L’impianto fotovoltaico installato sul tetto di casa o a terra deve essere qualificato come un’appendice dell’abitazione e come tale può aumentare la rendita catastale su cui poi calcolare le tasse sulla casa come iuc, tari, tasi e imu. Una considerazione che nasce dalla circolare n. 36 del 2013 dell’Agenzia delle entrate in cui si sono esentati dall’obbligo di accatastamento gli impianti fotovoltaici minori. Il criterio di riferimento per considerare un impianto fotovoltaico a servizio delle esigenze di una famiglia e come tale da qualificare come una parte dell’immobile da accatastare è la potenza dello stesso impianto. Se questa è pari o superiore a 3 chilowatt l’impianto deve essere accatastato. Al di sotto di questa soglia di potenza, l’impianto è considerato di modesta entità, per cui secondo l’Agenzia delle Entrate non meritevole di accatastamento.
Non devono essere accatastati inoltre gli impianti in caso di installazioni ubicate al suolo, quando il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi è inferiore a 150 metri cubi.
Nel caso in cui l’impianto dovesse incrementare la redditività ordinaria dell’immobile di una percentuale pari o superiore al 15%, la rendita del fabbricato dovrà essere calcolata tenendo conto della presenza di tale impianto e come tale c’è l’obbligo di accatastamento.
Fotovoltaico: l’impianto è da dichiarare al Catasto?
Per impianti fotovoltaici con potenza superiore a 3 chilowatt l’accatastamento è obbligatorio perché aumenta la rendita catastale dell’immobile.
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il Aggiornato il