Liti in condominio? Per risolverle c’è la Mediazione

Che sia per un motivo futile o per un problema serio, i contrasti tra condòmini sono fatto non raro. Così, per sfoltire il lavoro dei tribunali, il legislatore ha introdotto speciali meccanismi di mediazione, che in molti casi consentono di risolvere le diatribe con risparmio di tempo e denaro.

Marco Panzarella
A cura di Marco Panzarella
Pubblicato il 15/02/2018Aggiornato il 15/02/2018
Liti in condominio? Per risolverle c’è la Mediazione
 Come avviene in qualsiasi comunità, anche in condominio le liti sono piuttosto frequenti. Si pensi, ad esempio, ai rumori lamentati praticamente da tutti i condomini o, ancora, alle controversie scoppiate per un presunto errato utilizzo delle parti comuni dell’edificio.
 
In molti casi a litigare sono i condòmini tra di loro; altre volte, invece, i singoli si contrappongono al condominio, come avviene per l’impugnazione delle delibere assembleari. In generale, a norma dell’art. 71-quater delle Disposizioni di attuazione del Codice civile «Per controversie in materia di condominio (…) si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del Codice».
 
Un lungo elenco che dà luogo a una quantità enorme di contenziosi, che intasano gli uffici e rendono biblici i tempi d’attesa. Così, per snellire il lavoro dei tribunali, il legislatore ha previsto la mediazione obbligatoria, un passaggio preliminare che punta a ripristinare il dialogo tra le parti, affinché le stesse trovino un accordo ed evitino di presentarsi dinanzi al giudice, con notevole risparmio di tempo e anche di denaro.
 
Assoggettate alla mediazione obbligatoria sono, tra le altre, le controversie condominiali riguardanti le sopraelevazioni, il regolamento di condominio, il mandato dell’amministratore, le ripartizione delle spese, la revisione delle tabelle millesimali.
 

Normative di riferimento

La mediazione obbligatoria prevista dall’art. 5, primo comma, del DL 4 marzo 2010, n. 28, è entrata in vigore nel marzo 2012, ma una sentenza della Corte Costituzionale (6/12/2012, n. 272) ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, rendendola inapplicabile. L’istituto è stato reintrodotto, con modifiche, dal cosiddetto “decreto del fare” (DL 21 giugno 2013, n. 69). Il “nuovo” art. 5, comma 1-bis, dispone che «Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio (…) è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione (…). L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. (…) L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza». Oltre alla mediazione, per risolvere le liti condominiali vi sono la negoziazione assistita e l’arbitrato forense, entrambi disciplinati dal decreto legislativo 132/2014 poi convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.

  • Per alcune controversie si è obbligati alla mediazione 
  • L’accordo raggiunto con la mediazione ha valore di sentenza
  • Esistono anche la negoziazione assistita e l’arbitrato forense
 

Sono esclusi dall’obbligo della mediazione

Oltre ai provvedimenti urgenti e cautelari, all’azione civile esercitata nel processo penale, non sono assoggettati alla mediazione: procedimenti di ingiunzione quelli per convalida di licenza o sfratto quelli possessori di opposizione o incidentali di cognizione relativa all’esecuzione forzata procedimenti in camera di consiglio.

Come funziona la mediazione

Il soggetto che vuole agire in giudizio deve presentare un’istanza a un organismo di mediazione che si trovi nella circoscrizione del tribunale nel quale è sito il condominio. L’organismo individua il mediatore (un professionista abilitato) che ha il compito di mettere d’accordo le parti, affinché raggiungano un’intesa amichevole.

L’attività di mediazione deve essere svolta obbligatoriamente presso enti pubblici o privati iscritti al Registro degli organismi di mediazione, tenuto dal Ministro della Giustizia.

Entro 30 giorni dal deposito dell’istanza, il mediatore fissa un primo incontro (gratuito) tra le parti, esponendo loro il funzionamento dell’istituto e chiedendo ai rispettivi legali (obbligati insieme alle parti a essere presenti) di esprimersi sulla volontà di procedere all’accordo. Qualora una delle parti escluda ogni forma di accordo, il procedimento si ritiene concluso e la causa finisce in tribunale. Al contrario, la mediazione va avanti. A questo punto possono verificarsi due scenari. Il primo, ideale, è che l’intesa venga raggiunta al primo appuntamento. In tal caso, il mediatore redige un verbale che prova l’intesa e che, una volta sottoscritto diviene titolo esecutivo e assume l’efficacia di una sentenza. Se, invece, per decidere serve più tempo, il mediatore avanza una proposta conciliativa, chiedendo alle parti di rispondere per iscritto entro 7 giorni. Qualora non pervenga risposta, la proposta si ritiene rifiutata. L’iter della mediazione, soprattutto quando l’oggetto del contendere è complesso, può richiedere più incontri, anche separati, con le parti. In ogni caso, come disposto dalla legge, il procedimento non può protrarsi oltre i 3 mesi.

Il mediatore è una figura professionale abilitata, la cui attività può essere svolta solo presso organismi pubblici o privati, iscritti al registro dedicato, tenuto dal Ministro della Giustizia

Rappresentanza automatica e delegata dell’amministratore

In caso di lite tra condòmino/i e condominio sulle attribuzioni dell’amministratore (art. 1130 c.c.), questi è legittimato a presentarsi dinanzi al mediatore, in qualità di rappresentante del condominio, senza l’assenso dell’assemblea. In tutti gli altri casi, come disposto dall’articolo 71-quater delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, l’amministratore è legittimato a partecipare, «(…) previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice». Si intende: in prima e seconda convocazione, il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. Serve tale approvazione dell’assemblea (di regola con la stessa maggioranza di cui sopra) anche per l’accordo raggiunto sulle liti che non riguardano le attribuzioni dell’amministratore. Qualora ciò non avvenga, si ritiene “non accettato“.

Altre 2 forme di conciliazione

Oltre alla mediazione, esistono altri istituti che si pongono l’obiettivo di risolvere le liti condominiali, evitando l’intervento del giudice. Il primo è la negoziazione assistita“, definita dal dl 132/2014 «un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà, per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo». Uno o più avvocati, detti “negoziatori”, assistono le parti in causa, cercando di trovare un accordo che accontenti tutti. La negoziazione è obbligatoria solo per le liti che prevedono un risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme fino a 50 mila euro. L’iter è analogo a quello della mediazione, con una durata massima di 3 mesi, prorogabili di 30 giorni su richiesta di entrambe le parti. L’eventuale decisione condivisa, controfirmata dalle parti, anche in questo caso equivale a una sentenza. Una novità introdotta dal dl 132/2014 è “l’arbitrato forense” che, secondo le intenzioni del legislatore, dovrebbe contribuire a smaltire l’arretrato giudiziario. L’istituto trova applicazione nelle cause civili, in primo e in secondo grado, con le parti che possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale, secondo le regole sull’arbitrato contenute nel Libro Quarto del Codice civile. Restano escluse dal meccanismo di mediazione le cause di diritti indisponibili, di previdenza e assistenza sociale. Il giudice, una volta ricevuta la richiesta e verificate le condizioni di procedibilità, trasmette il fascicolo al Consiglio dell’Ordine circondariale forense per la nomina di un collegio arbitrale, composto da soggetti iscritti all’albo del circondario da almeno 3 anni. La decisione degli arbitri, il cosiddetto “lodo arbitrale” ha gli stessi effetti della sentenza ed è quindi vincolante per le parti in contenzioso.

Condominio parte in causa, chi paga le spese legali?

Quando il condominio è parte in causa nel procedimento di mediazione, a meno che il regolamento contrattuale non disponga diversamente, le spese legali della procedura si ripartiscono tra i condòmini proprietari, in base ai millesimi di proprietà. Se, però, l’argomento della mediazione riguarda una comunione parziale, le spese della procedura, nonché quelle per l’intervento dell’avvocato possono essere a carico dei soli condòmini interessati.

In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it

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