Chi paga l’IMU e la Tari per la seconda casa vuota, affittata, in eredità o comodato

IMU e Tari: vediamo nel dettaglio la tassazione prevista sull’immobile diverso dall’abitazione principale, la seconda casa.

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello
Pubblicato il 18/04/2025Aggiornato il 18/04/2025
imu

Si deve pagare sempre l’IMU su una seconda casa? Anche se non ci abita nessuno? E se viene affittata? Come funziona il pagamento della Tari se la seconda casa non è abitata tutto l’anno? Chi paga IMU e Tari nel caso si eredita un immobile o se viene concesso in comodato gratuito ad un figlio?

Sono tante le domande che possono sorgere quando si tratta di imposte sugli immobili, specie per chi è proprietario di abitazioni diverse dalla prima casa. Entriamo nei dettagli e vediamo le risposte ai dubbi più frequenti in tema di IMU e Tari sulla seconda casa.

IMU e Tari sulla seconda casa

Partendo dall’IMU, questa non è dovuta sugli  immobili adibiti ad abitazione principale tranne che rientri nella categoria catastale di lusso o di pregio, quindi tecnicamente A1, A8 e A9.

Sulla seconda casa invece l’IMU si paga sempre a prescindere dalla categoria catastale. Quindi l’imposta è dovuta sempre per la seconda casa che rientra nelle categorie catastali:

  • A1 abitazione di tipo signorile
  • A2 civile abitazione,
  • A3 abitazioni di tipo economico,
  • A4 abitazioni di tipo popolare,
  • A5 abitazioni di tipo ultrapopolare,
  • A6 abitazioni di tipo rurale,
  • A7 abitazioni in villini,
  • A8 ville di lusso,
  • A9  castelli e i palazzi di pregio storico, artistico e architettonico.

Per calcolare l’IMU sulla seconda casa, va individuata in primis la base imponibile che è data dalla rendita catastale dell’immobile rivalutata del 5%. Al valore ottenuto si devono moltiplicare dei coefficienti previsti per legge che per le abitazioni è “160”. Al valore ottenuto moltiplicando la rendita catastale rivalutata del 5% per il coefficiente previsto per legge si applicano poi le aliquote previste dai Comuni che devono essere pubblicare in un’apposita sezione del sito del Ministero delle finanze. La legge statale stabilisce, per ciascuna fattispecie di immobile, l’aliquota dell’IMU in una misura “standard” che può essere modificata dal comune, in aumento o in diminuzione, entro i margini di manovrabilità stabiliti dalla stessa legge.

Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, l’aliquota di base è pari allo 0,86% che può essere aumentata sino all’1,06% o diminuita fino all’azzeramento. In caso di seconda casa in comproprietà, l’imposta si calcola proporzionalmente alla quota e ai mesi di possesso e ogni contribuente deve versare la propria imposta

La TARI,  la tassa rifiuti, deve essere versata da chiunque possiede o detiene a qualunque titolo locali o aree in grado di produrre rifiuti e si paga sempre sulle seconde case.  Le tariffe che si applicano sono decise a livello comunale che può optare per sconti o riduzioni a seconda di immobili abitati da una sola persona, nonché case per le vacanze o immobili occupati da soggetti che per almeno sei mesi all’anno risiedono all’estero.

Seconda casa concessa in affitto: chi paga IMU e Tari

Chi paga le tasse sulla seconda casa dato in affitto? L’IMU spetta sempre al locatore, ossia il proprietario dell’immobile. Pertanto, gli inquilini non devono occuparsi del versamento dell’imposta. È prevista comunque una riduzione del calcolo dell’IMU, che deve versare il proprietario, per le abitazioni locate a canone concordato. In tal caso l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune per le abitazioni diverse da quella principale o per la specifica fattispecie in questione, è ridotta al 75%.

Per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, quando la seconda casa è messa in locazione, ed è duratura di almeno sei mesi all’anno, con un regolare contratto di affitto, a pagarla è l’inquilino. Diverso il discorso di una seconda casa che viene concessa in locazione per breve tempo, ad esempio una casa vacanza o un affitto breve. A pagare è il proprietario, anche se i Comuni possono stabilire degli sconti in merito. 

Seconda casa disabitata: si pagano le tasse?

Anche in caso di casa disabitata, l’IMU si paga comunque. L’imposta colpisce il possesso dell’immobile. Se la casa disabitata è considerata anche inagibile si ha diritto a uno sconto sull’IMU. 

Diverso è il discorso per la Tari. In tal caso è prevista l’esenzione dal pagamento della TARI sulle seconde case solo se queste sono disabitate e inutilizzabili, cosa che deve provata dimostrando l’assenza di allaccio alla rete elettrica, idrica o fognaria. Quindi la tassa sui rifiuti per una seconda casa non abitata non si paga, ma soltanto a due precise condizioni: la casa deve essere  priva di arredi e priva di fornitura di acqua, gas e luce. 

Dimostrare che la casa è disabitata e che risultano non attive le diverse forniture di beni essenziali è abbastanza semplice: in questo caso è necessario presentare apposita documentazione. Il Comune potrà inoltre effettuare un’ispezione della casa che si dichiara essere sfitta e non abitata per verificare l’effettiva assenza di arredi. Se invece la casa è arredata e dotata di allacci alle utenze, la tassa rifiuti deve essere pagata. Il calcolo lo fa il Comune, che come prevede nel suo regolamento può applicare un criterio presuntivo per stabilire quanto pagare di TARI. Cosa significa? Che il Comune presume che i non residenti debbano pagare un tot per una seconda casa che è presuntivamente proporzionato alla superficie dell’immobile. Così ad una più ampia superficie dell’immobile corrisponde la presenza di un maggior numero di persone e, quindi, una maggiore potenzialità di rifiuti. Ovviamente il contribuente ha sempre la possibilità di dichiarare l’effettivo numero di componenti del proprio nucleo familiare e la superficie dell’immobile, fermo restando che il Comune – considerato che trattasi di seconda casa – non potrà chiedere tariffe alte.

Casa ereditata: chi paga IMU e Tari?

 Nel caso di casa ereditata, per quanto solo in parte, questa è assoggettata al versamento dell’IMU, perché non si tratta dell’abitazione principale, ovvero quella in cui il soggetto dimora abitualmente; tecnicamente, risulta essere solo un immobile “a disposizione”, a prescindere dal fatto che sia l’unico immobile di proprietà. In linea generale, ciò a cui si deve fare sempre riferimento è il concetto di residenza e non il numero di immobili che si posseggono.

 Seconda casa concessa in comodato

 Può capitare che una seconda casa venga concessa in comodato d’uso gratuito. Si tratta di un contratto, redatto in forma verbale o scritta, con il quale una parte consegna all’altra un bene mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire lo stesso bene ricevuto (art. 1803 del c.c.).

Il comodatario, colui che riceve il bene, quindi vive nella casa, è titolare di un diritto di godimento e non di un diritto di proprietà, quindi non è tenuto al pagamento dell’IMU che grava sul proprietario.

Tuttavia la legge prevede uno sconto sulla tassa. In particolare se  si conceda un immobile a titolo di comodato a un parente di primo grado in linea retta (quindi a un genitore o a un figlio) il comodante gode della riduzione della base imponibile IMU al 50%. Occorre però rispettare una serie di condizioni per usufruire di questi benefici  che sono:

  • L’immobile deve essere adibito ad abitazione principale
  • L’immobile non deve appartenere a una delle categorie catastali cd di lusso (A/1, A/8, A/9)
  • Il contratto deve essere regolarmente registrato (se il contratto è scritto, la registrazione è obbligatoria entro 20 giorni dalla data dell’atto con imposta fissa pari a 200 euro; mentre per i contratti verbali si deve presentare la richiesta di registrazione con il modello 69 dell’Agenzia delle Entrate specificando nella tipologia dell’atto: Contratto verbale di comodato).

Il comodante inoltre deve possedere un solo immobile in Italia oltre all’abitazione principale non di lusso sita nel territorio in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato, deve risiedere e avere la sua dimora abituale nello stesso Comune in cui l’immobile è concesso in comodato e infine deve presentare la dichiarazione IMU che attesti il possesso dei requisiti. Diverso il discorso per la Tari, visto che a pagarla è il comodatario.

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