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Il condominio si forma spontaneamente, senza che sia necessario sottoscrivere un contratto, quando all’interno di un edificio coesistono almeno due proprietari. In ogni stabile, oltre agli appartamenti, vi sono le cosiddette “parti comuni”, vale a dire spazi e impianti che appartengono a tutti i proprietari delle singole unità immobiliari. Il responsabile di queste parti condivise è l’amministratore, che ha il compito di riscuotere le somme da utilizzare per mantenerle in buono stato. Così funziona il condominio “classico” dove, a parte qualche caso particolare, ciascun condòmino contribuisce alle spese comuni, in proporzione ai millesimi di proprietà in suo possesso. Può succedere, però, che in determinate situazioni si configurino altre tipologie di condominio e, di conseguenza, anche i criteri per la ripartizione delle spese saranno differenti rispetto a quelli convenzionali.
A partire da due proprietari
La presenza di due soli proprietari in un intero edificio che costituiscono un condominio è un’ipotesi che si può verificare. Il problema si pone quando uno dei due non è d’accordo con l’altro e prendere una decisione diventa praticamente impossibile. In casi come questi si configura il condominio minimo. Qualora, invece, alcune parti comuni (come per esempio scale e ascensore) servano soltanto alcuni residenti, si configura un condominio parziale. Infine, si è in presenza di un supercondominio quando due o più edifici autonomi, condividono delle parti comuni (impianti sportivi, parcheggio, …).
Che cosa dice la legge
Il condominio minimo, quello parziale e il supercondominio non sono esplicitamente contemplati dal Codice civile, ma nel corso degli anni la giurisprudenza ha equiparato queste realtà al condominio classico. Alcuni degli articoli del Codice sembrano comunque rimandare alle tre tipologie. Per esempio, il 1139, al fine di risolvere nel condominio minimo l’impasse tra i due condòmini proprietari che hanno pareri opposti su tematiche riguardanti le parti comuni, rinvia alle norme sulla comunione. Invece, l’articolo 1123, a proposito della ripartizione delle spese, introduce il concetto di condominio parziale prevedendo che “qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”. Per quanto concerne il supercondominio, l’articolo 1117-bis, introdotto dalle legge di riforma 220/2012, prevede che le disposizioni sul condominio “classico” “si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari, più edifici o condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117”.
In sintesi
- Si può costituire anche se i condòmini sono solo due
- In un edificio a più scale, per alcune delibere, se ne può crear uno per ogni scala
- Più edifici si possono associare, purché abbiano in comune spazi o impianti
Le tipologie: tre più una
Il condominio minimo
L’articolo 1136 del Codice civile indica quali maggioranze sono richieste affinché l’assemblea di condominio possa deliberare.
• Nel condominio minimo, però, i proprietari sono solo due e se entrambi non la pensano allo stesso modo prendere delle decisioni su parti e impianti comuni è impossibile. Per sbloccare la situazione è intervenuta la Corte di Cassazione, che ha equiparato il condominio minimo a quello “classico”, consentendo di applicare le norme generali sulla comunione, come previsto dall’articolo 1139 del Codice civile. E quindi, quando i due condòmini non sono d’accordo, come dispone l’articolo 1105 del Codice “ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”. Per il resto, si applicano tutte le regole del condominio “classico”, comprese modalità e tempistiche per la convocazione dell’assemblea che, se non rispettate, rendono inefficaci le delibere.
Il condominio parziale
Può succedere che alcune parti comuni servano solo un gruppo di persone, come quando nell’edificio ci sono più scale e ascensori: non avrebbe alcun senso che un condomino della scala A paghi le spese di manutenzione ordinaria della scala B e viceversa. In casi come questi si parla di condominio parziale, variante che prevede assemblee ad hoc (oltre a quelle “generali”), alle quali partecipano soltanto i condòmini interessati all’uso di quelle parti comuni.
• Così, nel caso in cui sia necessario sostituire il motore elettrico dell’ascensore, la decisione sarà presa esclusivamente dai proprietari della scala in cui questo è ubicato. Mentre all’assemblea convocata per il rifacimento della facciata, per esempio, parteciperanno tutti i condòmini.
Il condominio super
Nasce quando un insieme di edifici indipendenti condividono parti e impianti comuni.
• Secondo la Cassazione (sentenza del 14 novembre 2012 n. 19939), il supercondominio è “una pluralità di edifici, costituiti, o meno, in distinti condomìni, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (per esempio il viale d’accesso o l’impianto di illuminazione, il servizio di portierato) in rapporto di accessorietà con fabbricati”.
• Nella stessa pronuncia, la Corte ha chiarito come “ai fini della costituzione di un supercondominio, non sia necessaria la manifestazione di volontà del costruttore, né quella dei proprietari delle unità immobiliari, essendo sufficiente che i singoli edifici abbiano in comune alcuni impianti, o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 cod. civ.”.
• In precedenza, la Cassazione (con la sentenza 15476/01) aveva precisato che le delibere votate dall’assemblea del supercondominio “hanno efficacia diretta e immediata sui singoli condòmini degli edifici che ne fanno parte, senza l’obbligo delle delibere di ciascuna assemblea condominiale”.
• Condominio e supercondominio possono quindi coesistere senza alcun problema, ma occorrerà redigere due tabelle millesimali: una per ripartire le spese delle parti comuni del singolo condominio e l’altra per suddividere i costi delle parti condivise da più edifici.
Ci vuole un amministratore “extra”
L’articolo 67 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile prevede, nei supercondomini con più di sessanta partecipanti, che ciascun condominio designi, con un numero di voti pari alla maggioranza dei partecipanti e i due terzi del valore dell’edificio, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condomìni e per la nomina del “superamministratore”. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio.
Questi risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all’amministratore del condominio di riferimento l’ordine del giorno e le decisioni assunte dalla superassemblea dei rappresentanti dei condomini. Sarà poi l’amministratore a riferire all’assemblea.
• I rappresentanti dei singoli condomìni, che possono anche essere soggetti terzi, partecipano all’assemblea del supercondominio solo se l’intervento alle parti comuni è di manutenzione ordinaria e per la nomina del superamministratore, che necessita del voto favorevole degli intervenuti in assemblea, che rappresentino almeno la metà dei millesimi contenuti nella tabella supercondominiale (relativa alle parti comuni a più edifici).
Nel caso in cui i condòmini siano meno di sessanta, o le opere alle parti comuni abbiano natura straordinaria, all’assemblea possono partecipare (e votare) anche
i singoli proprietari degli immobili che abitano negli edifici del supercondominio. Gli stessi, anche se non partecipano all’assemblea dei rappresentanti, sono comunque legittimati a impugnare le delibere assunte dalla superassemblea, entro 30 giorni dalla data in cui si è tenuta la riunione; oppure, se il rappresentante non ha partecipato all’assemblea, dal giorno in cui il singolo condomino ha ricevuta la copia del verbale.
Può essere anche orizzontale
Esiste una quarta tipologia di condominio. È definita “orizzontale” e si configura, ad esempio, nel caso in cui una serie di villette unifamiliari a schiera, indipendenti una dall’altra, condividano alcune parti comuni.
• La Corte di Cassazione, con la sentenza 18 aprile 2005, n. 8066, ha osservato che la nozione di condominio si configura non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale, ma anche nel caso di costruzioni adiacenti, dotate di strutture portanti e impianti essenziali comuni.
In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it
Tratto da Cose di Casa cartaceo di agosto 2018