Prestito vitalizio ipotecario: come monetizzare la propria casa per una vecchiaia serena

Il prestito vitalizio ipotecario è un finanziamento a medio e lungo termine, concesso da banche o intermediari finanziari, a persone di età superiore a 60 anni compiuti e garantito da ipoteca di primo grado.

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello
Pubblicato il 25/12/2021Aggiornato il 25/12/2021
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Spesso si pensa che siano i più giovani ad avere difficoltà ad accendere un mutuo ma anche chi è è in là con gli anni, specie over 60enni, non ha praticamente nessun accesso al credito bancario. Ma dal 2016 è stata introdotta una novità, ossia il prestito vitalizio ipotecario, un finanziamento concesso da banche o intermediari finanziari a persone avanti con l’età e garantito da un’ipoteca sulla casa di residenza. Vediamo da vicino di cosa si tratta.

Cos’è e chi può richiederlo 

Molto diffuso nei paesi di tradizione giuridica anglosassone, da qualche anno è in vigore anche in Italia il prestito vitalizio ipotecario che si pone come una possibile alternativa alla vendita della nuda proprietà offerta ad una particolare categoria di cittadini, quelli di età superiore a 60 anni, per risolvere problemi di liquidità. Si tratta in pratica di un finanziamento a medio-lungo termine, con capitalizzazione annuale degli interessi e delle spese, concesso dalla banca, o altro intermediario finanziario a persone fisiche di età superiore a 60 anni e garantito da un’ipoteca di primo grado su un immobile residenziale.

Questo strumento consente al sottoscrivente di continuare ad abitare nell’immobile, senza perderne la proprietà. Saranno poi gli eredi a decidere in che modo rimborsare il prestito alla banca, che in cambio della liquidità iscrive un’ipoteca di primo grado sull’immobile residenziale. Il meccanismo tutela gli eredi, tant’è che – se il prezzo di vendita dell’immobile non copre interamente la somma da rimborsare alla banca – questi non dovranno “aggiungere” nulla. La norma dice infatti che l’importo del debito residuo non può superare il ricavato della vendita dell’immobile al netto delle spese sostenute. Qualora, invece, il ricavato della vendita dell’immobile superi l’importo del debito, la banca dovrà riconoscere agli eredi il denaro in eccedenza. Può accedere al Prestito vitalizio ipotecario chi è in possesso dei requisiti previsti dalla Legge 2 aprile 2015, n. 44 e dal successivo Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 22 dicembre 2015, n. 226, ovvero tutte le persone fisiche che abbiano compiuto 60 anni e siano proprietarie di un immobile destinato a civile abitazione.

Il prestito vitalizio ipotecario può essere concesso anche congiuntamente a più persone, purché tutte dell’età prevista dalla legge e, anzi, qualora il soggetto finanziato sia coniugato o convivente more uxorio da più di cinque anni e l’immobile da ipotecare in garanzia del prestito costituisca la residenza di entrambi i coniugi o conviventi, la cointestazione del contratto di finanziamento diviene obbligatoria, anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi. Se il prestito è concesso a più persone il rimborso integrale può essere richiesto solo al momento della morte del più longevo dei contraenti.

Come funziona il Prestito vitalizio ipotecario 

Nel prestito vitalizio ipotecario, il capitale finanziato non viene rimborsato con un normale piano di ammortamento rateale, ma, soltanto, integralmente ed in unica soluzione, al verificarsi di determinati presupposti che sono:

  • la morte del soggetto finanziato (o del più longevo tra i soggetti finanziati),
  • in occasione della vendita – o del trasferimento ad altro titolo, purché non a titolo successorio – della proprietà o di un diritto reale di godimento sull’immobile ipotecato qualora siano imputabili al soggetto finanziato, o a terzi datori d’ipoteca, atti compiuti con dolo o colpa grave che riducano significativamente il valore dell’immobile  in caso di costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi;
  • qualora siano apportate modifiche materiali all’immobile rispetto al suo stato originale, come documentato in sede di perizia e dalla documentazione catastale, senza accordo con il finanziatore ovvero modifiche del suo stato giuridico che limitino la libera circolazione qualora l’incuria o la mancanza di adeguata manutenzione abbia determinato la revoca dell’abitabilità dell’immobile;
  • qualora altri soggetti, dopo la stipula del finanziamento, prendano la residenza nell’immobile, ad eccezione dei familiari del soggetto finanziato; a questi fini come familiari si intendono i figli, nonché il coniuge o convivente more uxorio e il personale regolarmente contrattualizzato che convive con il soggetto finanziato per prestare a lui o alla sua famiglia i suoi servizi;
  • nel caso in cui l’immobile oggetto di garanzia subisca procedimenti conservativi o esecutivi di importo pari o superiore al venti per cento del valore dell’immobile concesso in garanzia o ipoteche giudiziali. 

In pratica il soggetto finanziato non deve rimborsare nulla alla banca fino a che resta in vita, poiché l’obbligo di rimborso graverà sui suoi eredi, salva l’ipotesi in cui, prima della morte, si verifichino gli eventi eccezionali di cui sopra. Al momento del decesso, gli eredi dovranno rimborsare in unica soluzione il capitale e gli interessi maturati nel tempo (al tasso fisso, variabile o misto previsto dal contratto), capitalizzati annualmente. È prevista tuttavia la possibilità che il finanziato si accordi con la banca per rimborsare gradualmente in vita gli interessi e le spese, evitandone così la capitalizzazione annuale, e consentendo ai suoi eredi di dover rimborsare unicamente la somma capitale. In tal caso il finanziatore, in caso di inadempimento da parte del finanziato, non può chiedere la risoluzione del contratto (e quindi la restituzione dell’intero importo dovuto) se non quando il mancato pagamento delle rate non si verifichi almeno sette volte, anche non consecutive.

La durata del prestito non si può stabilire a priori  perché dipende dalla durata della vita del soggetto finanziato. Inoltre se il finanziamento è cointestato al coniuge o al convivente, si fa riferimento alla durata della vita del più longevo dei due della coppia.

Le tutele per gli eredi 

Onde evitare che alla morte del finanziato i suoi eredi si trovino nell’impossibilità di provvedere al rimborso, la legge prevede che, se entro 12 mesi dal decesso, il finanziamento non sia stato integralmente rimborsato, la banca ha facoltà di vendere l’immobile, senza necessità di dover ricorrere ad un’ordinaria procedura esecutiva giudiziaria, al prezzo determinato da un perito indipendente. Se entro altri 12 mesi la vendita non si è perfezionata, il prezzo si riduce del 15% per i successivi 12 mesi, e così via fino a quando l’immobile non viene effettivamente venduto. In alternativa gli eredi, d’accordo con la banca, possono provvedere in proprio alla vendita, purché si realizzi entro il termine di 12 mesi se il prezzo di vendita dell’immobile non copre per intero la somma da rimborsare alla banca tra capitale ed eventuali interessi capitalizzati gli eredi non rischiano niente (se non la perdita dell’immobile ovviamente), in quanto la norma prevede espressamente che “l’importo del debito residuo non può superare il ricavato della vendita dell’immobile, al netto delle spese sostenute”. Quindi il rischio che la vendita si perfezioni ad un prezzo insufficiente al rimborso integrale grava sulla banca. 

Diversamente, se il prezzo ricavato è superiore all’importo dovuto alla banca, l’eccedenza va riconosciuta in favore degli eredi (c.d. patto marciano, che già oggi la giurisprudenza della Cassazione qualifica come elemento necessario per riconoscere la validità di operazioni analoghe a quelle previste dalla norma in esame).

Attenzione, però: gli aspetti critici evidenziati dal Consiglio nazionale del Notariato

Come sottolineano i Notai, però, ci sono alcuni aspetti critici dell’istituto che non possono essere tralasciati. In primo luogo, la previsione normativa della capitalizzazione annuale degli interessi che può produrre una crescita esponenziale del debito nei confronti del soggetto finanziatore, tale da eguagliare nel giro di pochi anni o anche superare – particolarmente quando l’aspettativa di vita del soggetto finanziato sia sufficientemente lunga – il valore dell’immobile dato in garanzia. Il finanziato però, precisano sempre i notai, può ovviare a tale problema pattuendo il rimborso totale o parziale degli interessi durante la vita del soggetto finanziato stesso, ma tale pattuizione è facoltativa, e in mancanza gli eredi sicuramente non saranno tenuti a rimborsare l’eventuale maggiore debito accumulato, ma quasi certamente perderanno l’intero valore dell’immobile.

La norma sancisce il diritto della banca di recuperare il proprio credito al di fuori di qualsiasi procedura esecutiva immobiliare, evitando sì le lungaggini giudiziarie, ma anche le tutele per il debitore che tale procedura comporta. In sostanza la procedura di recupero del credito derivante prestito vitalizio ipotecario è interamente “degiurisdizionalizzata” ed affidata allo stesso creditore, che ne gestisce ogni fase, dalla nomina del perito alla vendita del bene, fino alla restituzione agli eredi dell’eventuale eccedenza del prezzo ricavato rispetto al debito garantito. Una prassi che solleva non pochi dubbi sull’effettiva capacità di una delle parti in causa (la banca) di gestire la procedura con modalità che possano tutelare gli interessi anche della controparte (i debitori). 

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