come quello convenzionato o a canone concordato nel senso che il canone è calmierato (cioè più basso di quello di mercato), con importi calcolati sulla base di accordi tra le associazioni dei proprietari e degli inquilini. Infine vi è un particolare tipo di contratto pensato per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari fuori sede, ossia residenti in una città diversa da quella in cui ha sede l’ateneo. Si parla del contratto transitorio per studenti universitari, con durata compresa tra i 6 mesi e i 3 anni.

È necessario inserire all’interno del contratto una clausola con la quale chi è in affitto (il conduttore) dichiara di aver ricevuto le informazioni e la  documentazione sull’attestazione della prestazione energetica degli edifici (Ape), comprensiva  dell’attestato stesso. Inoltre, una copia dell’attestato deve essere allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unità immobiliari.

 Affitto breve

Chi ha una seconda casa al mare o in montagna e che vorrebbe “impegnarla” per brevi periodi di tempo può pensare di affittarla esclusivamente per il periodo estivo ad esempio. In tal caso la tipologia contrattuale da utilizzare è quella dell’affitto breve. Per pubblicizzare la propria soluzione abitativa oggigiorno sono molto in voga portali on line come Airbnb, HouseTrip o HomeAway per citarne alcuni.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che per contratto di locazione breve si intende un contratto di locazione, di durata non superiore a 30 giorni, di immobili a uso abitativo (comprese le sublocazioni e le concessioni in godimento a terzi a titolo oneroso da parte del comodatario) stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa. Per tali contratti non vi è l’obbligo di registrazione e quindi non andranno pagate le imposte di registro e di bollo come previsto per le altre tipologie contrattuali.

La Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi ha redatto un modello di contratto affitto breve tipo che può essere facilmente usato per regolare le locazioni brevi di immobili con finalità turistica. Nel contratto ad esempio si può prevedere una cauzione o indicare cosa succede se l’inquilino ritarda il momento del check-out. 

Le spese a carico del locatore

Scelto il contratto che fa al caso proprio, è opportuno fare una ripulita generale e un controllo all’immobile specie se è vuoto da molto tempo. Un’imbiancata alle stanze, una verifica degli impianti da parte dell’elettricista o dell’idraulico è quanto mai essenziale prima di far vedere l’immobile a potenziali inquilini.

Il locatore difatti è bene precisarlo, ha l’obbligo di consegnare l’abitazione in buono stato all’inquilino visto che su di esso gravano i costi relativi ad attività di manutenzione che si presentano per eventi non previsti ed imprevedibili, non evitabili attraverso le comuni opere di manutenzione ordinaria, ma anche quelle dovute alla vetustà del bene in oggetto. Ovviamente, spettano sempre al locatore anche tutte le eventuali opere di adeguamento dell’immobile alle normative vigenti.

Tutti i costi di piccola manutenzione invece, come le spese dovute a riparazione causate dal normale deterioramento o uso del bene, sono invece a carico del conduttore. Se l’inquilino sia costretto ad accollarsi spese per riparazioni urgenti, che dovrebbero essere a carico del locatore, può chiedere il relativo rimborso a quest’ultimo, a patto di una comunicazione immediata dei costi sostenuti. Nel contratto a canone libero, le parti possono accordarsi anche per il pagamento delle spese condominiali e decidere come suddividere i costi. In assenza di pattuizioni tra i due soggetti, vengono attribuite a carico dell’inquilino le spese ordinarie, mentre spettano al locatore quelle straordinarie. È bene precisare che, qualora l’inquilino in affitto non paghi la propria quota per le spese comuni, l’amministratore deve rivolgersi direttamente al proprietario dell’alloggio che, dopo aver saldato il debito con il condominio, potrà rivalersi sul conduttore moroso e, nei casi più gravi, risolvere il contratto d’affitto per inadempienza.

Così la sostituzione integrale di pavimenti e rivestimenti spetta al locatore, mentre la manutenzione ordinaria di pavimenti e rivestimenti, infissi e serrande, degli impianti di riscaldamento e sanitario al conduttore. A quest’ultimo spettano anche il  rifacimento di chiavi e serrature, la tinteggiatura di pareti e la sostituzione di vetri nonchè la manutenzione ordinaria dell’impianto di riscaldamento e condizionamento.

Ecco Tabella-oneri-accessori con la ripartizione degli oneri tra locatore e conduttore allegata al decreto 16.01.2017 del Ministero dei Trasporti.

Come si registra il contratto

Dopo aver trovato l’inquilino è il momento di stipulare il contratto e registrarlo. La registrazione del contratto di locazione di un immobile abitativo è obbligatoria, qualunque sia l’ammontare del canone pattuito, se la sua durata è superiore a 30 giorni complessivi nell’anno o se formato per atto pubblico o scrittura privata autentica.

Possono provvedere alla registrazione sia l’affittuario sia il proprietario visto che entrambi sono  responsabili in solido per il pagamento del pagamento dell’intera somma dovuta per la registrazione del contratto. Prima di capire i costi della registrazione e come vengono ripartiti, vediamo le modalità di registrazione del contratto. Questa può essere effettuata online autenticandosi ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, utilizzando l’applicazione “RLI web” e senza bisogno di installare alcun software.In alternativa, è possibile utilizzare, sempre gratuitamente, il software “Contratti di locazione e affitto di immobili (RLI)”, oppure recarsi presso un qualsiasi ufficio territoriale. Per la registrazione si può anche incaricare un intermediario abilitato (professionisti, associazioni di categoria, Caf, ecc.) o un delegato.

Al momento della registrazione, si devono versare l’imposta di registro e l’imposta di bollo. Inoltre, il reddito derivante dalla locazione concorrerà a formare il reddito complessivo del locatore per Irpef e addizionali. La registrazione va effettuata entro 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza (se anteriore).

L’imposta di registro è del 2% del canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità del contratto. Per i contratti che durano più anni si può scegliere di pagare, al momento della registrazione, l’imposta dovuta per l’intera durata del contratto (2% del corrispettivo complessivo) ovvero versare l’imposta anno per anno (2% del canone relativo a ciascuna annualità, tenendo conto degli aumenti Istat), entro 30 giorni dalla scadenza della precedente annualità.

Chi sceglie di pagare per l’intera durata del contratto ha diritto a uno sconto, che consiste in una detrazione dall’imposta dovuta pari alla metà del tasso di interesse legale (0,5% per il 2015 e 0, 2% a partire dal 1° gennaio 2016) moltiplicato per il numero delle annualità. Se il contratto viene disdetto prima del tempo e l’imposta di registro è stata versata per l’intera durata, spetta il rimborso dell’importo pagato per le annualità successive a quella in cui avviene la disdetta anticipata del contratto. Per ogni copia da registrare invece l’imposta di bollo è pari a 16 euro ogni 4 facciate scritte del contratto e, comunque, ogni 100 righe.

Se la registrazione è richiesta in ufficio, l’imposta di registro è versata con il modello F24 Elementi identificativi, che deve essere presentato dai soggetti titolari di partita Iva esclusivamente con modalità telematiche, direttamente o attraverso gli intermediari abilitati, utilizzando i servizi on-line dell’Agenzia delle Entrate e del sistema bancario e postale ovvero richiedendo all’ufficio delle Entrate l’addebito dell’importo sul proprio c/c, utilizzando il modello richiesta di addebito su conto corrente.

L’imposta di bollo è assolta mediante l’utilizzo dei contrassegni telematici (ex marche da bollo) da acquistare in data non successiva a quella di stipula. In caso di pagamento dell’imposta di registro con richiesta di addebito è possibile assolvere con tale modalità anche l’imposta di bollo.

Se la registrazione è richiesta per via telematica, mediante i servizi telematici dell’Agenzia, il pagamento delle imposte, di registro e di bollo, è effettuato con addebito su c/c bancario o postale.

Le tasse sui redditi da locazione: la cedolare secca

Il reddito delle locazioni abitative è tassabile con Irpef o, su opzione, con cedolare secca al 21% (10% in caso di contratti canone concordato). Chi concede in locazione un immobile difatti può optare per la cedolare secca, ossia il regime fiscale alternativo previsto per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’IRPEF derivante dalla locazione di immobili abitativi, un tributo che ha natura di imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali (regionale e comunale). In sostanza il locatore scegliendo la cedolare secca  paga un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile) e in più non pagherà l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione.

La scelta per la cedolare però implica anche la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente.

L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze, locate congiuntamente all’abitazione, oppure con contratto separato e successivo rispetto a quello relativo all’immobile abitativo. L’imposta sostitutiva della cedolare secca difatti si articola in due aliquote che sono:

  • del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti
  • del 10% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Per il pagamento dell’imposta sostitutiva, ci sono due scadenze che riguardano una l’acconto e un’altra il saldo. In generale, l’acconto pari al 95% dell’imposta dovuta non deve essere versato nel primo anno di esercizio dell’opzione per la cedolare secca, poiché manca la base imponibile di riferimento, cioè l’imposta sostitutiva dovuta per il periodo precedente. Il pagamento dell’acconto è dovuto se l’importo dell’imposta sostitutiva dovuta per l’anno precedente supera i 51,65 euro.  In questo caso, il versamento dell’acconto può essere effettuato in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, se l’importo è inferiore a 257,52 euro oppure in due rate, se l’importo dovuto è superiore a 257,52 euro − la prima, pari al 38% (40% del 95%) dell’imposta dell’anno precedente, entro il 16 giugno (o il 16 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%) − la seconda, del restante 57% (60% del 95%), entro il 30 novembre. Per il versamento del saldo, la scadenza è il 16 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferisce, o entro il 16 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%.  Per il versamento dell’imposta sostitutiva con il modello f24 vanno utilizzati i seguenti codici tributo:

  • 1840- Cedolare secca locazioni – Acconto prima rata
  • 1841 – Cedolare secca locazioni – Acconto seconda rata o unica soluzione
  • 1842 – Cedolare secca locazioni – Saldo.

Anche sugli affitti brevi è prevista la facoltà di optare per la cedolare secca sugli affitti casa”. Ciò significa che il locatore che sceglie il regime della cedolare potrà assoggettare il reddito che ricava dalla locazione invece che alla tassazione ordinaria (quindi pagando di Irpef e relative addizionali regionale e comunale) all’imposta sostitutiva del 21%. La cedolare secca si applica sia quando i contratti sono conclusi direttamente tra il proprietario (o il sublocatore o il comodatario) e i locatari sia quando per la loro stipula o per il pagamento dei canoni o dei corrispettivi intervengono soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare (come i portali indicati sopra). I contratti di locazione breve difatti possono essere stipulati direttamente dal locatore oppure  tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare  o portali telematici che mettono in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare. Tralasciando per il momento gli obblighi a cui sono soggetti tali intermediari, vediamo nel dettaglio per quali contratti di locazione breve si può scegliere la cedolare secca:

  • la durata non deve superare i 30 giorni
  • la data di stipula non è anteriore al 1° giugno 2017
  • non è richiesta l’adozione di un particolare schema contrattuale
  • devono riguardare solo le unità immobiliari (locate anche per finalità turistiche) a uso abitativo (categoria catastale da A1 a A11, escluso A10), situate in Italia, e loro pertinenze
  • possono prevedere anche servizi accessori alla locazione (fornitura biancheria, pulizia locali, wi-fi, utilizzo utenze telefoniche)
  • le parti (locatore e conduttore) possono essere solo persone fisiche che stipulano il contratto al di fuori dell’esercizio di un’attività d’impresa
  • può trattarsi anche di sublocazione, comodato a titolo oneroso, locazioni di singole stanze di un’abitazione, sempre della durata massima di 30 giorni
  • possono essere conclusi direttamente dalle parti o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici.

Il locatore esercita l’opzione per il regime della cedolare con la dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui i canoni di locazione sono maturati o i corrispettivi sono riscossi.

E se l’inquilino non paga il canone?

In tal caso il proprietario può attivare la procedura di sfratto per morosità. Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto, anche in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti come prevede il codice civile.

In particolare si può attivare la procedura di sfratto in caso di mancato pagamento di una mensilità decorsi venti giorni dalla scadenza prevista. In prima battuta, il locatore, di fronte alla persistente morosità dell’inquilino, invia una lettera di diffida, con raccomandata con ricevuta di ritorno, nella quale si sollecita il pagamento dei canoni arretrati, invitando a lasciare libero l’immobile entro il termine indicato, pena il ricorso alle vie giudiziali. Se la diffida non sortisce effetti, il locatore agisce con l’atto di intimazione di sfratto per morosità, con contestuale citazione in udienza per la convalida. E’ bene affidarsi ad un avvocato di fiducia visto che si tratta di una procedura complessa e che necessita di competenze professionali precise.

Finora anche i canoni non percepiti dal locatore concorrevano a determinare reddito, fatta salva la facoltà del proprietario di poterli poi recuperare una volta ottenuta la convalida di sfratto. Questo vale almeno per i contratti di locazione che hanno ad oggetto immobili abitativi stipulati prima del 1° gennaio 202°. Per quelli stipulati a partire da quest’anno i canoni di locazione non percepiti non concorreranno al reddito e si pagheranno le tasse solo sui canoni incassati.

Le tasse sull’immobile concesso in locazione

Quando si concede in locazione un immobile può sorgere il dubbio su chi debba pagare le imposte. Partendo dalla nuova Imu, l’imposta nata dalla fusione tra imu e Tasi, in vigore da quest’anno, essa è dovuta sempre sulla seconda casa sia disabitata che concessa in locazione a prescindere dalla categoria catastale. A pagare è il proprietario.

Il calcolo dell’imposta prevede che prima si individui la base imponibile, costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5%, il moltiplicatore 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10; 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;  80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5; 65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5; 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

La base imponibile è ridotta del 50%:

– per i fabbricati di interesse storico o artistico;

– per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni;

– per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda una sola abitazione in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato; il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Per pagare si utilizza il modello F24 o il bollettino di conto corrente postale da pagare allo sportello o sul sito di Poste italiane. I codici tributo da indicare nel modello F24 sono: 

  • “3912” per l’abitazione principale e relative pertinenze
  • “3913” per fabbricati rurali ad uso strumentale
  • “3914” per i terreni
  • “3916” per le aree fabbricabili
  • “3918” per gli altri fabbricati.

Per la Tari invece, se la locazione è duratura, e c’è un regolare contratto di affittoa pagare la tassa rifiuti è l’inquilino. Se invece  la seconda casa viene concessa in locazione temporaneamente, ad esempio nei mesi estivi, prefigurando così una casa vacanza, allora a pagare è il proprietario. E’ il Comune che invia a casa i bollettini precompilati con le scadenze previste per pagare le varie rate, ferma restando la possibilità di versare tutto in un’unica soluzione. 

 

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