In un condominio, oltre al regolamento assembleare, può esistere anche il cosiddetto regolamento contrattuale, un atto che viene redatto quando il condominio non esiste ancora, e per questo è anche indicato con la qualifica di regolamento «esterno» o più precisamente, di regolamento di «origine esterna».
Il costruttore o unico proprietario dell’intero edificio, prima di iniziare ad alienare le singole unità immobiliari, predispone il regolamento del condominio dettando le regole per l’individuazione e l’elencazione delle parti comuni, la ripartizione delle spese, le tabelle dei valori millesimali per mezzo delle quali tale ripartizione deve essere effettuata ed altre disposizioni afferenti la vita della compagine condominiale. Con la vendita delle singole unità immobiliari, in ogni singolo contratto traslativo ciascuno degli acquirenti, dichiara di accettare le clausole contenute nel regolamento, il che sostanzialmente conferisce a quest’ultimo i requisiti di un vero e proprio contratto in quanto conosciuto ed accettato in una con le altre clausole contenute nel contratto di compravendita.
In considerazione della particolare modalità della sua formazione non si rende necessaria alcuna approvazione successiva da parte dell’assemblea poiché, una volta perfezionato l’acquisto da parte di tutti gli acquirenti delle rispettive unità immobiliari aventi parte dell’edificio condominiale (non solo gli appartamenti, ma anche le cantine, i box e così via), il regolamento de quo diventa efficace e vincolante nei confronti di tutti venendo a far parte del contenuto dei singoli atti per relationem.
La peculiarità dei regolamenti contrattuali e, con alcune riserve, di quelli approvati in sede assembleare dal voto unanime di tutti i partecipanti al condominio consiste in primis nel fatto che essi possono validamente contenere clausole che dispongono limitazioni dei diritti dei singoli condomini sulle parti comuni e sulle stesse proprietà esclusive, divieti di destinazione delle unità immobiliari, o riserve di proprietà e in genere di clausole che, restringendo le facoltà normalmente spettanti al proprietario, devono, per essere valide ed opponibili, essere accettate da tutti gli acquirenti-condomini. Invero, le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti indipendentemente dalla trascrizione, essendo sufficiente che nell’atto d’acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che seppure non inserito materialmente, deve ritenersi conosciuto ed accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto.
Va precisato anche che la disposizione contenuta nell’art. 1138, ultimo comma, c.c., secondo la quale i regolamenti condominiali non possono in alcun modo menomare i diritti dei condomini, si riferisce ai regolamenti approvati a maggioranza, ma non a quelli approvati da tutti i condomini, i quali, rivestendo con detto valore contrattuale ben possono contenere limitazioni ai diritti dei condomini stessi sia sui beni comuni che su quelli individuali. In ogni caso le norme di un regolamento di condominio aventi natura contrattuale possono derogare od integrare la disciplina legale (Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 1999, n. 11121).
Per meglio dire, nell’àmbito dei regolamenti contrattuali (di origine sia esterna sia interna), occorre distinguere le clausole con contenuto tipicamente “regolamentare”, dirette a disciplinare la conservazione, l’uso ed il godimento delle parti comuni, nonché l’apprestamento e la fruizione dei servizi comuni e le clausole di natura “contrattuale”, che incidono sull’utilizzabilità e destinazione delle parti esclusive o che comportino restrizioni al diritto di proprietà dei singoli sulle cose comuni.
Quanto al contenuto, le clausole che più frequentemente compaiono nei regolamenti origine esterna sono quelle afferenti alla ripartizione delle spese (clausola di esonero totale o parziale dalla contribuzione alle spese, ripartizione di spese in parti uguali ecc.; clausole contenenti divieti o limitazioni dell’uso o della destinazione delle proprietà esclusive o delle parti comuni).
È intuitivo che il regolamento di condominio non può avere un contenuto statico e immutabile, per cui ben può essere oggetto di modifiche nel tempo in relazione ai nuovi interessi di gestione (si pensi all’acquisto di un’area che occorre regolamentare o ad un’innovazione tecnologica che accresca il patrimonio comune.
Se il regolamento contrattuale è una limitazione…
Il regolamento contrattuale può essere fonte di limitazioni, generali o particolari per i singoli condomini relativamente all’utilizzo delle unità immobiliari di proprietà esclusiva; più raro è il caso in cui lo stesso regolamento disponga ampliamenti dei diritti spettanti a ciascuno. Al riguardo, si è chiarito che le limitazioni ai poteri dei condomini e ai loro diritti sui beni individuali – volte ad assicurare le esigenze di convivenza, affinché l’esercizio del diritto di proprietà non sia fonte di inconvenienti e fastidi per gli altri – possono derivare dal regolamento approvato da tutti i partecipanti, in quanto questo, avendo valore contrattuale, trae validità ed efficacia dal consenso degli interessati, purché espresso nella forma richiesta in relazione alla natura di ciascuna limitazione, onere o servitù che si viene ad imporre. Si fa riferimento, soprattutto, a quelle clausole che fanno divieto ai proprietari di destinare gli appartamenti o i locali di proprietà esclusiva all’esercizio di determinate attività oppure di adibirli a determinate forme di utilizzo, perché ritenute pericolose per il condominio, o comunque fonte di disturbo o di disagio per la collettività (per esempio il divieto di destinare le unità immobiliari a imprese, gabinetto medico, studi professionali, esercizi commerciali, bed and breakfast, pensioni).
Del resto, non sussistendo disposizioni di ordine pubblico, per loro natura inderogabili, a vietare l’inserimento nei regolamenti di norme limitative del genere, è del tutto aderente allo spirito e alla lettera dei principi che presiedono alla materia condominiale, per la funzione cogente di assicurare il buon uso e il godimento della cosa comune, l’introdurre in essi vincoli e limiti alle stesse singole proprietà a seguito di concorde determinazione degli aventi diritto, necessitata dallo scopo di conseguire la più comoda e proficua utilizzazione delle cose comuni con il minor danno per esse nonché per il miglior godimento possibile delle utilità connesse alle proprietà esclusive.
Dunque, le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che possono imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell’atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto.