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Non vi sono dubbi sulla natura “comune” della facciata, eppure è complesso valutare a chi appartengano i balconi e, di conseguenza, a chi spetti farsi carico dei costi per la loro manutenzione. Molte delle diatribe in condominio derivano proprio dalla domanda: come si dividono le spese per la manutenzione dei balconi? In assenza di risposte nel Codice civile, nel corso degli anni è stata la giurisprudenza a cercare di chiarire la questione, ma il dibattitto è tuttora aperto. A meno che un regolamento condominiale di tipo contrattuale (ovvero quello accettato da tutti i proprietari al momento dell’acquisto dell’unità immobiliare) non preveda un particolare criterio di riparto, per una corretta suddivisione delle spese di rifacimento o di sola sistemazione di un balcone è necessario individuare con esattezza le sue caratteristiche strutturali, e come esso si integra con lo stabile. Solo così è possibile stabilire l’appartenenza (in un certo senso, la proprietà) del balcone in oggetto. In effetti, i balconi possono essere essenzialmente di due tipi: aggettanti o incassati.
- Il balcone aggettante sporge rispetto alla facciata e costituisce un prolungamento dell’unità immobiliare: appartiene al proprietario.
- Il balcone incassato, invece, forma una rientranza nella facciata; in genere è anche chiuso su due o tre lati. È di proprietà del condominio.
La normativa sulla proprietà dei balconi in condominio
Il Codice civile non fa menzione dei balconi che, a differenza di scale, portone, facciata, tetto, eccetera, non rientrano nell’elenco delle parti comuni dell’edificio previsto dall’articolo 1117. È stata, quindi, la giurisprudenza, nel corso degli anni, a stabilire quali parti del balcone sono di proprietà esclusiva del condomino e quali sono comuni. Una distinzione importante per capire come si dividono le spese per la manutenzione dei balconi, qualora appunto sia necessario intervenire.
Chi paga le spese dei balconi aggettanti
In questo caso è il proprietario dell’appartamento a farsi carico di alcune spese connesse all’utilizzo del balcone, come per esempio quelle relative al rifacimento della ringhiera, della pavimentazione o dell’intonaco della parte interna.
I costi, invece, per la tinteggiatura e il ritocco di eventuali stucchi ornamentali, in quanto considerati parti comuni di cui, seppure in termini puramente estetici, beneficiano tutti in egual misura, devono essere suddivisi fra tutti i condomini proprietari (che pagano in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà). Ma non solo. La Corte di Cassazione, con la sentenza 14 dicembre 2017, n. 30071, ha osservato che «… mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, né essendo destinati all’uso o al servizio di esso (ai sensi dell’art. 1117 c.c.), il rivestimento del parapetto e della soletta, invece, devono essere considerati beni comuni, se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (Cass. Sez. 2, 21/01/2000, n. 637 del Cass. Sez. 2, 30/07/2004, n. 14576; Cass. Sez. 2, 30/04/2012, n. 6624)». In precedenza, sempre la Cassazione (con la sentenza 19 maggio 2015, n. 10209) aveva precisato che «i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore (dei balconi), quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole, costituiscono beni comuni a tutti». Anche per il Tribunale di Bologna (con la sentenza del 20 maggio 2010) «…devono considerarsi parti comuni gli elementi esterni degli affacci e segnatamente dei balconi, quali in particolare i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini, se adempiono prevalentemente la funzione ornamentale dell’intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari a essi corrispondenti». Il Tribunale di Roma, invece, (sentenza del 7 aprile 2009) entra più nel dettaglio, chiarendo che «… i fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ineriscano ai balconi (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini) sono condominiali se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti. In particolare, i frontalini e i pilastrini di un balcone adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio allorquando svolgono una funzione decorativa estesa a esso, del quale accrescono il pregio architettonico, oltre ad assolvere una funzione estetica volta a rendere armonica la facciata dell’edificio condominiale».
Chi paga le spese dei balconi incassati
Trattandosi di una parte integrante della facciata, ne consegue che le spese del parapetto in muratura di questo tipo di balcone vanno ripartite fra tutti i condòmini in proporzione ai rispettivi millesimi. Per quanto riguarda, invece, la suddivisione dei costi di manutenzione della soletta, si applica il criterio previsto per soffitti, volte e solai dall’articolo 1125 del Codice civile, secondo cui tali spese «…sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto». Quindi, a differenza di quanto avviene nei balconi aggettanti, in quelli incassati la soletta rappresenta il prolungamento del solaio e ha la funzione di separare, coprire e sostenere i diversi piani dell’edificio condominiale.
Chi paga le spese delle terrazze
Anche in questo caso, occorre individuare la tipologia per poter applicare un equo criterio di ripartizione delle spese. Nel caso del lastrico solare che funge da copertura per l’intero edificio, i costi di manutenzione sono da suddividere fra tutti i condòmini. Quando, invece, il lastrico solare è in uso esclusivo a uno o più condòmini – che lo utilizzano come terrazza – per ripartire i costi relativi alle manutenzioni si applica certamente il criterio inserito nell’articolo 1126 del Codice civile: “chi ha l’uso esclusivo del lastrico, contribuisce per 1/3 nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni; i rimanenti 2/3 restano a carico di tutti i condomini dell’edificio, o della parte di questi ai quali il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno“. Più complicato procedere per le terrazze a livello, che coprono parzialmente l’edificio. Queste, infatti, svolgono una funzione di copertura solo per alcuni condòmini. Le spese volte a migliorare la fruizione del terrazzo, dunque, spettano al proprietario esclusivo. Mentre quelle per altri interventi, quali l’impermeabilizzazione o la sostituzione della pavimentazione, il costo va così suddiviso: 1/3 a carico di chi ha l’uso esclusivo del terrazzo, 2/3 a carico del resto dei condòmini.
Chi paga le spese dei ballatoi
Alcuni edifici popolari costruiti fino al XX secolo sono caratterizzati da un lungo passaggio condiviso e con affaccio sul cortile interno, che dà accesso a più appartamenti dello stesso piano. Si tratta delle cosiddette “case a ballatoio” o “case di ringhiera”. Per la ripartizione delle spese di manutenzione di questi particolari passaggi esistono due orientamenti. Il primo, che a oggi è prevalente, considera i ballatoi parti comuni, con spese, sia ordinarie sia straordinarie, a carico dei condòmini che lo utilizzano (anche solo potenzialmente). Lo stesso vale per la manutenzione del piano di calpestio e del parapetto.
Un secondo orientamento, piuttosto datato, equipara i ballatoi alle scale e si rifà a una sentenza del Tribunale di Milano (16 ottobre 1988, n. 12061) che aveva osservato come le spese di rifacimento degli elementi verticali (frontalini, ringhiere ecc..), in quanto parti integranti della facciata, sarebbero a carico di tutti i condòmini (che pagano in proporzione ai rispettivi millesimi), mentre per la ristrutturazione del piano di calpestio troverebbe applicazione l’articolo 1124 del Codice civile, con le spese di manutenzione a carico dei proprietari delle unità immobiliari a cui i ballatoi servono. La spesa relativa è ripartita tra essi – si legge nella norma – per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Che cosa è ammesso fare sul balcone
I balconi aggettanti, in quanto prolungamento dell’appartamento, sono considerati in proprietà esclusiva e, di conseguenza, il condomino proprietario può disporne come meglio crede senza il necessario consenso dell’assemblea. L’articolo 1122 del Codice civile dispone, però, che non si possono eseguire opere che rechino danno alle parti comuni, vale a dire determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
Ciò significa, per esempio, che in un palazzo d’epoca potrebbe essere vietato montare delle tende da sole, poiché andrebbero ad alterare il decoro dello stabile. E lo stesso vale per l’installazione di una parabola televisiva o di un climatizzatore. Altra questione che può sfociare in una lite tra condòmini riguarda la possibilità o meno di preparare un barbecue sul balcone. Sul punto, l’articolo 844 del Codice civile dispone che «il poprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi». Così come per i rumori, anche per le immissioni di fumo e per le esalazioni esistono dei limiti, valutati caso per caso dal giudice. Di recente la Corte di Cassazione (sentenza 20 giugno 2017, n. 15246) ha paragonato un barbecue (nel caso specifico era una struttura fissa costruita in un cortile privato) a un forno, applicando le regole dettate dall’articolo 890 del Codice civile secondo cui affinché l’opera sia in regola è obbligatorio osservare «… le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza». Per quanto concerne, infine, vasi e fioriere sul davanzale, regolamento condominiale permettendo, il condomino può certamente collocarli, sempre prestando attenzione a non intaccare il decoro architettonico o la stabilità del davanzale stesso. Occorre, inoltre, verificare che il regolamento comunale non ponga divieti: potrebbero essere considerati potenziali pericoli per i pedoni che transitano di sotto. Di certo, qualora una fioriera dovesse cedere e colpire una cosa o peggio ancora una persona, il condomino proprietario ne risponderebbe sotto il profilo civile e penale.
In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it
Tratto da Cose di Casa cartaceo numero di Febbraio 2020
… e per abbellire il balcone
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