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Il lavoro ti porta in una nuova città e stai valutando di prendere un appartamento in affitto oppure hai ricevuto in eredità un immobile e vorresti ricavarne una rendita concedendolo in locazione. Quando ci si ritrova in situazioni simili, le domande che si pongono sono diverse.
Come funziona il contratto di affitto? Quale formula scegliere? Quante tasse si pagano? E chi le deve pagare? Ci sono sconti? E come fruirne?
Ecco una guida completa sul contratto di affitto con tutto quello che c’è sapere sul mondo della locazione, dalla parte del proprietario di casa e anche dell’inquilino.
Contratto di locazione: chi sono le parti che stipulano
Per prima cosa la normativa di riferimento. A dettare le regole generali sugli affitti è la Legge 9 dicembre 1998, n. 431, intitolata “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”.
La locazione è un contratto con natura consensuale e forma libera in cui le parti sono due: il proprietario dell’immobile, detto locatore e dall’altro l’inquilino, detto conduttore o locatario. In alcuni casi può figurare anche una figura terza, ossia l’agenzia immobiliare a cui il proprietario si è affidato per la ricerca dell’inquilino.
Ma con quali costi? Non c’è una legge specifica al riguardo ma è rimesso tutto all’accordo con il cliente. L’agenzia immobiliare pubblica l’annuncio corredato di foto, si occupa di far visionare ai potenziali inquilini l’immobile e si pone da punto di contatto tra le parti, fino a quando si stipula il contratto di affitto, il momento in cui l’agente immobiliare riceve una provvigione.
In genere in caso di locazione, corrisponde a una mensilità di affitto oppure al 15% del canone annuale di affitto. A pagarla è l’inquilino al versamento della cauzione. Ma cos’è la cauzione? Vediamolo di seguito.
Come bloccare l’appartamento in affitto
Il primo passo per “accaparrarsi” l’immobile è pagare. Si parla in tal caso di versamento della cauzione o deposito cauzionale, ossia una somma di denaro che l’inquilino versa al proprietario quando si firma il contratto di affitto. Questa somma serve come garanzia per il locatore, qualora l’inquilino non rispetti gli obblighi contrattuali, ad esempio non paga i canoni di affitto o arreca danni all’immobile.
La cauzione non può superare le tre mensilità del canone d’affitto e deve essere restituita al conduttore al termine della locazione. Il locatore può trattenere la cauzione solo in determinate situazioni, ovvero in caso di mancato pagamento del canone o di danni all’immobile. Diversa dalla cauzione è il pagamento di mensilità in anticipo che in alcuni casi può richiedere il proprietario.
Come funziona il contratto di affitto
Chiarito ciò veniamo al contratto vero e proprio. Il contratto di locazione è quello con cui una parte, detta locatore, si impegna a garantire il godimento di un bene immobile ad uso abitativo a favore di un altro soggetto, detto locatario o conduttore, il quale a sua volta è tenuto a versare periodicamente un determinato corrispettivo, detto canone di locazione. Il contratto ha forma libera, vale a dire che il codice civile che ne disciplina le regole e il contenuto, non richiede una forma contrattuale tipica e specifica.
È la legge che indica gli elementi tipici che deve contenere il contratto di locazione e sono:
- la generalità delle parti
- la descrizione dell’immobile
- l’indicazione dell’importo del canone
- le modalità di versamento
- la durata della locazione
- i dati catastali.
L’affitto di un immobile arredato
Quando si affitta un immobile non è obbligatorio che sia già arredato. Tuttavia l’affitto di un appartamento già ammobiliato, ossia già fornito di arredi di proprietà del locatore, è frequente soprattutto nel caso di locazione ad uso transitorio.
In questo caso, quando si stipula un contratto di locazione di un immobile arredato, è bene fare un elenco degli arredi presenti nell’immobile redigendo una sorta di inventario. Le spese di ordinaria manutenzione (ad esempio un’anta di un armadio che si rompe) spettano all’inquilino.
Contratto di affitto: è obbligatorio l’APE?
Nel contratto di affitto è necessario inserire un’apposita clausola con la quale il conduttore dichiara di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato di prestazione energetica, ossia l’Ape. Il documento non deve essere obbligatoriamente allegato al contratto di locazione di unità immobiliari.
Se manca la dichiarazione, locatore e conduttore sono soggetti al pagamento, in solido e in parti uguali, di una sanzione amministrativa che può variare da 3.000 a 18.000 euro, da dividere equamente tra proprietario e inquilino.
Quanto dura il contratto di affitto
Per quanto riguarda la durata del contratto di affitto in genere si prevede la formula del 4+4, ossia 4 anni rinnovabili di altri quattro. Il rinnovo è automatico tranne se il conduttore invia, 6 mesi prima della scadenza con lettera raccomandata, la disdetta. A fare tale comunicazione può essere anche il locatore ma solo in casi tassativamente indicati dalla legge che sono:
- necessità di dover destinare l’abitazione a uso proprio del locatore
- ricostruzione dell’edificio
- necessità di vendere l’immobile.
Al termine degli otto anni, il contratto di affitto può essere ancora una volta rinnovato per altri otto ovvero si estingue.
Contratto di locazione: tutte le tipologie
Sono tante le tipologie di contratto di affitto casa previste dalla Legge. Ecco quali sono.
Contratto di locazione a canone libero
Il contratto di locazione abitativa più utilizzato è quello a canone libero, così chiamato perché l’importo è liberamente determinato dalle parti. La durata minima e le modalità di rinnovo, recesso, ecc sono invece dettate dalla Legge.
Contratto di locazione a canone assistito
Nei Comuni ad alta densità abitativa, il locatore-proprietario, a fronte di agevolazioni fiscali, può decidere di utilizzare dei modelli contrattuali standard per la locazione, che vengono stipulati a livello locale dalle associazioni rappresentative della categoria dei proprietari e di quella degli inquilini. Il canone è assistito nel senso che è oggetto di trattative e non può essere deciso liberamente dal proprietario. In genere ha durata fissa di 3 anni, prorogabili di altri due, sempre che il locatore, per esigenze personali, non abbia provveduto ad inviare tempestivamente al conduttore la disdetta entro il termine di 6 mesi prima della scadenza triennale.
Contratto di affitto (locazione) a canone concordato
Il contratto di locazione a canone assistito o concordato è quello previsto nei Comuni ad alta densità abitativa, dove il locatore-proprietario può decidere di utilizzare dei modelli contrattuali standard per la locazione stipulati a livello locale dalle associazioni rappresentative della categoria dei proprietari e di quella degli inquilini.
Il canone è concordato nel senso che la sua misura è decisa dalle parti e non può essere rimessa alla discrezionalità del locatore. La durata di tale contratto in genere è di tre anni, prorogabili di altri due.
Al termine dei 3 anni le parti possono decidere di stipulare di comune accordo un nuovo contratto ovvero in caso di mancata stipula di un nuovo contratto, il precedente si intenderà prorogato per legge per altri 2 anni, sempre che il locatore, per esigenze personali, non abbia provveduto ad inviare tempestivamente al conduttore la disdetta entro il termine di 6 mesi prima della scadenza triennale.
Contratto di affitto ad uso transitorio
Il contratto di locazione ad uso transitorio è così chiamato perchè ha una durata breve e viene stipulato per soddisfare specifiche esigenze temporanee. Con tale contratto il proprietario di un immobile concede per un limitato periodo di tempo e per un’esigenza transitoria specifica il godimento di un immobile dietro pagamento, per un periodo limitato da 1 ad un massimo di 18 mesi.
A differenza delle altre tipologie contrattuali, non è necessario dare la disdetta perché il contratto scade naturalmente alla fine del tempo indicato.
Tra i motivi più frequenti che spingono alla stipula di tale contratto troviamo il trasferimento del conduttore per motivi di lavoro in un’altra città e per motivi di studio da parte di un ragazzo che deve frequentare un’università in una città diversa da quella di residenza.
Il contratto di locazione ad uso transitorio “ordinario” deve essere redatto utilizzando un modello predisposto dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (DM 30 dicembre 2002, Allegato C o D). Fra gli elementi che devono essere obbligatoriamente contenuti nel contratto troviamo:
- le generalità delle parti;
- la descrizione dell’immobile;
- l’importo del canone e le modalità di versamento;
- la durata della locazione;
- il riferimento all’esigenza transitoria, da comprovarsi con idonea documentazione da allegare allo stesso contratto (ad esempio nel caso di trasferimento per motivi di lavoro la dichiarazione del datore di lavoro). C’è da sottolineare che in caso di mancata specificazione dell’esigenza temporanea, il contratto è soggetto alla disciplina ordinaria e quindi la durata sarà di 4 anni + 4 anni.
- la clausola con cui il conduttore dichiara di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine all’attestazione di prestazione energetica.
Nei contratti di locazione ad uso transitorio non è necessario dare la disdetta, perché la cessazione del contratto si verifica automaticamente al termine del periodo prestabilito.
Affitto breve
Chi ha una seconda casa al mare o in montagna e che vorrebbe “impegnarla” per brevi periodi di tempo può pensare di affittarla esclusivamente per il periodo estivo ad esempio. In tal caso la tipologia contrattuale da utilizzare è quella dell’affitto breve. Per pubblicizzare la propria soluzione abitativa oggigiorno sono molto in voga portali on line come Airbnb, HouseTrip o HomeAway per citarne alcuni.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che per contratto di locazione breve si intende un contratto di locazione, di durata non superiore a 30 giorni, di immobili a uso abitativo (comprese le sublocazioni e le concessioni in godimento a terzi a titolo oneroso da parte del comodatario) stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa. Per tali contratti non vi è l’obbligo di registrazione e quindi non andranno pagate le imposte di registro e di bollo come previsto per le altre tipologie contrattuali.
Inoltre si può optare per la cedolare secca anche nel caso di affitto breve ma solo se si affittano con tale modalità fino a 4 immobili. Così se si affitta con la formula breve un solo appartamento si fruisce dell’aliquota per la cedolare secca al 21%. Dal secondo immobile in poi si fruirà dell’aliquota più alta al 26%. E’ il locatore che, in caso di più unità abitative, individua quella su cui applicare la tassazione più bassa. Dal quinto immobile locato, invece, sarà necessario aprire la partita Iva e si presume lo svolgimento in forma imprenditoriale dell’attività.
Gli obblighi del conduttore e del locatore
Dal contratto di locazione derivano una serie di obblighi tanto in capo al locatore quanto in capo al conduttore. Nel primo caso essi sono:
- consegnare l’immobile in buono stato e mantenerlo idoneo all’uso quale abitazione (ad esempio, provvisto di impianti igienico-sanitari, ecc.);
- garantire che il bene sia esente da vizi (ad esempio, senza cedimenti strutturali) e fare in modo che il conduttore possa goderne pacificamente;
- rilasciare al conduttore la ricevuta di pagamento del canone,
- pagare le spese di manutenzione straordinaria (ad esempio, la sostituzione dell’impianto di riscaldamento);
- provvedere alla registrazione del contratto nel termine di 30 giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi 60 giorni, al conduttore e all’amministratore del condominio.
Dal canto del conduttore invece gli obblighi sono:
- prendere in consegna la casa e usarla con la diligenza “del buon padre di famiglia”, eseguendo le necessarie riparazioni, riconsegnando poi l’immobile in buono stato al termine del contratto
- pagare regolarmente il canone alle scadenze convenute
- versare al locatore la cauzione, che di regola può essere al massimo pari a 3 mensilità di canone
- provvedere al pagamento delle spese di manutenzione ordinaria (ad esempio, controllo annuale della caldaia, sostituzione di un vetro rotto, ecc.)
In sostanza tutti i costi di piccola manutenzione, come le spese dovute a riparazione causate dal normale deterioramento o uso del bene, sono a carico del conduttore. Se l’inquilino sia costretto ad accollarsi spese per riparazioni urgenti, che dovrebbero essere a carico del locatore, può chiedere il relativo rimborso a quest’ultimo, a patto di una comunicazione immediata dei costi sostenuti.
Nel contratto a canone libero, le parti possono accordarsi anche per il pagamento delle spese condominiali e decidere come suddividere i costi. In assenza di pattuizioni tra i due soggetti, vengono attribuite a carico dell’inquilino le spese ordinarie, mentre spettano al locatore quelle straordinarie. È bene precisare che, qualora l’inquilino in affitto non paghi la propria quota per le spese comuni, l’amministratore deve rivolgersi direttamente al proprietario dell’alloggio che, dopo aver saldato il debito con il condominio, potrà rivalersi sul conduttore moroso e, nei casi più gravi, risolvere il contratto d’affitto per inadempienza.
Così la sostituzione integrale di pavimenti e rivestimenti spetta al locatore, mentre la manutenzione ordinaria di pavimenti e rivestimenti, infissi e serrande, degli impianti di riscaldamento e sanitario al conduttore. A quest’ultimo spettano anche il rifacimento di chiavi e serrature, la tinteggiatura di pareti e la sostituzione di vetri nonchè la manutenzione ordinaria dell’impianto di riscaldamento e condizionamento.
Casa da imbiancare: chi paga?
Può capitare che l’immobile concesso in locazione non sia stato recentemente imbiancato e necessita di una rinfrescata. Chi paga in questo caso? Dipende da come si sono accordati proprietario e inquilino. Se la casa è da imbiancare prima della locazione, di solito è il proprietario a farsi carico della tinteggiatura per consegnare l’immobile in buone condizioni. In alcuni casi, si può concordare che l’inquilino esegua l’imbiancatura a spese proprie in cambio di uno sconto sul canone.
Se invece la locazione termina, alcuni contratti richiedono che l’inquilino restituisca la casa imbiancata, altrimenti i costi vengono detratti dal deposito cauzionale. Se il deterioramento delle pareti è dovuto al normale utilizzo, l’imbiancatura spetta al proprietario. Se il contratto non specifica nulla, si applicano le norme generali per cui il proprietario deve consegnare la casa in buono stato, così l’inquilino deve lasciarla senza danni eccessivi se non dovuti all’usura del tempo.
Utenze luce e gas: come cambiarle e chi le paga?
Tra i costi da considerare quando si prende casa in affitto, oltre alla cauzione e all’eventuale provvigione all’agenzia immobiliare, troviamo le spese relative alle utenze di luce, gas e acqua.
Se l’immobile era già affittato in precedenza, significa che i contatori sono già attivi quando si entra in casa nuova. La scelta che si deve fare in questo caso è tra voltura o subentro.
La voltura è l’operazione con cui è possibile cambiare il nominativo della bolletta di luce e/o gas e il contatore non subisce alcuna disattivazione. Il nuovo inquilino può scegliere se rivolgersi all’attuale fornitore con cui sono già attive le utenze, oppure cambiarlo. Le spese della voltura sono in capo all’inquilino.
La voltura quindi si effettua quando contratto e contatore sono attivi e vuoi solo cambiare l’intestatario della bolletta. Il subentro invece si verifica quando il contatore è stato staccato ed è necessario riattivarlo. Il subentro in sostanza è quando si va a vivere in una casa che è stata vuota per un certo periodo di tempo e sono state staccate le utenze.
Come si registra il contratto di affitto e quanto si paga
Una volta stipulato il contratto di locazione deve essere registrato all’Agenzia delle entrate ma solo se la durata del contratto supera i 30 giorni all’anno. In particolare la registrazione può avvenire:
- On line dal sito dell’Agenzia, dotati di credenziali di accesso ai servizi quali Entratel o Fisconline
- Agli uffici territoriali delle Entrate, presentando il modello RLI.
Per la registrazione di un contratto di locazione sono dovute l’imposta di registro e l’imposta di bollo. La prima ha misura pari al 2% del canone annuo moltiplicato per il numero degli anni della locazione e a pagarla sono il locatore e il conduttore, 50 e 50. Per ogni copia del contratto da registrare si paga anche l’imposta di bollo di 16 euro ogni 4 facciate scritte.
Chi registra il contratto on line, tramite l’applicazione telematica RLI, potrà pagare le imposte mediante addebito diretto sul proprio conto corrente. Il locatore ha l’obbligo di registrare il contratto di locazione entro 30 giorni e nei successivi 60 deve comunicare all’inquilino l’avvenuta registrazione, nonché all’amministratore in caso di immobile che si trova in un condominio.
Nel caso in cui il contratto non viene registrato per la legge non esiste e si prevede la facoltà in capo al conduttore di ricorrere al giudice per accertarne l’esistenza. In caso di omessa o tardiva registrazione del contratto di locazione, si paga un’imposta di registro che dal 120% al 240% dell’imposta di registro dovuta. In caso di tardivo pagamento dell’imposta di registro, la sanzione applicabile è pari al 30% dell’imposta versata in ritardo.
Le sanzioni possono essere anche ridotte se il contribuente usufruisce del ravvedimento operoso, l’istituto con cui si può rimediare spontaneamente ed entro termini ben precisi, alle violazioni tributarie pagando sanzioni ridotte. Così nel caso di registrazione del contratto di locazione entro 30 giorni, la sanzione da applicare sarà pari al 12% dell’imposta di registro da versare (1/10 di 120%). Se la correzione avviene entro 90 giorni, la sanzione sarà pari al 13,33% dell’imposta di registro da versare (1/9 di 120%), entro 1 anno il 15% dell’imposta di registro da versare e oltre i due anni, la sanzione da applicare sarà pari al 20%.
Lo sconto sulle tasse per il proprietario: la cedolare secca
Passiamo ora al capitolo tasse. In primis dalla parte del proprietario. L’immobile concesso in locazione produce un reddito per il proprietario che viene tassato con l’Irpef e le addizionali.
E’ possibile scegliere di pagare un’imposta sostitutiva, ossia la cedolare secca, che sostituisce l’Irpef e le relative addizionali, non pagando né l’imposta di registro, né quella di bollo.
L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota (vantaggiosa) del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti. È prevista un’aliquota ridotta al 10% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, comma 1, lettere a e b del decreto legge 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché degli altri comuni capoluogo di provincia nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe.
Il reddito assoggettato a cedolare è escluso dal reddito complessivo. E sul reddito assoggettato a cedolare e sulla cedolare stessa non possono essere fatti valere rispettivamente oneri deducibili e detrazioni; il reddito assoggettato a cedolare deve essere compreso nel reddito ai fini del riconoscimento della spettanza o della determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo collegati al possesso di requisiti reddituali (determinazione dell’Isee, determinazione del reddito per essere considerato a carico).
Detrazioni fiscali per chi vive in affitto
Chi vive in affitto può fruire di una serie di detrazioni fiscali da indicare nella dichiarazione dei redditi. Tali detrazioni hanno misura pari a:
- 300 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro
- 150 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 ma non a 30.987,41 euro.
Se l’inquilino ha un reddito complessivo superiore a 30.987,41 euro non spetta alcuna detrazione.
Bonus affitto anche per i giovani. Se il conduttore ha un’età compresa tra i 20 e i 31 anni, e stipula un contratto di locazione per l’unità immobiliare da destinare a propria abitazione principale, ha diritto a una detrazione pari al maggior valore tra l’importo forfetario di 991,60 euro e il 20% dell’ammontare del canone, comunque nel limite di 2.000 euro. Volendo fare un esempio se il 20% del canone annuo è superiore all’importo di 991,61 euro, si potrà portare in detrazione il 20% del canone annuo, fino comunque a 2.000 euro.
L’agevolazione fiscale spetta però per i primi quattro anni di locazione e a condizione che l’abitazione locata sia diversa dall’abitazione principale dei genitori o di coloro cui sono affidati e il reddito complessivo dell’inquilino non superi 15.493,71 euro annui. Così ad esempio, se il contratto è stato stipulato nel 2025 la detrazione può essere fruita per gli anni dal 2025 al 2028. Il bonus spetta anche nel caso in cui il contratto abbia ad oggetto una porzione dell’unità immobiliare adibita a residenza (ad esempio una sola stanza).
Il giovane invece che va a studiare in un’università fuori sede e prende una casa in affitto, può godere della detrazione fiscale nella misura del 19%, calcolabile su un importo del canone di locazione non superiore a 2.633 euro. È necessario che l’immobile oggetto del contratto di locazione sia situato nello stesso comune in cui ha sede l’università o in comuni limitrofi, distanti almeno 100 Km da quello di residenza e, comunque, devono trovarsi in una diversa provincia.
Altra detrazione è prevista per i canoni di locazione pagati da inquilini che hanno stipulato contratti di locazione a canone convenzionato, ossia basati su appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale.
In particolare la misura della detrazione è di:
- 495,80 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro
- 247,90 euro, se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,71 euro e 30.987,41 euro (al di sopra di quest’importo non viene concessa alcuna detrazione).
Infine chi stipula un contratto di affitto in una città lontana per motivi di lavoro e vi trasferisce la residenza ha diritto ad una detrazione pari a:
- 991,60 euro, se il reddito complessivo non supera i 15.493,71 euro
- 495,80 euro, se il reddito complessivo supera i 15.493,71 euro ma non i 30.987,41 euro.
Per fruire della detrazione occorre però che il nuovo Comune si trovi ad almeno 100 chilometri di distanza da quello originario e comunque al di fuori della propria Regione. Inoltre occorre che la residenza nel nuovo Comune sia stata trasferita da non più di tre anni dalla richiesta della detrazione che può essere fruita nei primi tre anni in cui è stata trasferita la residenza.
IMU e Tari: chi paga?
Rimanendo nel capitolo tasse, quando si concede in locazione un immobile può sorgere il dubbio su chi debba pagare le imposte. Partendo dall’Imu, essa è dovuta sempre sulla seconda casa sia disabitata che concessa in locazione a prescindere dalla categoria catastale. A pagare è il proprietario. Il calcolo dell’imposta prevede che prima si individui la base imponibile, costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5%, il moltiplicatore 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A. La base imponibile è ridotta del 50%:
– per i fabbricati di interesse storico o artistico;
– per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni;
– per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda una sola abitazione in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato; il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
Per pagare si utilizza il modello F24 o il bollettino di conto corrente postale da pagare allo sportello o sul sito di Poste italiane. I codici tributo da indicare nel modello F24 sono:
- “3912” per l’abitazione principale e relative pertinenze
- “3913” per fabbricati rurali ad uso strumentale
- “3914” per i terreni
- “3916” per le aree fabbricabili
- “3918” per gli altri fabbricati.
Per la Tari invece, se la locazione è duratura, e c’è un regolare contratto di affitto, a pagare la tassa rifiuti è l’inquilino. Se invece la seconda casa viene concessa in locazione temporaneamente, ad esempio nei mesi estivi, prefigurando così una casa vacanza, allora a pagare è il proprietario. E’ il Comune che invia a casa i bollettini precompilati con le scadenze previste per pagare le varie rate, ferma restando la possibilità di versare tutto in un’unica soluzione.
Cosa fare se l’inquilino non paga il canone
Può accadere che l’inquilino non paghi il canone. In tal caso il proprietario può attivare la procedura di sfratto per morosità. Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto, anche in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti come prevede il codice civile.
In particolare si può attivare la procedura di sfratto in caso di mancato pagamento di una mensilità decorsi venti giorni dalla scadenza prevista. In prima battuta, il locatore, di fronte alla persistente morosità dell’inquilino, invia una lettera di diffida, con raccomandata con ricevuta di ritorno, nella quale si sollecita il pagamento dei canoni arretrati, invitando a lasciare libero l’immobile entro il termine indicato, pena il ricorso alle vie giudiziali. Se la diffida non sortisce effetti, il locatore agisce con l’atto di intimazione di sfratto per morosità, con contestuale citazione in udienza per la convalida. E’ bene affidarsi ad un avvocato di fiducia visto che si tratta di una procedura complessa e che necessita di competenze professionali precise.
La legge contro gli affitti in nero
Per contrastare il fenomeno degli affitti in nero il legislatore è intervenuto prevedendo che il conduttore, in caso di accordo per l’aumento del canone in misura superiore a quanto previsto nel contratto, possa richiedere all’autorità giudiziaria, entro 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, la restituzione di quelle somme versate che non erano dovute e che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dalla legge per quella tipologia di contratto.
In un altro caso, quando cioè il locatore non ha provveduto alla registrazione del contratto nel termine di 30 giorni, può richiedere, con azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dalla legge per tale tipo di contratto.