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Nei grandi condomini, soprattutto nei complessi di recente edificazione, non è rara la presenza di veri e propri impianti sportivi e di aree dedicate al benessere e alla cura del corpo per chi ha scelto questa soluzione residenziale. Campi da calcetto, pallacanestro, tennis, ma anche piscine, palestre e Spa: nella maggior parte dei casi si tratta di impianti realizzati nel momento in cui è stato edificato il condominio e quindi appartengono a tutti i condòmini che possono beneficiarne in eguale misura, rispettando le disposizioni presenti nel regolamento condominiale. Può capitare, però, che gli impianti vengano invece realizzati in un secondo momento e, addirittura, soltanto con il contributo di alcuni condòmini. La presenza di impianti sportivi, aumenta (e non di poco) il carico di lavoro per l’amministratore, che ha il compito di vigilare sulle parti condivise e provvedere alla loro manutenzione, al fine di evitare che i residenti – e anche i soggetti esterni invitati – possano farsi male.
Che cosa dice la legge sugli impianti sportivi condominiali
* L’articolo 1130 del Codice civile in tema di attribuzioni dell’amministratore prevede, fra le altre cose, che sia egli stesso a «disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse di tutti, in modo che sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini», e compiere «gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio». Ne consegue che, in caso di infortunio di un condòmino – o di un ospite – avvenuto nel campo sportivo o nella palestra condominiale, l’amministratore può risponderne sia dal punto di vista civile sia penale, sempre a condizione che la parte lesa dimostri che l’incidente sia stato causato dalla negligenza del professionista.
Per esempio, se durante una partita di calcetto una delle porte si sgancia e colpisce un giocatore, l’amministratore è ritenuto colpevole in quanto avrebbe dovuto accertarsi delle condizioni di sicurezza del campo. Diverso il discorso nel caso in cui un condomino, utilizzando la palestra condominiale, si ferisca a un piede: in questo caso l’incidente è fortuito e non imputabile alla mancata manutenzione. Il condomino, di conseguenza, non è legittimato a chiedere alcun risarcimento.
Che cosa dice il regolamento condominiale sugli impianti sportivi condominiali
L’utilizzo degli impianti sportivi condominiali, in teoria, dovrebbe essere esclusivamente riservato a coloro che risiedono nello stabile, anche se il regolamento condominiale può contenere disposizioni differenti, che “aprono” a un utilizzo da parte di soggetti esterni, per esempio parenti e amici dei proprietari. Nei supercondomini, visto il numero elevato di persone che vi risiedono, il regolamento può prevedere una turnazione e – come spesso accade – stabilire degli orari di apertura dell’impianto. In ogni caso, qualora i condòmini volessero modificare le norme di fruizione di tali strutture, è sufficiente, anche in presenza di un regolamento contrattuale (che per essere cambiato di norma necessita dell’unanimità), il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.
Chi paga le spese degli impianti sportivi in condominio?
Gli impianti costruiti contestualmente all’edificio appartengono a tutti i proprietari e in base all’articolo 1102 del Codice civile «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa». Tutti i proprietari contribuiscono alle spese di manutenzione, ordinarie e straordinarie, in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà.
Nel caso di un immobile concesso in locazione, l’inquilino paga le spese ordinarie e di utilizzo, mentre sono a carico del proprietario le spese straordinarie e – più in generale – quelle di notevole entità.
Impianti condominiali realizzati in un secondo momento
“Gli impianti comuni si possono aggiungere in un edificio esistente che ne è privo. Questo tipo di innovazione è detta “gravosa”.
Gli impianti possono essere realizzati in un momento successivo all’edificazione dello stabile e in tal caso ogni proprietario è libero di scegliere se contribuire o meno alla spesa: tali opere rientrano, infatti, tra le cosiddette innovazioni “gravose” o “voluttuarie”. Le prime sono caratterizzate da un costo elevato, mentre le seconde sono considerate superflue in rapporto alla valutazione delle condizioni e dell’importanza dell’edificio.
Sul punto, l’articolo 1121 del Codice civile precisa che «qualora l’innovazione comporti una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condòmini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa». La norma spiega, inoltre, che «se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condòmini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa». L’ultimo comma dell’articolo dispone quindi che «i condòmini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera». Ciò significa che chi in un primo momento non ha contribuito, può ripensarci e diventare comproprietario, versando al condominio la quota spettante.
Piscina condominiale
La piscina condominiale appartiene a tutti i condòmini proprietari o soltanto a coloro che hanno contribuito a realizzare l’impianto. In entrambi i casi, l’utilizzo è disciplinato da una serie di regole, che residenti e ospiti sono tenuti a rispettare. Dopo la pandemia da Covid-19 queste sono aumentate al fine di evitare ulteriori contagi e in alcuni casi ancora non sono state abolite perché ritenute comunque utili. Andavano mantenute le distanze di sicurezza tra i lettini e all’interno degli eventuali spogliatoi, dove il numero di docce fruibili poteva essere ridotto per evitare assembramenti.
L’amministratore era tenuto a posizionare, sia all’esterno sia all’interno della piscina, dei distributori di gel disinfettante, mentre l’utilizzo della mascherina non era obbligatorio, a meno di situazioni di affollamento.
Il professionista deve, inoltre, verificare periodicamente il funzionamento dei filtri e l’efficacia della filiera dei trattamenti dell’acqua, nonché garantire la pulizia costante nelle aree comuni.
Da parte sua, il Ministero della Salute ha previsto che prima dell’ingresso in piscina è necessario provvedere a un’accurata doccia con sapone, mentre una volta in vasca occorre calcolare una superficie di acqua pari ad almeno 7 mq per ogni persona.
Tali regole non si applicano alle piscine private, ovvero quella che un singolo proprietario realizza nel proprio giardino. Tale intervento non necessita del via libera dell’assemblea, ma non deve in alcun modo ledere il decoro architettonico dello stabile o pregiudicarne la stabilità.
Vanno rispettare le distanze della piscina dal fondo del vicino, come previsto dall’articolo 873 del Codice civile, secondo il quale «le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore».
Il condomino deve comunque ottenere le autorizzazioni dal Comune di appartenenza, Scia o Permesso di costruire (a seconda della complessità dell’opera), non richiesti se la piscina è di tipo smontabile.
Area giochi nel cortile del condominio
Il cortile condominiale è una delle parti comuni dell’edificio elencate dall’articolo 1117 del Codice civile; i condòmini possono decidere se convertirlo in un’area giochi per bambini. In questo caso può sorgere il dubbio se l’intervento comporti o meno un cambio di destinazione d’uso. Sul punto occorre fare riferimento all’articolo 1117-ter del Codice civile, secondo cui «per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con voti che rappresentino i 4/5 dei partecipanti e i 4/5 del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni. La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di 30 giorni consecutivi e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno 20 giorni prima della data di convocazione. Questa, pena nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso». Infine, il Codice precisa che «sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico». Riguardo all’area giochi, la Corte di Cassazione (sentenza 8 luglio 1981 n. 4479) ha specificato che la disciplina dei giochi dei bambini nei viali del cortile-giardino condominiale non integra una occupazione degli stessi, né un’alterazione della destinazione della cosa comune, con impedimento del pari uso degli altri condomini, risolvendosi in forma di utilizzazione diversa da quella normale ma non illegittima, essendo compatibile con la destinazione del bene. E quindi, l’area giochi può essere disposta dall’assemblea con deliberazione adottata con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 del Codice civile, ancorché il regolamento di condominio di natura contrattuale vieti l’occupazione delle parti comuni da parte dei condòmini.
In collaborazione con Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it
Tratto da Cose di Casa di settembre 2021