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Il proprietario di un immobile che non ha accesso diretto alla strada pubblica, può transitare dal fondo del vicino senza che quest’ultimo possa opporsi. Si può riassumere così la servitù di passaggio, un diritto reale del nostro ordinamento che, in sostanza, obbliga il titolare del cosiddetto “fondo servente” a metterlo a disposizione del proprietario del “fondo dominante”. Secondo l’art. 1067 c.c. poi, il primo non “può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo”. Di contro, il proprietario del fondo dominante “non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente”. Il Codice specifica, inoltre, che affinché si configuri una servitù di passaggio, non è necessario che i fondi confinino tra loro: è sufficiente che siano vicini, così da determinare un’effettiva utilità. Utilità che non sempre è legata esclusivamente alla reale necessità. A volte la servitù di passaggio può essere solo una questione di comodità, come nel caso della stradina inserita nella proprietà del vicino, che consente di accedere alla via pubblica in modo più agevole rispetto a un altro percorso tortuoso.
CE NE SONO DUE TIPI
Esistono tanti modi per classificare le servitù; ci sono quelle volontarie, regolate da un contratto tra le parti, e quelle coattive, come la servitù di passaggio. In questo caso, se i titolari dei due fondi non raggiungono un accordo, è la legge a stabilire se esistono i presupposti per l’istituzione della servitù, quindi toccherà ai proprietari chiedere al giudice di emettere una sentenza per costituirla. Come disposto dall’art. 1053 c.c., chi è in possesso del fondo servente riceverà dal titolare del fondo dominante un’indennità proporzionata al danno cagionato dal passaggio.
Perché sia messa in atto la servitù di passaggio è sufficiente che i fondi siano vicini. In questo modo viene messa in luce l’effettiva utilità.
IL DIRITTO PUÒ ESTINGUERSI
Al pari di altri diritti reali limitati, anche la servitù può venire meno. Ciò avviene, per esempio, nei seguenti casi: scade il contratto tra le parti; il proprietario del fondo dominante rinuncia; il proprietario del fondo servente rinuncia alla proprietà del fondo oppure una sentenza accerti che la servitù non è più necessaria. E ancora, come cita l’art. 1072 del Codice civile, quando una sola persona è proprietaria sia del fondo dominante sia del fondo servente. Infine, la servitù viene a mancare quando non è esercitata per venti anni dal proprietario del fondo dominante.
SI PUÒ CHIUDERE PER MOTIVI DI SICUREZZA
Il titolare di un fondo gravato da servitù è libero di chiudere il passaggio con una recinzione o un cancello, così da rendere più sicura la sua proprietà, ma a una condizione: deve sempre garantire e non ostacolare il transito al titolare del fondo vicino. L’art. 841 c.c. consente al titolare del fondo servente di chiudere in qualsiasi momento la sua proprietà, senza però escludere l’accesso a chi ha un diritto di servitù di passaggio.
Un concetto rimarcato dall’art. 1067, che pone esplicitamente il divieto di aggravare o diminuire l’esercizio della servitù. Così, se il proprietario del fondo servente decide di installare un cancello automatico, dovrà prima assicurarsi di non rendere eccessivamente difficoltoso il transito al vicino, a cui deve comunque consegnare le chiavi o il telecomando per l’apertura a distanza del cancello. Il costo dell’opera, salvo accordi diversi, è a carico del proprietario della stradina, che di sua iniziativa ha deciso di chiuderla.
Purtroppo non sempre le parti in gioco risolvono pacificamente la questione, cosicché in molti casi è necessario interpellare il giudice, che valuta se l’intervento ostacoli o impedisca in modo significativo il passaggio.
Proprio la servitù di passaggio è oggetto di una recente sentenza della Cassazione (n. 17550 del 1° agosto 2014), che ha stabilito come “rientra nel diritto del proprietario del fondo servente l’esercizio della facoltà di apportare modifiche allo stesso e apporvi un cancello per impedire l’accesso ai non aventi diritto, pur se dall’esercizio di tale diritto possano derivare disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalità di transito”.
Sono diverse le sentenze a favore della chiusura del passaggio. Anche la Suprema Corte è tornata di recente a pronunciarsi su questa materia e ha ribadito, per esempio, la legittimità dell’installazione di una barra ad apertura automatica (sentenza n. 1584/2015).
IL VANTAGGIO È EQUO? LE SPESE SI DIVIDONO
Chi paga le spese di manutenzione e riparazione o anche la sola pulizia della servitù di passaggio? La soluzione ideale è che i proprietari dei due fondi si mettano d’accordo sulla ripartizione, ma se non si raggiunge un compromesso per la legge a pagare è il proprietario del fondo che trae maggiori benefici dai lavori. Ovviamente quando il vantaggio è equo, le spese vanno divise tra i titolari dei due fondi. Nel caso in cui una delle due parti decida di eseguire lavori alla servitù di passaggio, dovrà comunque attenersi a delle regole specifiche. L’argomento è affrontato dall’art 1069 c.c. secondo cui, qualora l’intervento sia proposto dal proprietario del fondo dominante, questi “deve scegliere il tempo e il modo per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente. Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal Titolo o dalla legge. Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi”. Ogni singolo caso va quindi ponderato, anche se in linea di massima la spesa per la verniciatura del cancello, trattandosi di un intervento meramente estetico, toccherà al proprietario del fondo servente (che ne trae maggiore beneficio), mentre la riparazione del dispositivo che ne comanda l’apertura sarà a carico del proprietario dominante.
IN SINTESI: GLI ARTICOLI DEL CODICE CIVILE
Il Codice civile dedica ampio spazio alle servitù di passaggio, a cominciare dall’art. 841 che consente al titolare del fondo di chiuderlo a suo piacimento, facendo attenzione a non limitare il diritto di accesso del proprietario del fondo vicino. Salvo differenti accordi, l’art. 1053 prevede che il titolare del fondo servente riceva dal proprietario del fondo dominante un’indennità, mentre a proposito della manutenzione e dei costi che ne derivano, l’art. 1069 specifica come a pagare sia il proprietario del fondo che trae i maggiori benefici dai lavori effettuati, secondo un criterio proporzionale. Gli articoli compresi tra il 1072 e il 1078 del Codice civile, infine, si soffermano sull’estinzione della servitù, che avviene quando un soggetto è allo stesso tempo proprietario del fondo servente e dominante, per scadenza del contratto tra le parti, rinuncia, decisione del giudice o quando non è esercitata per venti anni dal proprietario del fondo dominante.
In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it