La definizione della tasi del 2014 si fa ogni giorno più complicata. Dal Governo giungono modifiche, precisazioni, dichiarazioni. Ciò che è chiaro è che si pagherà. E anche di più. Infatti, è previsto un aumento che potrà oscillare dallo 0,1 allo 0,8 per mille. Tale maggiorazione sarà “spalmabile” tra abitazione principale e prelievo su tutti gli altri immobili e saranno i singoli enti locali a decidere come graduarla. Ogni Comune potrà, in un’ottica federalista restando comunque nei limiti stabiliti dallo Stato, decidere autonomamente in merito ad aliquote e detrazioni.
Detto questo, è bene fare due calcoli. Tutti quei sindaci che decideranno di applicare l’aumento dello 0,8 per mille sulla prima casa porteranno i contribuenti a pagare l’aliquota massima del 3,3 ( data dalla somma tra il 2,5 previsto dalla legge di stabilità più lo 0,8 di maggiorazione) e del 10,6 per mille di imu su tutti gli altri immobili. Chi opterà per l’estremo opposto vedrà un 2,5 per mille di Tasi per l’abitazione principale e un tetto massimo dell’11,4 per mille (dato dalla somma tra la nuova maggiorazione dello 0,8 e il 10,6 per mille comprensivo di Imu e Tasi) sugli immobili di altra categoria.
Il tutto, però, gira intorno a un vincolo ben preciso imposto dal Governo. In una nota di Palazzo Chigi si chiarisce che coloro i quali decideranno di ricorrere alla maggiorazione (qualunque sia il modo in cui la applicheranno) dovranno tassativamente destinare le maggiori risorse incassate “esclusivamente allo scopo di deliberare a favore delle famiglie e dei ceti più deboli ulteriori detrazioni rispetto a quelle già previste dalla legge di stabilità”.
E se una maggiore autonomia finanziaria dei sindaci richiesta dall’Anci non traspare, tuttavia i Comuni avranno da subito un gettito di circa 1,4 miliardi (l’Anci ne chiedeva 1,5) da sommare ai 500 milioni già previsti dalla legge di stabilità arrivando a 1,9 miliardi di euro di risorse da destinare alle detrazioni sulle abitazioni principali.
Le modifiche alla Tasi entreranno nel Dl enti locali, noto come decreto “salva-Roma bis”, che è ora all’esame del Senato e che, nonostante lo stop di mercoledì in commissione Affari costituzionali, ha ripreso il suo iter in Parlamento.
in collaborazione con Federamministratori/Confappi, http://www.fna.it