Il decreto caldaiette, di recente approvazione, è stato messo a punto per contrastare l’inquinamento delle città. Basti pensare che in Pianura Padana dall’inizio del 2017 l’allarme smog ha raggiunto livelli preoccupanti superiori di ben tre volte i limiti previsti dalla legge. L’Italia è in buona compagnia, se così si può dire, con Francia, Germania, Spagna e Regno Unito tanto che l’Unione europea ha dato tempo massimo 60 giorni per mettere in campo misure che garantiscano una migliore qualità dell’aria e una maggior tutela della salute pubblica. Altrimenti? Altrimenti l’Italia e i suoi colleghi europei dovranno fare i conti una procedura di infrazione che si aprirà a Bruxelles che significa nuovi esborsi.
L’Italia tenta di muoversi e lo fa varando a fine gennaio il “decreto caldaiette”. Di cosa si tratta? Un insieme di norme che prevede la classificazione degli impianti in base alle emissioni prodotte con una serie di incentivi per la sostituzione delle caldaie non a norma con altre ad elevata efficienza energetica, ossia caldaie a condensazione o pompe di calore.
Le caldaie a condensazione infatti sono tra i sistemi di riscaldamento, installabili in qualsiasi abitazione, più innovativi degli ultimi anni visto che recuperano i fumi di scarico per riscaldare l’acqua e per scaricare la condensa è sufficiente una canalizzazione, il tutto ottenendo un risparmio in bolletta molto elevato, anche fino al 30%.
Così per l’acquisto di tali sistemi di generazione ad elevata efficienza il decreto caldaiette prevede contributi che copriranno fino al 65% della spesa (o ecobonus), arrivando così a pagare l’installazione meno della metà. In alternativa, è possibile usufruire degli incentivi previsti dal Conto Termico che mette a disposizione per l’intero territorio nazionale 900 milioni di euro di cui 700 destinati ai privati e 200 agli edifici pubblici.