Novità per la cessione dei crediti relativa al Superbonus al 110%. Dopo la stretta introdotta poco tempo fa con la possibilità di cedere il credito una sola volta, ora il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento che rivede le norme del decreto Sostegni ter.
Superbonus 110%: cosa cambia per la cessione del credito
In particolare il provvedimento sul fronte del Superbonus 110% prevede fino a un massimo di 3 cessioni ma in ambito finanziario o bancario. In base alle nuove norme in sostanza si possono realizzare al massimo tre cessioni del credito ma a precise regole. Dopo la cessione del primo richiedente, sono consentite soltanto “due ulteriori cessioni” solo se effettuate “a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo”. Secondo le nuove regole, dunque, se il committente cede il credito a un soggetto, quest’ultimo potrà rigirarlo solo a una società vigilata, che sia una banca, un’assicurazione, una finanziaria iscritta all’albo, che a sua volta potrà effettuare una sola ulteriore cessione a un’altra società vigilata. Allo stesso modo se, invece, si decide di fare ricorso allo sconto in fattura dall’impresa che effettua i lavori, l’azienda potrà cedere solo a un soggetto vigilato che potrà cedere il credito a un altro soggetto vigilato, senza la possibilità di continuare la catena.
Le nuove regole non riguardano le operazioni già comunicate ma si applicano alle cessioni inviate all’Agenzia delle entrate dal primo maggio 2022.
Inoltre “al credito è attribuito un codice identificativo univoco, da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni”. A definire le nuove modalità per la cessione e il bollino, sarà l’Agenzia delle Entrate con un nuovo provvedimento dedicato.
Infine il provvedimento prevede multe e anche il carcere per il “tecnico abilitato” che, nelle asseverazioni necessarie per ottenere i bonus edilizi, “espone informazioni false o omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione”, oppure “attesta falsamente la congruità delle spese”. La reclusione va da due a cinque anni e la multa da 50.000 a 100.000 euro. Pena aumentata “se il fatto è commesso per conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri”.