Comprare casa: tutto ciò che bisogna sapere, dal compromesso al rogito fino alle tasse da pagare

Comprare casa è una decisione importante, che comporta un investimento considerevole. Quindi conviene essere preparati, dal momento della scelta, alla compravendita, alle tasse.

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello, Monica Mattiacci
Pubblicato il 30/07/2023Aggiornato il 25/08/2023
comprare casa immagine evocativa

Uno dei momenti più importanti nella vita di una coppia e di una famiglia è senza dubbio l’acquisto della prima casa. Una volta individuato l’immobile che fa al caso proprio è opportuno sapere come muoversi, cosa visionare, le verifiche da compiere, fino alla possibilità di chiedere un mutuo, come si realizza la compravendita e da ultimo le tasse da pagare.

Comprare casa, tre fasi

Sono tre in sostanza le fasi che caratterizzano l’acquisto di casa.

  1. Il momento della scelta
    Diversi sono i fattori che incidono, dalle caratteristiche dell’immobile, ai mq desiderati. Conta tanto anche la zona individuata, sia per le quotazioni del mercato sia per l’organizzazione personale e familiare.
  2. Le tappe della compravendita
    Si parte dalla raccolta della documentazione per arrivare al passaggio di proprietà, che si conclude con il rogito. Un atto che vede coinvolti, oltre a venditore e acquirente, sempre il notaio e molto spesso l’agenzia immobiliare che si è occupata della trattativa. Con tutti i relativi costi.
  3. Fisco: le tasse da pagare
    Le imposte sono quella di registro, catastale e ipotecaria, che variano a seconda che si tratti o meno della prima casa e che il venditore sia un privato oppure un’impresa.

Ecco di seguito una guida completa che spiega passo dopo passo tutto quello che c’è da sapere quando si acquista la prima casa.

Il momento della scelta

 Come muoversi per l’acquisto di un appartamento? Si tratta di un investimento che può rilevarsi un affare ma anche nascondere dei rischi. Dal giorno in cui visioneremo per la prima volta la casa fino al momento della firma dell’atto di compravendita, è consigliabile seguire una serie di accorgimenti, così da ridurre al minimo qualsiasi rischio. L’appartamento e l’edificio prescelti dovranno possedere alcune caratteristiche ben definite, prima di tutto solidità e sicurezza. Per prima cosa, una volta dinanzi allo stabile, se ne devono osservare le condizioni generali: facciata, balconi e finestre, gronde, tetto. Domandate al vostro interlocutore se sono previsti lavori di restauro: si tratta di una spesa da non sottovalutare, meglio saperlo prima. Controllate se il portone si apre e si chiude senza problemi e accertatevi che anche il citofono funzioni. Una volta entrati all’interno, osservate in che stato sono le scale e le ringhiere, quindi constatate la presenza dell’ascensore: dato che l’acquisto di una casa è un investimento nel lungo periodo, è bene considerare che quello che oggi non si presenta come un problema, magari potrebbe diventarlo nel tempo; inoltre è opportuno accertarsi che il proprietario da cui si acquista l’appartamento goda del diritto di utilizzare l’ascensore, perché a volte – quando questo viene installato ex novo laddove non c’era – può accadere che non ne abbia approvato l’installazione, pagato il costo e pertanto non sia autorizzato all’uso. Giunti sull’uscio di casa, osservate se la porta d’ingresso è blindata e valutate se ha una buona tenuta. Una volta entrati, cercate di vedere se ci sono tracce di umidità e muffe; toccate i muri e assicuratevi che non siano umidi, studiate le condizioni dell’intonaco. Attenti anche a come si presenta il pavimento: se presenta avvallamenti, se è spaccato, se alcune piastrelle o pezzi di parquet sono poco stabili, se scricchiola camminando; quando il legno si presenta ringonfio, per esempio, o con grandi macchie in superficie, potrebbero esserci state infiltrazioni d’acqua. A questo punto chiedete gentilmente al proprietario o all’agente immobiliare di aprire tutte le finestre. Osservate l’esposizione dell’appartamento alla luce del sole e, se avete tempo, tornate a visitarlo in orari diversi, con una luce differente: una casa luminosa – si sa – è sempre da preferire. Prima di terminare la visita, date uno sguardo veloce a prese, cassette di derivazione, eventuali fili sporgenti… e a eventuali tubature a vista. Una prova che si può fare è quella di chiedere di aprire nel bagno tutti i rubinetti, doccia compresa, così da valutare la portata d’acqua. Quando gli impianti sono da rinnovare, la spesa non è di poco conto. Infine, soprattutto se l’alloggio si trova in un seminterrato o al piano terra, sarebbe opportuno chiedere informazioni circa i valori di radon, un gas che si sprigiona dal sottosuolo, assai nocivo per l’uomo.  

Impianti a norma e certificazione energetica 

Come muoversi per l‘acquisto di un appartamento? Una volta visitata la casa che si vuole comprare, è importante conoscere lo stato di salute degli impianti, a cominciare da quello elettrico. Se, ad esempio, un vecchio appartamento è sprovvisto dell’impianto di messa a terra, qualsiasi dispersione elettrica potrebbe provocare seri danni alle persone. Meglio non correre rischi e accertarsi fin da subito che tutto sia a norma, sicuro e affidabile. Nel decreto ministeriale 37/2008 è specificato come gli impianti, realizzati dopo il 27 marzo 2008, debbano essere dotati della “Certificazione di conformità”, un documento rilasciato dalla ditta installatrice, che prova come l’impianto sia stato costruito rispettando le normative vigenti. La certificazione riguarda numerose tipologie di sistemi: elettrici, protezione dalle scariche atmosferiche, automazione di porte e cancelli, radiotelevisivi, riscaldamento, condizionamento e climatizzazione, idrosanitari, gas, sollevamento e protezione antincendio. Fra le altre cose, nel documento sono contenuti i dati del responsabile tecnico dell’impresa, del proprietario dell’immobile e i materiali impiegati. Per gli impianti più vecchi, vale a dire costruiti prima del marzo 2008, è sufficiente la cosiddetta “Certificazione di rispondenza”, compilata da un professionista iscritto all’albo professionale, con cinque anni di esperienza nel settore impiantistico.
Per quanto riguarda possibili vincoli, è bene chiarire che chi vende un appartamento non è obbligato ad allegare la Certificazione di conformità, ma l’eventuale mancanza deve essere specificata nell’atto di compravendita. Sarà il nuovo proprietario, in un secondo momento, a richiedere il documento, obbligatorio per ottenere dal Comune il Certificato di agibilità: una casa con un impianto fuori norma non può essere abitata.

Ape e ispezione ipotecaria

Un documento che, invece, il proprietario deve obbligatoriamente presentare insieme all’atto di compravendita è l’Attestazione di prestazione energetica (Ape). L’Ape è una sorta di “carta d’identità energetica” dell’immobile, mentre l’Ipe (Indice di prestazione energetica) rivela quanto consuma l’appartamento. Anche se molti acquirenti continuano a tralasciare questi dati, è consigliabile valutarli con attenzione. Una casa che consuma poco, magari puntando su fonti di energia rinnovabile, è un investimento che nel tempo può rivelarsi conveniente.

 Oltre a queste verifiche tecniche sull’immobile, prima di comprare casa, è bene farne altre in modo tale da recuperare più informazioni possibili sull’immobile e, soprattutto, accertarsi di effettuare l’acquisto dal legittimo proprietario. Mediante l’ispezione ipotecaria è possibile individuare il proprietario dell’immobile e se, sullo stesso, ci sono ipoteche o pendenze, anche giudiziarie.

Comprare casa: da un’agenzia o da un privato 

 Se avete deciso di acquistare casa, potete muovervi in due diverse direzioni: scovare gli annunci dei venditori privati perlustrando la città oppure rivolgervi a un’agenzia immobiliare, che con dei costi aggiuntivi cercherà e selezionerà l’appartamento in base alle vostre esigenze.

Soffermandoci sull’agente immobiliare, esistono molti tipi di agenzie (in franchising, autonome, consorziate eccetera) e scegliere quella giusta non è semplice. Più che seguire un determinato marchio, è consigliabile affidarsi a un agente immobiliare preparato, iscritto al Ruolo Mediatori della Camera di Commercio e capace di spiegare con chiarezza le caratteristiche dell’immobile, senza tralasciare alcun dettaglio. Per sicurezza, chiedete all’agente di mostrarvi la tessera d’iscrizione oppure recatevi alla Camera di Commercio e controllate di persona: un agente non iscritto al Ruolo Mediatori è abusivo e non ha diritto a ricevere nessuna provvigione.

Il percorso comincia solitamente con una visita in agenzia o con una telefonata. Prendere un appuntamento e visitare l’appartamento non costa nulla. Durante il sopralluogo l’agente è obbligato a segnalare eventuali ipoteche che gravano sull’immobile e a chiarire se vi sono lavori di ristrutturazione in programma nel palazzo (il rifacimento della facciata, della scala o la costruzione dell’ascensore… ). Inoltre deve specificare quali sono i costi fiscali e notarili da affrontare qualora la compravendita andasse in porto: un agente che dichiara il falso è “civilmente responsabile”. Se siete davvero interessati all’acquisto, in un secondo appuntamento chiedete i certificati di destinazione urbanistica, quelli di agibilità e abitabilità; informatevi che gli impianti siano a norma di legge; verificare le iscrizioni ipotecarie e le copie delle schede catastali può essere un’ulteriore garanzia per acquistare in sicurezza.

Deve essere iscritto alla Camera di Commercio e avere un tesserino di riconoscimento. La legge dispone che non sia dovuta alcuna provvigione a chi pratica questa professione senza alcun titolo. A lui, per legge, spetta il compito di verificare la provenienza della casa, la titolarità, la presenza o meno di vincoli e garantire con opportune clausole venditore e acquirente.

La provvigione dell’agente immobiliare

Il servizio dell’agenzia, naturalmente, ha un costo che viene pagato, sotto forma di provvigione, sia dal venditore, sia dall’acquirente dello stabile. Quanto? Dipende, poiché nessuna legge impone tariffe fisse o tetti massimi. Di solito, valgono gli usi del posto e le indicazioni della Camera di Commercio locale, anche se nulla di tutto ciò deve essere considerato vincolante. Grosso modo, una provvigione che non superi il 2% del prezzo di vendita può esser ritenuta equa, ma può anche arrivare al 4%. Obbligatoria la fattura: ed è davvero importante, perché le spese di mediazione immobiliare sono deducibili dalla dichiarazione dei redditi, fino a un massimo di 1.000 euro.

Se, invece, avete del tempo a disposizione e volete risparmiare denaro, potete rinunciare alla mediazione dell’agenzia immobiliare e cercare casa in modo autonomo. Sappiate però che questa soluzione può rivelarsi tortuosa e impegnativa ma, soprattutto richiede molta attenzione. Per prima cosa, è consigliabile scegliere un buon notaio, che farà i controlli opportuni sulla proprietà. In alternativa potete pensarci voi: chiedete al proprietario i documenti riguardanti l’immobile, le informazioni sulle condizioni degli impianti e le certificazioni di conformità ed energetiche (gli annunci commerciali di vendita devono riportare per legge l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica). Non dimenticatevi di domandare in che modo è gestito il condominio, a quanto ammontano le spese e se vi sono arretrati da pagare. 
Per saperne di più, potete collegatevi al sito dell’Agenzia delle Entrate e, seguendo le istruzioni, fate un’ispezione ipotecaria online; avrete così la possibilità di visionare informazioni riguardanti le tipologie di formalità presenti nella banca dati ipotecaria: trascrizioni, iscrizioni e annotazioni. La stessa operazione può essere richiesta agli sportelli degli uffici provinciali del territorio di riferimento. Il passo successivo è recarsi all’ufficio tecnico del Comune in cui si trova l’immobile: l’obiettivo è ottenere notizie sulla conformità urbanistica della casa, sapere se esistono concessione edilizia, agibilità e abitabilità e, non ultimo, se vi sono eventuali domande di condono. Per quanto riguarda il prezzo, a differenza di quanto avviene con l’agenzia, quello richiesto dal proprietario potrebbe essere assolutamente “fuori mercato”. Tocca a voi verificare che la valutazione sia accettabile, trovare un accordo e chiudere la compravendita.

Valutare box auto e parcheggi condominiali 

Quando si valuta l’acquisto di un appartamento, è opportuno valutare anche la possibilità di parcheggiare l’auto sotto casa, eventualmente considerando anche l’acquisto di un posto macchina, soprattutto se l’alloggio si trova in città. La prima soluzione possibile, se disponibile, consiste nell’acquistare un box auto inglobato nell’edificio o ubicato in spazi attigui. L’immobile e il box possono essere venduti insieme in un unico “pacchetto” oppure separatamente. 

In alcuni condomini, invece, vi è la possibilità di parcheggiare l’automobile in cortile. I posti riservati a tale utilizzo possono essere a cielo aperto o coperti da apposite tettoie e, solitamente, sono delimitati da linee disegnate sull’asfalto o da paletti con catene. Il parcheggio in cortile molte volte è oggetto di discussione fra condòmini: per evitare spiacevoli sorprese, prima di firmare l’atto di compravendita dell’appartamento è consigliabile informarsi sul regolamento inerente ai posti auto.

Il cortile è uno spazio comune dello stabile e il suo utilizzo può essere disciplinato sia dal regolamento condominiale sia da delibere dell’assemblea. Se esiste un regolamento che vieta il parcheggio delle automobili, per modificarlo servirà il voto unanime e scritto di tutti i condòmini. Il discorso cambia in assenza di regolamento: in questo caso entra in gioco l’articolo 1102 del Codice civile, che disciplina l’uso della “cosa comune”. Nell’articolo si legge che l’utilizzo del bene comune non può impedire agli altri condòmini di farne pari uso, ma non è scritto da nessuna parte che parcheggiare la propria auto in cortile è vietato. La sentenza della Cassazione n.1547 del 2009, ha specificato che lo spazio comune si può utilizzare come “parcheggio temporaneo delle autovetture di condòmini con le limitazioni previste per consentire l’accesso agli esercizi commerciali ed artigianali posti al piano terra dell’edificio condominiale”. Un permesso a tempo quindi, che non impedisca agli altri abitanti dell’edificio di usufruire dell’area comune.

Per evitare malintesi, in assenza di regolamento, l’assemblea di condominio può deliberare a maggioranza e destinare il cortile a parcheggio, a patto che tutti possano accedervi. Se le auto sono più numerose degli spazi a disposizione, si possono organizzare dei turni e, con il voto unanime dei condòmini, richiedere di volta in volta a chi occupa il parcheggio, il pagamento di un corrispettivo in denaro, che confluirà in un fondo comune. Sempre secondo i giudici, l’assemblea non può mai assegnare posti fissi per la seconda auto, tutelando di fatto chi possiede soltanto una macchina.

Se i box auto dell’edificio in cui avete scelto di abitare hanno prezzi eccessivi e qualora nel cortile del condominio non sia possibile parcheggiare l’automobile, un’altra soluzione consiste nel provare ad acquistare un box auto di un palazzo vicino. Il decreto Semplificazioni (9 febbraio 2012, n.5) ha reso possibile l’acquisto dei cosiddetti “parcheggi Tognoli” su area privata, a patto che il posto auto ceduto sia destinato a pertinenza di un immobile ubicato nello stesso Comune.

Riepilogando: prima di firmare l’atto di compravendita, controllate il regolamento condominiale per capire se è possibile parcheggiare l’automobile in cortile. Se il regolamento vieta quest’utilizzo, valutate l’acquisto di un box attiguo al vostro edifico. Il prezzo è proibitivo? Cercatene un altro in uno stabile poco distante: dal 2012 i “box Tognoli” su area privata possono essere acquistati. In questo modo, potreste ritrovarvi ad abitare in un palazzo e parcheggiare l’automobile in quello accanto.

A questo punto c’è da affrontare la questione “prezzo”. Di solito il valore dell’immobile è calcolato in base alla sua superficie “commerciale”, che comprende muri interni ed esterni.

Il valore di mercato della casa

Il valore della casa è dato dalle sue caratteristiche e dalle quotazioni della zona. Occorre quindi capire quali siano i valori medi, cioè il costo al metro quadrato. Un canale per identificare questo dato è l’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it). Un altro sito attendibile è quello del Borsino immobiliare (www.borsinoimmobiliare.it). Utili anche gli annunci immobiliari, tenendo conto che rispetto alla cifra richiesta il prezzo spesso potrà essere scontato dell’8,7% per le nuove costruzioni e del 14,3 % per quelle da ristrutturare (fonte: Nomisma).

 A parte gli immobili di pregio, situati in particolari zone di alcune città o in località turistiche, per il valore di una casa si parte dal calcolo dei metri quadrati. Si considera la cosiddetta “superficie commerciale”, che comprende la superficie netta dell’appartamento, il 100% della superficie delle mura perimetrali e interne, il 50% della superficie di mura in comune con altri appartamenti. A queste si aggiungono altre superfici (balconi, giardini, verande, cantine) con varie proporzioni, come indicato nella tabella.

Elementi che fanno cambiare la valutazione di una casa

Che cosa può far aumentare o diminuire il prezzo? Sul libero mercato non esistono dati oggettivi assoluti, ciò che vale è l’accordo tra le parti, ma alcuni elementi sono senz’altro indicativi.

Fattori che abbassano il prezzo:

  • Assenza di balconi – 5%
  • Piano seminterrato – 30%
  • Piano terra – 20%
  • Piano terra con giardino – 15%
  • Piano 2° senza ascensore – 5%
  • Dal terzo piano in poi senza ascensore – 10% per ogni piano

Fattori che alzano il prezzo:

  • Piano attico + 20%
  • Abitazione con più bagni + 5%
  • Riscaldamento autonomo + 5%
  • Portineria + 5%

Le tappe della compravendita

 Sono tre gli step che portano di fatto all’acquisto di un immobile: la proposta d’acquisto, il preliminare e il rogito.

  1. La proposta irrevocabile d’acquisto

Serve soprattutto per bloccare il prezzo pattuito. È usata solo per le compravendite effettuate tramite un’agenzia immobiliare, tanto che l’intermediario non solo procura il modulo, ma è anche obbligato a sottoscriverlo, insieme a chi compra. Nelle trattative fra privati si ricorre direttamente al compromesso.

È un vincolo per chi compra

Spetta all’agenzia depositare il modulo alla Camera di Commercio. Questo documento ha carattere unilaterale, ossia vincola soltanto il compratore. Il venditore, invece, è libero di accettare o meno la proposta entro il termine fissato, che di solito è di 15 giorni. Oltre alla data di scadenza, devono essere indicati i dati catastali e precisato che l’acquisto va inteso a corpo, ossia che comprende anche la quota spettante di parti comuni. Deve risultare se l’appartamento è locato o libero e prevedere l’impegno, da parte di chi vende, a verificare la regolarità urbanistica e catastale. Alla proposta segue un deposito cauzionale di denaro: se il venditore accetta la proposta, è la caparra confirmatoria che sarà detratta dal prezzo di vendita. Se l’acquirente ha un ripensamento dopo l’accettazione del venditore, la cauzione non sarà rimborsata e chi compra dovrà pagare ugualmente il compenso di mediazione all’agente.

  1. Il contratto preliminare di compravendita

Detto anche semplicemente preliminare, promessa di vendita o compromesso, è un contratto in cui venditore e acquirente si impegnano a stipulare l’atto d’acquisto. Non è un atto obbligatorio, ma può servire quando la vendita immediata non è possibile: è un modo per legare chi compra e chi vende. Inoltre, completa la proposta d’acquisto, che diventa così più dettagliata e completa.

Per il compromesso, notaio sì o no?

Non esiste alcun obbligo che un compromesso sia redatto da un notaio. Ma, non facendolo, abbiamo in mano soltanto un atto privato. Per diventare atto pubblico, e quindi legalmente valido, occorre che sia sottoscritto da un notaio (e trascritto presso l’Agenzia del Territorio). A questo punto, sarà la legge stessa a impedire che l’immobile possa essere venduto a qualcun altro, vi si possa iscrivere un’ipoteca o che possano essere costituiti servitù passive o qualsiasi altro atto pregiudizievole. La registrazione presso l’Agenzia delle Entrate è sempre obbligatoria: entro 20 giorni se si stipula senza notaio; entro 30 giorni se è il notaio a provvedere alla registrazione in via telematica del documento da lui redatto. Perché sia valido, il documento deve contenere il consenso delle parti, la determinazione esatta dell’abitazione in vendita e il suo prezzo.

I costi del compromesso

La registrazione ha sempre un costo:

  • imposta di registro: 200 euro
  • marca da bollo: una da 16 euro ogni 4 facciate o comunque ogni 100 righe. Le marche da bollo sono da apporre su ciascuna copia (minimo due). Vanno acquistate sempre prima di firmare l’atto perché devono avere o la stessa data o essere antecedenti. In caso contrario, non si potrà registrare il compromesso.

Se sono state versate somme a titolo di caparra o acconto, dovrà essere pagata l’imposta proporzionale di registro pari a:

  • 0,50% in caso di caparra confirmatoria (codice tributo 109T).
  • 3% in caso di acconto sul prezzo di vendita (codice tributo 109T).

Questa imposta sarà poi recuperata in sede di rogito. Infatti, è considerata come acconto di quella dovuta per la successiva registrazione dell’atto definitivo. Se invece il rogito non verrà stipulato, non sarà restituita, a meno che la mancata stipula abbia cause non imputabili alle parti. Se l’acquisto è soggetto a Iva (se si acquista casa direttamente dall’impresa costruttrice), per gli acconti si deve pagare solo l’imposta fissa di 200 euro.

Se si devono allegare altri documenti, come la certificazione energetica, la planimetria, il capitolato, si dovranno pagare marche da bollo supplementari (sempre da 16 euro) a seconda della natura del documento e del suo formato. Il pagamento deve essere effettuato attraverso un modello F23, da consegnare in banca o alle Poste. La causale da scegliere è RP, ossia registrazione di atti pubblici e privati. Per finire, serve la compilazione del modello 69, che è una richiesta di registrazione. Questo modello si scarica dal sito dell’Agenzia delle Entrate, ma di norma è fornito dal rappresentate dell’agenzia.

Con il notaio le spese aumentano. Vanno infatti aggiunti:

  • onorario del professionista
  • imposta di bollo di 155 euro
  • imposta ipotecaria di 200 euro
  • tasse ipotecarie di 35 euro.

La firma del compromesso, inoltre, determina anche il diritto dell’eventuale mediatore immobiliare a riscuotere (dopo il rogito) la provvigione.

Entro quanto dal compromesso va stipulato l’atto di vendita?

Dopo quanto tempo dal compromesso e versamento dell’acconto si può versare il saldo e stipulare l’atto di vendita di un immobile? Alla domanda del nostro lettore Albino R. risponde il Consiglio

Ecco la domanda del nostro lettore Albino R. a cui risponde il notaio Paola Casali, Consigliere del Consiglio Notarile di Milano.

Domanda: È possibile fare un compromesso, davanti a un notaio, per la vendita della casa con acconto al compromesso e il saldo concordato fra le parti a 4 anni quando ci sarà l’atto di vendita vero e proprio, il tutto scritto su compromesso?

Risposta: Il compromesso è correttamente definito in termini giuridici “preliminare di vendita”.  Fra le funzioni del notaio rientra anche la stipulazione di questi atti immobiliari. Il vantaggio consiste nel fatto che il preliminare di vendita viene autenticato e quindi non può essere contestata l’autenticità della sottoscrizione e che lo stesso preliminare viene trascritto nei registri immobiliari e quindi si crea un effetto prenotativo a favore del promissario acquirente su quel bene. Pertanto, il proprietario del bene non potrà non solo venderlo a un altro ma i suoi creditori non potranno pignorare il bene. Questo aspetto è estremamente tutelante per colui che intende acquistare un immobile. Il definitivo di vendita tuttavia deve essere stipulato entro un arco di tempo ragionevole, in quanto l’effetto prenotativo viene meno dopo tre anni dalla trascrizione del preliminare nei registri immobiliari. Per rispondere al quesito, la risposta è positiva ma la trascrizione avrebbe efficacia soltanto per tre anni e non per quattro, anche se gli altri effetti del preliminare notarile continuerebbero fino alla stipulazione della vendita. In caso una delle parti non volesse rispettare il contratto stipulato, si potrebbe sempre ricorrere al giudice per ottenere il trasferimento dell’immobile e il pagamento del prezzo.

3. Il rogito

È il contratto finale, stilato, controllato e garantito dal notaio. Chiamato anche atto definitivo di compravendita, deve essere accompagnato da determinati documenti e contenere precise informazioni:

  • l’identità di tutte le parti (venditore, acquirente ed eventuale mediatore). Devono comparire anche il notaio e qualsiasi altra persona presa in causa nella procedura d’acquisto;
  • le classificazioni energetiche (tra cui l’Ape, attestato di prestazione energetica) e le certificazioni
    degli impianti della casa, che ne attestino la regolarità e la corrispondenza con quanto dichiarato in precedenza;
  • i dati catastali, le planimetrie e qualsiasi informazione serva sul bene immobiliare in questione;
  • il documento redatto dall’amministratore del Condominio che attesti il regolare pagamento da parte del venditore delle spese condominiali (salvo conguaglio);
  • tutto quanto riguarda il denaro in circolazione, (percentuali dovute ai mediatori, costo del notaio ecc.), allegando – quando necessario – richiesta e approvazione di un mutuo;
  • l’agibilità dell’immobile, l’assenza di ipoteche, vincoli o vizi di qualsiasi natura.

Il ruolo del notaio

Per legge il contratto di compravendita deve essere stipulato da un pubblico ufficiale imparziale e specializzato sulla materia, il notaio per l’appunto, che deve garantire che l’acquisto dell’immobile avvenga nel rispetto di tutte le norme di legge. Ma il notaio non si limita solo a redigere il rogito, ossia l’atto pubblico di compravendita.

Una serie di domande e risposte sulla figura del notaio, realizzate in collaborazione con il Consiglio Notarile di Milano, aiuterà a comprendere meglio il ruolo di questo attore in una compravendita immobiliare:

  • Quali sono le attività che compie il notaio prima del rogito?

Prima di stipulare il rogito, il notaio esegue una serie di controlli così riassumibili:

  1. accerta l’identità personale delle parti, che intervengono nell’atto e la loro capacità di compierlo attraverso la verifica del regime patrimoniale tra i coniugi (comunione legale dei beni o separazione), della legittimazione ad intervenire, in caso di stranieri, minori, interdetti, inabilitati o beneficiari di amministrazione di sostegno, ecc. Perché tale controllo? Serve a evitare possibili furti di identità, considerando che è possibile accedere ai registri immobiliari e modificare le risultanze degli stessi senza alcun controllo preventivo di legalità.
  • verifica per legge l’inesistenza di precedenti ipoteche, o vincoli o pignoramenti sull’immobileoggetto della compravendita presso l’Ufficio del Territorio dell’Agenzia delle Entrate, nonché la regolarità urbanistica e catastale degli immobili. Il notaio deve verificare, inoltre, che l’immobile oggetto della vendita non sia sottoposto a discipline peculiari ad esempio in tema di edilizia residenziale pubblica (esistenza di requisiti soggettivi in capo all’acquirente, o vincoli di prezzo), o a diritto di prelazione a favore di determinati soggetti o se si tratta di beni di interesse storico, artistico, archeologico.
  1. individua il regime fiscale relativo al caso concreto e verifica la sussistenza di requisiti per eventuali benefici fiscali (ad esempio l’agevolazione per l’acquisto della prima casa, o il credito di imposta o l’esenzione da imposte in caso di trasferimenti in esecuzione di accordi di separazione o di divorzio). Essendo preparato in ambito fiscale è in grado di suggerire soluzioni che consentano un risparmio delle imposte nel rispetto della legge.

Tra le altre verifiche che il notaio deve compiere troviamo quella che riguarda  la prestazione energetica dell’immobile, che deve essere certificata in base alle norme nazionali e regionali in materia. Per la vendita di edifici dotati di impianti è obbligatoria la dotazione e spesso anche l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica (APE), predisposto da un certificatore iscritto in un apposito albo, che indica in sostanza la classe energetica di consumo dell’immobile quanto al riscaldamento. Tale documento deve essere allegato all’atto notarile.

La conformità degli impianti alla normativa di sicurezza è pure un aspetto di cui ci si deve accertare, ma non è vietato acquistare un immobile con impianti non a norma, con l’acquirente che si fa carico dell’adeguamento. Ma questo comporta spese delle quali si dovrà tenere conto nella determinazione del prezzo. Sarà quindi opportuno prevedere nel rogito – e quindi lo farà il notaio – una clausola che contenga gli accordi delle parti in materia. Fondamentale è la regolarità urbanistica dell’immobile, cioè la conformità alle licenze, concessioni, autorizzazioni edilizie a suo tempo rilasciate. Se ci sono dubbi sulla presenza di abusi, il notaio consiglierà di far intervenire un professionista dotato delle necessarie competenze tecniche, per svolgere gli accertamenti e redigere una perizia.

  • Cosa fa il notaio al momento del rogito?

Tutti i controlli del notaio si concludono con l’atto notarile. Di regola al momento della sottoscrizione dell’atto di vendita, avviene anche la consegna del bene. La normativa prevede l’obbligo di depositare il prezzo della vendita dell’immobile a mani proprio del notaio, il quale provvederà a consegnarlo al venditore solo a seguito del buon esito di tutti gli adempimenti successivi alla stipula dell’atto di compravendita. Per la formazione del rogito inoltre la legge prevede a tutela dei cittadini regole minuziose:

  • il notaio deve spiegare e leggere integralmente il contenuto dell’atto alle parti e agli eventuali testimoni, la cui presenza è imposta dalla legge in determinati casi (ad esempio quando una delle parti non è in grado di sottoscrivere o è affetta da menomazioni sensoriali), accertandosi che ne abbiano compreso il contenuto e gli effetti giuridici. Se non lo fa è responsabile penalmente per il reato di falso in atto pubblico;
  • l’atto, una volta letto ed approvato, deve essere sottoscritto dalle parti ed eventualmente dai testimoni davanti al notaio e infine viene sottoscritto dal notaio stesso;
  • quello che il notaio attesta nell’atto notarile fa per legge piena prova a tutti gli effetti – anche davanti al giudice – salvo che sia accertato il reato di falso in atto pubblico.

Anche dopo la firma dell’atto il notaio è tenuto per legge ad effettuare una serie di adempimenti, in tempi brevi, diretti a garantire da un lato allo Stato il pagamento delle imposte, dall’altro la pubblicità ai terzi e la sicurezza dell’operazione a vantaggio di tutti i cittadini. Il notaio è tenuto ad effettuare, entro breve termine la registrazione dell’atto presso l’Agenzia delle Entrate e il pagamento delle relative imposte per conto del cliente e il successivo deposito nei Registri Pubblici per renderlo noto ed efficace nei confronti di tutti (tecnicamente definiti terzi). Il deposito dell’atto nella conservatoria dei registri immobiliari competente è previsto dalla legge per permettere a tutti di sapere chi è il proprietario dell’immobile e se quest’ultimo è gravato da ipoteche o altri vincoli. Infine il notaio deve procedere ad effettuare la voltura catastale, in modo da aggiornare anche il Catasto.

  • Cosa accade se dopo la vendita emergono problematiche varie e la vendita non va a buon fine?

Problemi possono sorgere se emergono ipoteche o pignoramenti non dichiarati (qui entrerà in causa la responsabilità del notaio) o se si riscontrano questioni di natura urbanistica (abusi edilizi, mancanza di agibilità) o tecnici (impianti dichiarati a norma contrariamente al vero). Per questo è importante che il notaio, pur non potendo garantire direttamente questi aspetti, in quanto non è un tecnico ma un giurista, inserisca nel rogito tutti i patti, i richiami, le ammonizioni che possano tutelare l’acquirente e responsabilizzare il venditore. Insomma una compravendita immobiliare, anche quella apparentemente più semplice, ha sempre implicazioni che non si può pretendere di risolvere con il fai-da-te. Il consiglio è quello di ricorrere alla consulenza notarile più presto possibile. Molto meglio se lo si fa prima di avere sottoscritto documenti e assunto obblighi dai quali, in caso di problemi, diventa difficile liberarsi senza danni. 

Se la vendita, dopo la stipula di un regolare contratto preliminare, non si perfeziona, potranno verificarsi due scenari. Il primo contempla il caso che le parti concordemente decidano di non dare esecuzione al preliminare. In questo caso potranno redigere un accordo di “risoluzione per mutuo dissenso”, che preveda anche tempi e modi dei rimborsi e delle restituzioni di somme che fossero state anticipate. Se invece una sola delle parti è inadempiente, probabilmente si aprirà una fase contenziosa. È di comune conoscenza il principio che, se si pente l’acquirente, perde la caparra, mentre è meno risaputo che, se si pente il venditore, deve restituirla raddoppiata. Ma non è così semplice. Possono insorgere complesse valutazioni in ordine al risarcimento di eventuali danni. In questo caso è importante che esista un contratto preliminare redatto con la massima accuratezza, che qualifichi le somme anticipate come caparra o come acconto e magari preveda le modalità di calcolo dei danni subiti dalla parte non inadempiente, in modo da semplificare e accelerare il lavoro di chi dovrà decidere la controversia (il mediatore in prima battuta, poi il magistrato in mancanza di accordo). Se invece, dopo il passaggio di proprietà perfezionato con il rogito, insorgono dei problemi, andranno affrontati in base alla loro natura.

Se si tratta di difetti dell’immobile, la legge prevede, per i fabbricati di nuova costruzione, l’istituto della polizza decennale postuma: una polizza assicurativa che dal 2005 i costruttori devono obbligatoriamente consegnare agli acquirenti, obbligo a volte purtroppo disatteso, magari a fronte di uno sconto sul prezzo. Per i fabbricati non nuovi valgono le norme del codice civile in materia di “vizi occulti”, cioè i vizi che il compratore non conosceva e che non erano facilmente riconoscibili, per i quali sono previsti meccanismi di garanzia. Al contrario, per i vizi riconoscibili con la normale diligenza, la garanzia opera solo se il venditore ha tratti in inganno l’acquirente, dichiarando che il bene era immune da vizi.

(Risposta fornita dal notaio Piercarlo Mattea del Consiglio Notarile di Milano)

  • Quale percentuale deve essere versata al notaio per i controlli che esegue e quale per il rogito? Cosa accade se poi dopo le verifiche non segue la stipula del rogito?

Prima di rispondere a questa domanda è opportuno ricordare che, dopo le liberalizzazioni del decreto Bersani (Decreto legge 223/2006 convertito con la legge 248/2006), sono state abolite le tariffe minime e massime per i notai. Nel caso in cui alle verifiche che esegue il notaio succeda poi la stipula dell’atto di compravendita, i costi delle verifiche sono compresi nella parcella del rogito. Se invece dopo le verifiche, il rogito non viene stipulato, il notaio chiederà un compenso che viene rapportato al lavoro svolto, ossia le visure effettuate, i documenti acquisiti eccetera.

I documenti della compravendita

Prima di presentarsi all’appuntamento con il notaio per la compravendita è bene preparare i documenti che serviranno per preparare l’atto. Vediamo nel dettaglio quali sono i documenti da fornire in caso di compravendita immobiliare, sia nel caso dell’acquirente che nel caso del venditore.

A stilare una lista è il Consiglio nazionale del Notariato che però precisa che la suddetta lista elenca i documenti “in genere richiesti” per una compravendita immobiliare e può non essere esaustiva. Sarà il notaio di fiducia a fornire ulteriori informazioni sulla documentazione necessaria alla specifica compravendita.

  • Documento d’identità (segnalando eventuali cambi di residenza
  • Codice fiscale
  • Estratto atto di matrimonio o certificato di stato libero o di unione civile
  • Copia di eventuali convenzioni patrimoniali o accordi di convivenza
  • Per cittadini extra UE: copia del permesso di soggiorno o del visto d’ingresso.

In caso di acquisto di abitazione come prima casacopia degli eventuali atti di acquisto di vendita della precedente abitazione e della eventuale fattura del venditore e/o del notaio per la detrazione dell’imposta di registro o dell’IVA pagata (credito d’imposta). 

  • In caso di acquisto di pertinenza dell’abitazione “prima casa”: Copia dell’atto di acquisto dell’abitazione.
  • In caso di richiesta di mutuo:in tal caso è meglio comunicare le informazioni per contattare la banca che concederà il mutuo.

Documenti da parte del venditore

  • Documento d’identità (segnalando eventuali cambi di residenza)
  • Codice fiscale
  • Estratto atto di matrimonio o certificato di stato libero o di unione civile
  • Copia di eventuali convenzioni matrimoniali o accordi di convivenza
  • Per cittadini extra UE: copia del permesso di soggiorno o del visto d’ingresso.
  • Copia della planimetria depositata in Catasto ed eventuali altri documenti catastali
  • Copia dei mezzi di pagamento di quanto già ricevuto
  • Copia preliminare di vendita
  • Se l’acquirente paga il prezzo con accollo del mutuo esistente, copia della ricevuta dell’ultimo pagamento
  • Se ci sono ipoteche non ancora cancellate, copia della ricevuta di estinzione del muto e copia dell’assenso alla cancellazione o lettera del notaio che sta curando la cancellazione ovvero attestazione della banca di avvenuto invio telematico di quietanza all’Agenzia delle Entrate
  • Copia del regolamento di condominioe dichiarazione dell’amministratore del condominio attestante l’avvenuto pagamento di tutte le spese condominiali e indicazione delle eventuali spese straordinarie deliberate e delle liti in corso
  • Copia dei provvedimenti edilizi relativi alla costruzione del fabbricato (permesso di costruire, pratiche di variante anche sotto forma di condono edilizio)
  • Copia del certificato di agibilità o della documentazione che ne attesti la richiesta
  • In caso di cessione di terreni on nel caso che l’area di pertinenza del fabbricato sia superiore a mq 5.000, certificato di destinazione urbanistica
  • Se si tratta di locali commerciali, terreno agricolo o appartamento locato ex legge 431/98, documentazione riguardante eventuali diritti di prelazione
  • Attestato di prestazione energetica.

conto termico

Casa di nuova costruzione

 Se la casa è stata appena costruita, è dovere del costruttore produrre tutta la documentazione che ne dimostri la regolarità (concessione edilizia e progetto approvato dal Comune). È importante perché talvolta i locali dell’ultimo piano o al pianterreno possono figurare sul progetto come magazzini o soffitte. Venditori di pochi scrupoli potrebbero presentarli come appartamenti veri e propri, ma sul rogito sarebbero registrati come soffitta o magazzino. Che cosa comporta? Che non sempre è possibile la conversione d’uso, se non dopo interventi particolari (che implicano costi e tempi).
Se l’immobile è in costruzione, esistono due strumenti per proteggersi. Al momento del preliminare bisogna chiedere al venditore di rilasciare la fideiussione (bancaria o assicurativa) a garanzia delle somme consegnate o ancora da consegnare prima del rogito. Il costruttore o venditore dell’immobile è inoltre obbligato (Dlgs 122/2005) a rilasciare all’acquirente una polizza assicurativa che lo garantisce in caso di eventuali danni dell’edificio e da difetti costruttivi.

Case costruite prima del 1967: un’eccezione per la licenza edilizia

Di frequente, quando risulta difficile reperire la documentazione per gli edifici più vecchi, nel rogito viene scritta la dicitura “ante 1967” o “edificio anteriore al 1967”. Ciò è possibile perché, prima di questa data, non era necessario richiedere la licenza edilizia se si costruiva fuori dal centro abitato. Poi, proprio dal 1° settembre di quell’anno, dopo l’entrata in vigore della legge Ponte, la licenzia edilizia divenne obbligatoria per tutti gli immobili. Per poter ricorrere a questa soluzione, è necessario che vengano soddisfatti due requisiti: che l’abitazione si trovi in un edificio davvero situato fuori del centro abitato dell’epoca (che solitamente corrisponde al centro storico attuale di una città) e che sia in qualche modo dimostrabile l’edificazione in epoca anteriore al 1967.

La consegna delle chiavi con il rogito

Una volta terminato il rogito, le chiavi di casa passeranno dal venditore al compratore che, a sua volta, consegnerà gli assegni per il pagamento. Tutto quanto non sarà stato scritto nel rogito, anche se concordato in precedenza con altri strumenti, non avrà nessun valore. In base al decreto-legge n. 223/2006, le parti che stipulano il contratto definitivo di compravendita devono dichiarare le modalità del prezzo concordato, specificando se si tratta di assegni e/o bonifici.

Fisco: le tasse da pagare

Quando si decide di comprare casa tra le spese da tenere in considerazione, oltre a quelle del notaio e agli eventuali costi del mutuo, vi sono le imposte  che variano a seconda del venditore, se sia un’impresa o un soggetto privato. Se si sta acquistando la prima casa inoltre il Fisco concede degli sconti. Entriamo nei dettagli.

 Comprare casa da un’impresa

Nel caso in cui il venditore è un’impresa, la regola generale è che la cessione è esente da Iva. In questo caso, quindi, l’acquirente dovrà pagare l’imposta di registro in misura proporzionale del 9% e le imposte ipotecaria e catastale che hanno misura fissa di 50 euro ciascuna.

L’Iva si applica solo se la compravendita è realizzata da imprese costruttrici o nel caso di ripristino dei fabbricati entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento oppure anche dopo i 5 anni o ancora alle cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali. In entrambi i casi è il venditore che sceglie di applicare l’Iva con aliquota al 10% quando l’immobile è classificato nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, al 22% negli altri casi.

Comprare casa da un privato

Per chi compra casa da un soggetto privato le imposte sono di registro al 9% e quelle ipotecaria e catastale fisse di 50 euro ciascuna. L’imposta di registro non può comunque essere di importo inferiore a 1.000 euro.

Comprare casa con le agevolazioni “prima casa”

Le imposte da pagare sono ridotte quando sussistono i requisiti prima casa. Cosa significa? Con i benefici “prima casa” sono ridotte sia l’imposta di registro, se si acquista da un privato, sia l’Iva, se si acquista da un’impresa. Inoltre non sono dovuti imposta di bollo, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie sugli atti assoggettati all’imposta di registro e quelli necessari per effettuare gli adempimenti presso il catasto e i registri immobiliari. In particolare chi acquista da un privato (o da un’azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un’imposta di registro del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, mentre le imposte ipotecaria e catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro. Se invece il venditore è un’impresa con vendita soggetta a Iva, l’acquirente dovrà versare l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo della cessione, pari al 4% anziché al 10%. In questo caso le imposte di registro, catastale e ipotecaria si pagano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

L’agevolazione prima casa si applica quando ricorrono dette condizioni:

  • il fabbricato che si acquista appartiene a determinate categorie catastali: A/2 (abitazioni di tipo civile); A/3 (abitazioni di tipo economico); A/4 (abitazioni di tipo popolare); A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare); A/6 (abitazioni di tipo rurale); A/7 (abitazioni in villini); A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi). Le agevolazioni prima casa non sono ammesse, invece, per l’acquisto di un’abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici).
  • il fabbricato si trova nel comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o lavora.

L’agevolazione spetta anche per l’acquisto delle pertinenze, classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (per esempio rimesse e autorimesse) e C/7 (tettorie chiuse o aperte), ma limitatamente a una pertinenza per ciascuna categoria. E’ comunque necessario che la pertinenza sia destinata in modo durevole a servizio dell’abitazione principale e che quest’ultima sia stata acquistata beneficiando dell’agevolazione “prima casa”.

Per godere dell’agevolazione per l’acquisto della “prima casa“, l’acquirente non deve possedere un altro immobile acquistato con la medesima agevolazione o, se lo possiede, deve venderlo entro 12 mesi dal nuovo acquisto agevolato. Inoltre, la casa deve trovarsi nel Comune in cui l’acquirente abbia la residenza o la trasferisca entro 18 mesi dall’acquisto.

Comprare una seconda casa con l’agevolazione

L’agevolazione prima casa è riconosciuta anche all’acquirente già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto. Nell’atto di acquisto del nuovo immobile in regime agevolato (compravendita, atto di donazione o dichiarazione di successione) deve risultare l’impegno a vendere l’immobile già posseduto entro un anno. Se questo non avviene, si perdono le agevolazioni usufruite per l’acquisto del nuovo immobile e, oltre alle maggiori imposte e ai relativi interessi, si dovrà pagare una sanzione del 30%.

L’agevolazione prima casa inoltre può essere fruita sempre che l’acquirente non sia già titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su un’altra casa nel territorio del Comune ove si trova l’immobile. Inoltre l’acquirente non deve essere proprietario di un altro immobile acquistato anche dal coniuge in regime di comunione legale usufruendo dell’agevolazione prima casa. E’ necessario allegare all’atto di compravendita una dichiarazione in cui si auto-accerti tali condizioni. E se si dimentica di fare queste dichiarazioni?

Occorre in tal caso un atto integrativo in cui si dovrà dichiarare la sussistenza dei requisiti sia soggettivi che riguardano quindi l’acquirente che oggettivi concernenti l’immobile. Si ricorda infine che l’agevolazione prima casa vale anche  per l’acquisto delle pertinenze dell’abitazione – C2 (cantina), C6 (box auto) e C7 (tettoia) – se le stesse vengano destinate a servizio e ornamento in modo durevole della prima casa per il cui acquisto si è già fruito delle imposte ridotte.

Luxurious country house near "Wilsons Promontory" South Australia. Holiday home that can be rented. Architecture seems nordic.; Shutterstock ID 577863877; Pubblicazione: COSEDICASA05; Ragione Sociale: CEU; Utente: GRAFICI

Quando si perde l’agevolazione fiscale?

Quando si perde l’agevolazione prima casa si dovranno  versare tutte le imposte pagate in misura ridotta insieme agli interessi e una sanzione di importo pari al 30 per cento dell’imposte stessa. Ma quando avviene la decadenza dall’agevolazione? E’ sempre la legge che elenca i casi di decadenza che sono:

  • rendere dichiarazioni false nell’atto di acquisto dell’abitazione 
  • vendita o donazione dell’immobile prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto. L’agevolazione però non si perde se entro 1 anno dalla donazione o dalla vendita dell’immobile si riacquista un altro immobile, anche a titolo gratuito, che venga adibito a propria abitazione principale
  • entro 18 mesi dall’acquisto, se non si è trasferita la residenza nel Comune ove è situato l’immobile.

Proprio in riferimento alla causa di decadenza dell’agevolazione prima casa per mancato trasferimento della residenza nel termine dei 18 mesi, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che se il termine dei 18 mesi per il trasferimento della residenza è ancora pendente, l’acquirente che non può rispettare l’impegno assunto può revocare la dichiarazione formulata nell’atto di acquisto dell’immobile. Come? Basterà presentare un’istanza di revoca all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate dove è stato registrato l’atto, chiedendo la riliquidazione dell’imposta.

Spetta poi all’ufficio riliquidare l’atto di compravendita e notificare l’avviso di liquidazione all’acquirente che dovrà pagare l’imposta dovuta insieme agli interessi. Non sarà applicata invece la sanzione del 30%. Se i 18 mesi passano senza aver trasferito la residenza e non si presenta l’istanza di revoca all’ufficio delle Entrate si decade dall’agevolazione prima casa. 
L’agevolazione prima casa inoltre non si perde quando, entro 1 anno dalla vendita o dalla donazione, il contribuente acquista un immobile sito in uno Stato estero oppure acquista entro lo stesso termine di tempo un terreno su cui realizza un fabbricato non di lusso da adibire ad abitazione principale. In quest’ultimo caso non è necessario che entro 1 anno l’immobile sia ultimato ma basta che ci sia anche un rustico comprensivo di muri perimetrali e la copertura deve essere completata. In tal modo non si perde l’agevolazione fiscale. 

 Riacquisto prima casa: il credito d’imposta

Oltre all’agevolazione fiscale prevista per chi acquista un immobile da adibire ad abitazione principale il Fisco concede un ulteriore beneficio fiscale.  In particolare chi cede l’abitazione acquistata fruendo dell’agevolazione fiscale prima casa ed entro 1 anno poi la vende e ne acquista un’altra anche non ultimata che abbia i requisiti prima casa, ha diritto ad un credito di imposta. Il credito è pari all’imposta di registro o all’Iva che sono state pagate per l’acquisto della prima casa ora venduta. Il credito di imposta può essere usato oltre che in diminuzione dell’imposta di registro dovuta in relazione al nuovo acquisto anche in alternativa:

  • per l’intero importo, in diminuzione delle imposte di registro, ipotecarie, catastali, sulle successioni e donazioni dovute su denunce e atti presentati dopo la data di acquisizione del credito
  • in diminuzione dell’Irpef dovuta in base alla prima dichiarazione successiva al nuovo acquisto
  • in compensazione con altri tributi e contributi dovuti in sede di versamenti unitari con il modello f24

Per avere il credito d’imposta, il contribuente deve manifestare la sua volontà nell’atto di acquisto del nuovo immobile, specificando se intende utilizzarlo in detrazione dall’imposta di registro dovuta per lo stesso atto. Occorre quindi precisare gli estremi dell’atto di acquisto dell’immobile sul quale era stata corrisposta l’imposta di registro o l’Iva in misura agevolata nonché l’ammontare della stessa. L’importo del credito d’imposta in ogni caso non può essere superiore all’imposta di registro o all’Iva corrisposta in relazione al secondo acquisto.

Prima casa, il bonus per gli under 36

Per i giovani che vogliono comprare casa il Decreto Sostegni-bis ha introdotto un’‘agevolazione, ribattezzata bonus prima casa under 36, volta a favorire l’acquisto della casa di abitazione da parte delle persone più giovani attraverso alcune misure di favore, come l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale e il riconoscimento di un credito d’imposta in caso di acquisto soggetto a Iva. È prevista, inoltre l’esenzione dall’imposta sostitutiva per i finanziamenti erogati per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo. Tali agevolazioni si applicano agli atti stipulati nel periodo compreso tra il 26 maggio 2021 e il 30 giugno 2023.

I giovani acquirenti di una “prima casa” per poter fruire del bonus però devono avere un Isee, inteso come l’indicatore della situazione economica equivalente, non superiore a 40.000 euro annui.

L’ISEE viene calcolato sui redditi percepiti e il patrimonio posseduto nel secondo anno precedente la presentazione all’Inps della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), un documento che contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali necessari a descrivere la situazione economica del nucleo familiare. Così per gli atti stipulati nel 2022, l’ISEE è riferito ai redditi e al patrimonio del 2020; per gli atti stipulati nel 2023, l’ISEE è quello del 2021.

I giovani che possono fruirne sono quelle persone che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell’anno in cui l’atto è rogitato. Inoltre è necessario che l’acquirente:

  • abbia o stabilisca la propria residenza, entro 18 mesi dall’acquisto, nel Comune in cui si trova l’immobile
  • dichiari, nell’atto di acquisto, di non essere titolare, nemmeno in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare
  • dichiari, nell’atto di acquisto, di non essere titolare, neppure per quote o in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle stesse agevolazioni “prima casa”. In caso contrario, è necessario vendere l’immobile posseduto entro un anno dalla data del nuovo acquisto

L’agevolazione trova applicazione per gli atti di acquisto di abitazioni per le quali ricorrono i requisiti di “prima casa”. Tra gli immobili ammessi al beneficio rientrano quelli classificati o classificabili nelle seguenti categorie catastali:

– A/2 (abitazioni di tipo civile);

– A/3 (abitazioni di tipo economico);

– A/4 (abitazioni di tipo popolare);

– A/5 (abitazione di tipo ultra popolare);

– A/6 (abitazione di tipo rurale);

– A/7 (abitazioni in villini);

A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi).

L’agevolazione non è ammessa, invece, per l’acquisto di un’abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico e artistico). L’agevolazione si applica a tutti gli atti comportanti il trasferimento a titolo oneroso della proprietà (o quota di comproprietà), il trasferimento o la costituzione di diritti reali di godimento (nuda proprietà, usufrutto, uso, abitazione). L’agevolazione invece non è applicabile ai contratti preliminari di compravendita.

I benefici si estendono anche per l’acquisto delle pertinenze dell’immobile principale, classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (per esempio, rimesse e autorimesse) e C/7 (tettoie chiuse o aperte), limitatamente a una pertinenza per ciascuna categoria e destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato. L’acquisto della pertinenza può avvenire contestualmente a quello dell’abitazione principale, o anche con atto separato, purché stipulato entro il termine di validità temporale dell’agevolazione e nel rispetto dei requisiti soggettivi previsti

Per chi acquista da un’impresa, la norma riconosce agli acquirenti un credito d’imposta di ammontare pari all’IVA corrisposta all’impresa in relazione all’acquisto. Il credito d’imposta può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito, ovvero può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto; può altresì essere utilizzato in compensazione ma in ogni caso non dà luogo a rimborsi.

Comprare casa accendendo un mutuo

Chi non ha la liquidità necessaria per comprare casa ha come scelta quasi obbligata quella di chiedere l‘accensione di un mutuo.

Strumento fondamentale per acquistare, ma anche costruire o ristrutturare un immobile, in particolare la propria abitazione, il mutuo è un finanziamento a medio-lungo termine, che in genere dura da 5 a 30 anni.

Chiunque può richiedere un mutuo, purché possa dimostrare di essere in grado di restituire nel tempo la somma avuta in prestito. L’importo massimo finanziabile è l’80 % del valore di mercato del bene immobile oggetto dell’ipoteca. il limite dell’80 % del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire può essere elevato fino al 100%, qualora vengano date ulteriori garanzie.

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Forme alternative all’acquisto: leasing immobiliare, vendita con riserva e rent to buy

Per ridare linfa al settore immobiliare, il legislatore ha adottato due nuovi strumenti per permettere ai soggetti che non dispongono della liquidità immediata di acquistare casa: il leasing immobiliare e il rent to buy.  A parte si colloca anche la vendita con riserva, isciplinata dall’art. 1523 del Codice civile.

  • Rent to buy: si paga un canone e poi si riscatta la casa
  • Leasing abitativo: prevede un canone e un saldo. Gode delle detrazioni fiscali
  • Vendita con riserva: la casa si paga a rate. Ma si può decidere di non acquistarla

La scelta giusta: le differenze sostanziali riguardano le tipologie di soggetti che possono stipulare tali contratti, e soprattutto i termini di risoluzione. Per conoscere a fondo tutti gli aspetti delle tre formule di compravendita, è consigliabile consultare il sito http://www.notariato.it, nelle sezioni dedicate.

Il rent to buy

Fonde il preliminare di vendita e il contratto di locazione. Il proprietario dell’alloggio, dopo aver concluso l’accordo, mette subito a disposizione il bene, in cambio del pagamento di un canone mensile, che si compone di due parti: la prima è relativa all’utilizzo e al godimento dell’immobile; la seconda rappresenta un anticipo sul prezzo finale di vendita (concordato all’inizio) qualora, dopo dieci anni massimo, l’utente decida di riscattarlo. Al contrario, se il conduttore decide di non acquistare l’immobile, gli saranno comunque restituite quelle parti dei canoni versati per l’anticipo sul riscatto. Il contratto è applicabile anche ai box auto o terreni agricoli. Le spese per la trascrizione e l’atto di compravendita sono a carico dell’acquirente mentre per la durata del contratto è il proprietario a dover pagare eventuali lavori straordinari. I costi per la manutenzione ordinaria, a meno che l’accordo non preveda diversamente, sono invece a carico del conduttore.

Il contratto del rent to buy

✓ è adatto a chi non può accedere al credito bancario
✓ va trascritto nei registri immobiliari
✓ ha una durata massima di 10 anni
✓ prevede che le spese per la trascrizione e l’atto di compravendita
 siano a carico dell’acquirente
✓ non obbliga l’acquirente a riscattare il bene
✓ prosegue anche in caso di fallimento del proprietario

Il leasing abitativo

Con l’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016, il contratto è stato esteso a tutti i cittadini che desiderano acquistare la prima casa, soprattutto ai giovani fino ai 35 anni. L’accordo prevede che l’immobile scelto dall’utente sia acquistato da una società di leasing. La società e il futuro acquirente stipulano un contratto di locazione finanziaria (durata massima 30 anni), che prevede il versamento di un anticipo e il pagamento mensile di un canone. Al termine del contratto, l’utente ha la possibilità di riscattare l’alloggio, pagando la cifra totale pattuita in origine, esclusi i canoni già versati. In caso di mancato riscatto, l’utente non ottiene indietro nulla. Il leasing, inoltre, così come il mutuo, richiede determinate garanzie e, soprattutto, l’anticipo iniziale. I vantaggi, soprattutto per gli under 35 che hanno un reddito non superiore ai 55 mila euro, riguardano la possibilità di ottenere una detrazione fiscale del 19% sui canoni versati mensilmente (fino a 8 mila euro annui) e sul prezzo di riscatto finale dell’immobile, fino a 20 mila euro. Per chi ha più di 35 anni, invece, la detrazione del 19% sui canoni è limitata a 4 mila euro annui e il riscatto finale si calcola su max 10 mila euro. In più vi è la possibilità di sospendere il pagamento dei canoni per un intero anno, ma solo in caso di comprovata perdita del lavoro.

Il contratto del leasing abitativo

✓ è vantaggioso soprattutto per gli under 35
✓ ha una durata massima di 30 anni; prevede il riscatto facoltativo
✓ prosegue anche in caso di fallimento del costruttore
✓ può essere ceduto a un’altra persona
✓ applicazione in misura ridotta dell’1,5% dell’Imposta di Registro
✓ se si interrompono i pagamenti, l’immobile torna al proprietario

Vendita con riserva di proprietà

Consiste nella stipula di un contratto tra privati, in base al quale l’immobile passa subito “a disposizione” dell’acquirente, il quale però non ne acquisisce la proprietà. Questi ha la possibilità di pagare a rate il prezzo finale del bene, che intanto resta di proprietà del venditore. L’accordo prevede che l’acquirente, in attesa che l’ultima rata sia versata e acquisisca l’alloggio, affronti le spese di manutenzione, mentre restano a carico del proprietario le imposte dirette e quelle locali. In caso di risoluzione del contratto, il venditore deve restituire al conduttore le rate pagate, ma può ottenere un equo compenso per l’utilizzo del bene e il risarcimento dei danni.

Il contratto della vendita con riserva di proprietà

✓ è adatto a chi non dispone di un capitale in partenza
✓ si diventa proprietari solo dopo il saldo
✓ le spese di manutenzione sono a carico dell’acquirente

Decreto Legge 12/9/2014 n.133 –  L’Art. 23 riguarda la “Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva   alienazione di immobili”. Indica
che i contratti diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato, imputando al corrispettivo del trasferimento  la parte di canone indicata nel contratto, va trascritto nei registri immobiliari ai sensi dell’art. 2645-bis del Codice civile.

Legge 28/12/2015 n. 208 (legge di Stabilità 2016)
L’art. 1, comma 76 specifica che “Con il contratto di locazione finanziaria di immobile per abitazione principale, la banca (o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo, di cui all’art. 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) si obbliga ad acquistare, o a far costruire, l’immobile su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che se ne assume tutti i rischi anche di perimento, e lo mette a disposizione per un dato tempo”.

Acquistare casa sulla carta

Forma alternativa di compravendita, l’acquistare casa sulla carta molto spesso può nascondere insidie. Il legislatore ha cercato di porvi un freno prevedendo una serie di garanzie per il futuro acquirente.

Cosa significa?  L’acquistare casa sulla carta riguarda immobili ancora da costruire. Per la legge essi sono quei fabbricati per i quali è stato richiesto il permesso di costruire, rilasciato dal Comune competente ma sono ancora da edificare o la cui costruzione non è ancora stata ultimata e come tale non è stato rilasciato il certificato di agibilità. Possono acquistare sulla carta le persone fisiche, mentre a vendere devono essere solo costruttori, imprese o cooperative edilizie che promettono in vendita o vendono un immobile da costruire.

Se da una parte l’acquirente che sceglie di acquistare sulla carta può contare magari su un prezzo più vantaggioso acquistando sulla carta, dall’altra si nascondono dietro tale forma di compravendita numerose insidie a cui il legislatore ha cercato di porre un freno con la legge n. 122 del 2015.

La garanzia della fideiussione

Tale provvedimento fissa diverse forme di tutela dell’acquirente tra cui la fideiussione, una garanzia personale in virtù della quale un soggetto si obbliga a pagare un debito di un terzo quando quest’ultimo non vi provveda. Così per l’acquisto della casa su carta si prevede che il costruttore ha l’obbligo di procurare e consegnare all’acquirente, al momento in cui stipula il contratto preliminare o l’atto con cui si impregna al futuro trasferimento dell’immobile, una fideiussione.

Con essa il promissario acquirente si garantisce la restituzione di tutto quanto versato, oltre agli interessi, prima dell’acquisto dell’immobile se il costruttore dovesse ritrovarsi in una situazione di crisi. Cosa significa? Ad esempio quando subisce un pignoramento dell’immobile in costruzione o del terreno su cui doveva essere costruita la casa ovvero fallisce. Dinanzi a tali situazioni, l’acquirente può svincolarsi dal contratto stipulato e chiedere la restituzione di quanto pagato come acconto. A chiedere tale restituzione è il fideiussore, ossia un terzo come una banca o una compagnia di assicurazione. Se manca la fideiussione il contratto è nullo.

La polizza assicurativa

Ma non solo al momento preliminare la vendita, la legge tutela l’acquirente promissario anche quando stipula il contratto definitivo e avviene il trasferimento della proprietà. Come? Il costruttore deve consegnare una polizza assicurativa che tutela l’acquirente per un periodo di dieci anni  in caso di gravi difetti dell’immobile.  Anche se provocati da terzi.

Qualche consiglio

Tuttavia a parte tali obblighi, la cautela non è mai poca quando si decide di comprare casa sulla carta. Per ciò è importante stare attenti, informandosi prima sul costruttore. Come? Ad esempio con una visura camerale in cui sono indicati gli anni di attività o chiedendo agli agenti immobiliari della zona. Poi è importante leggere con attenzione il capitolato per comprendere le metodologie costruttive e la classe energetica, facendosi aiutare da un professionista.

Acquistare la prima casa per sé o i figli chiedendo l’anticipo del TFR

Chi decida di acquistare la prima casa per sé e per i propri figli e non abbia liquidità immediata una soluzione valida può essere quella di chiedere l’anticipo del proprio trattamento di fine rapporto. Vediamo nei dettagli di cosa si tratta.

Una scelta molto importante nella vita di molte persone, specialmente delle giovani coppie, è l’acquisto della prima casa e per chi non dispone immediatamente della liquidità necessaria e non ha possibilità di accedere al credito, una valida alternativa è richiedere un anticipo del TFR, il trattamento di fine rapporto.

La legge permette al lavoratore dipendente di chiedere un’anticipo del trattamento complessivo a cui ha diritto nel caso di cessazione di fine rapporto. È l’articolo 2120 del Codice civile che prevede le situazioni tassative in cui il lavoratore può chiedere l’anticipo tra cui figura, oltre alla necessità di sostenere spese sanitarie per terapie e interventi straordinari, anche l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o anche per i propri figli.

Il TFR può essere richiesto in misura anticipata abbiamo detto poc’anzi, per l’acquisto della prima casa intesa come l’unità immobiliare destinata alla normale residenza e abitazione del richiedente e della sua famiglia. Se si chiede l’anticipo invece per l’acquisto della prima casa per i propri figli, il requisito abitativo deve essere richiesto in capo a questi ultimi, quindi il lavoratore richiedente è già proprietario della propria abitazione. Il lavoratore può chiedere l’anticipo del TFR una sola volta nel corso del suo rapporto di lavoro e per un importo non superiore al 70% di quello spettante. Il lavoratore per poter richiedere l’anticipo inoltre deve aver maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro.

Qualora si chieda l’anticipo del TFR per l’acquisto della prima casa, per sé o per i figli, occorre essere in possesso dell’atto notarile o altri mezzi idonei che dimostrino l’effettività dell’acquisto anche se non è ancora stato perfezionato il rogito, ad esempio il preliminare di vendita. Non si può chiedere l’anticipo quando il lavoratore deve sostenere spere per lavori di ristrutturazione e di ampliamento della casa di proprietà né per pagare eventuali debiti al fine di evitare il pignoramento o ancora per l’acquisto di box e cantine.

Tuttavia ci possono essere delle deroghe alla disciplina generale previste nei contratti collettivi o anche aziendali in cui è inquadrato il lavoratore richiedente che possono prevedere la richiesta di anticipo del TFR anche per l’acquisto della seconda casa. Quindi il consiglio è valutare il proprio caso leggendo il contratto collettivo nazionale di lavori di riferimento che può derogare alla disciplina generale.

La richiesta deve essere effettuata per iscritto direttamente al datore di lavoro, indicando oltre ai proprio dati anagrafici, quelli del datore, l’anzianità di servizio e la documentazione quindi l’atto di compravendita della prima casa o anche il solo preliminare. È bene specificare da ultimo che il datore può anche rifiutarsi di concedere l’anticipo del Tfr, in particolare quando sono già arrivate altre richieste da più del 4% dei dipendenti totali e abbia già soddisfatto il 10% delle richieste.

Acquisto di immobili contigui: c’è l’agevolazione prima casa?

In tema di compravendita immobiliare, si può fruire dell’agevolazione prima casa in caso di acquisto di due appartamenti contigui?

Quando si acquista casa, se vengono soddisfatti determinati requisiti, si ha diritto all’agevolazione prima casa, che permette di pagare imposte ridotte sia nel caso di acquisto da impresa che da soggetto privato. L’immobile deve appartenere a una delle seguenti categorie catastali:  A/2 (abitazioni di tipo civile), A/3 (abitazioni di tipo economico), A/4 (abitazioni di tipo popolare),  A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare), A/6 (abitazioni di tipo rurale), A/7 (abitazioni in villini) e A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi). L’agevolazione “prima casa” non è ammessa invece, per l’acquisto di un’abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici. Altra fondamentale condizione è quella relativa al luogo in cui si trova l’immobile che si vuole acquistare. Per usufruire dei benefici, l’abitazione deve trovarsi nel territorio del comune in cui l’acquirente ha la propria residenza. Se residente in altro comune, entro 18 mesi dall’acquisto l’acquirente deve trasferire la residenza in quello dove è situato l’immobile. La dichiarazione di voler effettuare il cambio di residenza deve essere contenuta, a pena di decadenza, nell’atto di acquisto.

Un nostro lettore ci ha chiesto: Vorrei acquistare due appartamenti contigui e volevo sapere se posso beneficiare delle agevolazione “prima casa”.

Nel caso di acquisto di unità immobiliari contigue, l’agevolazione spetta se l’abitazione risultante presenta, dopo la fusione degli immobili, le caratteristiche catastali indicate dalla normativa e e in presenza di tutte le altre condizione previste. Si ha diritto all’agevolazione sia nel caso di acquisto contemporaneo delle unità immobiliari contigue sia nel caso in cui venga acquistata un’unità immobiliare confinante alla casa già posseduta, allo scopo di creare un’unica unità abitativa. Inoltre, il beneficio spetta a prescindere dalla circostanza che l’immobile già posseduto sia stato acquistato con le agevolazioni “prima casa” o senza averne usufruito.

 

 

 

 
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