Recuperare un rustico: da edificio rurale ad abitazione

Recuperare un rustico per trasformarlo in abitazione è per molti il sogno della vita, per altri un'opportunità economica. Ecco sette esempi da cui prendere spunto.

Floriana Morrone
A cura di Floriana Morrone, Antonia Solari, Giovanna Strino
Pubblicato il 28/01/2020Aggiornato il 28/01/2020
carta geografica nord italia edilizia rurale

Recuperare un rustico è un’occasione che, per varie ragioni, capita a più persone di quante si pensi. L’Italia è ricca di esempi di architetture tipiche regionali che possono essere ripristinate a scopo abitativo: masserie, trulli, dammusi, stazzi e i più comuni masi, casali e cascine. Con l’aiuto di una serie di progetti già realizzati, proviamo a illustrare i lavori e le norme relativi a ciascuna situazione. Nel nostro Paese, la maggior parte degli edifici da ristrutturare fa parte del patrimonio immobiliare costruito nella seconda metà del Novecento; ci sono però molti altri fabbricati che sono più antichi e legati alle nostre origini, che potrebbero essere recuperati e valorizzati perché rappresentano la storia architettonica, e non solo, dell’Italia.

 

Edilizia rurale locale: trulli, dammusi, stazzi…

Si tratta di tipologie edilizie locali, diverse quindi da regione a regione, spesso con un passato rurale e fortemente legate all’identità del territorio che le ospita, che a molti sarà capitato di vedere durante un viaggio o una passeggiata in campagna. Per alcune, forse presenti in numeri più alti e distribuite anche in territori più ampi (come il casale e la cascina), normative e costi di ristrutturazione sono difficili da stabilire, perché dipendono dai regolamenti comunali e regionali e dallo stato di conservazione dell’immobile (ma questo vale in tutti i casi). Altri esempi, come i trulli pugliesi, i dammusi di Pantelleria o gli stazzi sardi, che sono propri di zone limitate, sono regolamentati in modo univoco allo scopo di preservarne e valorizzarne l’identità. Per approfondire l’argomento, abbiamo intrapreso un viaggio virtuale lungo la nostra Penisola, attraverso una serie di progetti realizzati e con il contributo degli esperti coinvolti, per comprendere al meglio il fascino di questi edifici e che cosa significhi riportarli allo splendore originario.

 

Detrazioni per spese di recupero edilizio

  • BONUS 50%: L’intervento per recuperare un rustico può essere classificato come intervento di manutenzione straordinaria, se non c’è un cambio di destinazione d’uso; altrimenti rientra tra le opere di restauro e di risanamento conservativo. In entrambi i casi, le spese si possono detrarre grazie al bonus edilizia, valido fino al 31/12/2020. Tale agevolazione consiste in una detrazione dall’Irpef del 50% della spesa sostenuta (limite max detraibile 96.000 euro), che viene ripartita in 10 quote annuali di pari importo. In certe condizioni, la detrazione è prevista anche per chi acquista fabbricati a uso abitativo già ristrutturati.
  • ECOBONUS: Non è possibile, in genere, usufruire dell’ecobonus del 65% per il risparmio energetico, in quanto non sussiste la condizione primaria che è quella di “sostituzione dell’impianto di riscaldamento”. Tali fabbricati, infatti, ne sono spesso sprovvisti. Ma se ne può godere per le schermature solari e, talvolta per la copertura. Per informazioni tecniche è sempre necessario rivolgersi al Comune dove è situato l’immobile. Per saperne di più sulle detrazioni fiscali per lavori edilizi, guarda la nostra sezione sui Bonus.  

Quali problemi affrontare

Sicuramente è necessario informarsi bene per conoscere a fondo la normativa che disciplina questo tipo di intervento e che varia da regione a regione. Non è raro, infatti, che siano stati redatti regolamenti locali specifici proprio per tutelare gli edifici tipici.

Talvolta sono previsti anche incentivi da parte di enti locali che favoriscono la ristrutturazione e il recupero di questi fabbricati dismessi. Entrando nelle specifico, dal punto di vista operativo quasi sempre è necessario intervenire sulla copertura e, con opere di consolidamento statico, anche sulla muratura. Di frequente, quest’ultima è anche interessata da problemi di umidità di risalita, che vanno risolti alla radice.
Naturalmente, gli interni vanno adattati per essere trasformati in spazi domestici, con tutta la dotazione tecnica degli impianti.

 

Quanto costano i lavori di recupero di un rustico

È difficile quantificare un costo per recuperare un rustico che sia valido per tutti i casi, perché i preventivi sono sempre vincolati a moltissime variabili. Per questo motivo gli esempi delle realizzazioni presentate di seguito possono dare solo un riferimento di massima. Per avere comunque un’idea generale di quali siano gli importi, ecco i prezzi medi applicati in Italia per le opere più invasive.

  • Consolidamento di strutture di fondazioni in mattoni o pietrame: 800 euro/m3
  • Consolidamento di murature controterra: 70 euro/ m3
  • Consolidamento di strutture in elevazione: 130 euro/ m3
  • Consolidamento di strutture voltate: da 100 euro/m3 a seconda dell’intervento.
  • Opere di deumidificazione e risanamento: da 50 euro/mq in su
  • Nuova struttura tetto: 1.800 euro/m3
  • Manto di copertura: 150 euro/mq

Lavori e iter burocratico per il recupero di un rustico

Nella maggior parte dei casi di recupero di questi fabbricati, si tratta di opere di restauro e di risanamento conservativo, poiché è previsto il cambio di destinazione d’uso. In questa tipologia sono compresi gli interventi finalizzati a conservare l’immobile e assicurarne la funzionalità per mezzo di opere che, rispettando gli elementi tipologici, formali e strutturali, ne consentono destinazioni d’uso con esso compatibili. Tali interventi comprendono il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dall’uso e l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio.

Il restauro è un intervento di recupero che si applica solo agli edifici di valore storico-artistico; permette di apportare modifiche alla struttura, ma non di alterarne la volumetria. Il risanamento conservativo si applica quando occorre recuperare gli aspetti funzionali, statici e igienici dell’edificio; permette di modificare struttura e planimetria. Gli interventi di restauro e risanamento conservativo non riguardanti le opere strutturali ricadono in CILA; quelli riguardanti le opere strutturali richiedono la Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA).

La normativa e gli incentivi locali per il recupero di un rustico

Sono i singoli Comuni della provincia di Trento a regolamentare, in materia edilizia, gli interventi su questi centri storici. Poiché la ristrutturazione di un maso è paragonabile a quella di una casa standard, oltre agli incentivi fiscali statali, possono essere previsti quelli relativi all’insediamento in comuni montani. I Comuni, cioè, possono concedere, a coloro che trasferiscono la loro residenza e la loro dimora abituale, nonché la propria attività, in una delle località indicate nel regolamento di esecuzione, impegnandosi a mantenerle nella medesima per almeno dieci anni, le seguenti agevolazioni.

a. Un premio di insediamento corrispondente al 70% della spesa sostenuta per il trasferimento, ivi compresa quella relativa al trasloco e agli allacciamenti di telefono, gas ed elettricità.
b. Un contributo a fondo perduto, fino al 15% della spesa ammessa, per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili da destinarsi a prima abitazione.
Vi sono poi altre misure relative agli interventi per il recupero del patrimonio edilizio montano.
Per esempio, la legge dispone che, ai fini della protezione e della riqualificazione dei beni culturali e ambientali propri del territorio montano e del recupero a fini abitativi, anche non permanenti, del patrimonio di edifici minori, individuati ai sensi dell’articolo 24 bis della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), i Comuni possono concedere contributi nella misura del 30% massimo della spesa ammessa, a favore dei proprietari.

Che cosa è un maso

Abitazione rurale tipica del Trentino Alto Adige, spesso il maso consisteva in un fienile, una stalla e una piccola stanza adibita alla cottura dei cibi e alla preparazione del formaggio, tutto in un unico edificio. Talvolta il fienile e la stalla erano costruiti a parte. I masi non presentano uno stile di costruzione omogeneo, ma variabile in base alle zone. Così anche l’impiego dei materiali: prevalentemente legno nelle valli ricche di foreste; legno e muratura laddove l’apporto di pietra e calce non era particolarmente difficoltoso. In quanto antica abitazione della famiglia contadina trentina e sudtirolese, il maso è circondato da prati.

maso

Maso trasformato in abitazione a Breguzzo in provincia di Trento

Maso a Breguzzo, Trento

Questo edificio, circondato da prati e boschi e con vista sui monti, verrà realizzato unendo design contemporaneo e materiali tipici locali che da secoli contraddistinguono le costruzioni alpine. In questo progetto, come da indicazione dell’Amministrazione locale (in questo caso il Comune di Sella Giudicarie, di cui fa parte il paese di Breguzzo dove è situato il maso), è stato obbligatorio mantenere le mura originali, in quanto il maso fa parte di un “Centro storico sparso”.

Scheda dell’intervento

  • Luogo: Breguzzo (TN)
  • Anno di ristrutturazione: attualmente in corso
  • Superficie: 578 mq
  • Progetto e design di interni: Alexandra Khnykina, alexandradesigner.com
  • Costo: da 400.000 euro
  • Impresa edile: Carpenteria in Legno Fratelli Ferrari

 

Recupero di un rustico: la parola all’esperto 

Intervista all’interior designer Alexandra Khnykina

  • Quanto costano i lavori
    Tutto dipende dalle condizioni iniziali della struttura, ma in genere la spesa è più elevata di quella per un manufatto comune. Se l’edificio deve essere ricostruito completamente, il costo dei lavori si aggira intorno ai 1.000 euro/mq; ma se i muri orginali vanno mantenuti (come spesso richiesto dalle norme locali), si scende a 800 euro/mq. Tenendo conto dei criteri di risparmio energetico, la ristrutturazione per raggiungere la classe A costa circa 1.300 euro/mq, per la classe B 1.000 euro/mq.
  • Quali sono le difficoltà maggiori
    Sono quelle legate al confronto con l’amministrazione pubblica del singolo Comune per ottenere le autorizzazioni. Dal punto di vista operativo, la ristrutturazione del tetto è uno degli interventi più importanti. Poi il cappotto termico e i nuovi serramenti, che sono necessari per il risparmio energetico. Altre situazioni delicate sono il recupero di materiali preesistenti, come pavimenti o travi che possono essere riutilizzate e valorizzate nel nuovo abitato.

Foto maso recuperato

  • Esterno del maso trasformato in abitazione a Breguzzo in provincia di Trento
  • Zona pranzo nel maso trasformato in abitazione a Breguzzo in provincia di Trento
  • Salotto nel maso trasformato in abitazione a Breguzzo in provincia di Trento

 

La cascina

È una tipologia edilizia molto diffusa nel nostro Paese, nata con vocazione rurale: si trova nella Pianura Padana Lombarda, in Piemonte e in Emilia Romagna. Al tempo ospitavano grandi fattorie e quindi si trattava di corpi edilizi importanti che comprendevano stalle, fienili, granai, pozzi e fontane. Oggi questo patrimonio edilizio esiste ancora in molti luoghi e in parte è in stato di abbandono. Dal 2008 l’Associazione 100 Cascine (http://www.100cascine.it) lavora per il recupero di questo patrimonio edilizio rurale e dei relativi fondi agricoli: 90.000 cascine presenti in Lombardia, circa 1.000.000 gli immobili rurali esistenti, dagli alpeggi alle masserie. Il maggiore elemento di criticità, afferma Alessandro Belgiojoso, segretario dell’associazione, è l’impegno economico. In più, il recupero di una cascina impone una pratica amministrativa elaborata che scoraggia i proprietari; non solo, il progetto di ristrutturazione è complesso anche perché la concessione edilizia, per esempio per aprire un’attività nella cascina, passa dallo Sportello Unico per le Attività Produttive, la stessa che deve intraprendere un imprenditore che vuole avviare un’impresa industriale. Per questo motivo, l’associazione ha presentato alla Regione Lombardia un progetto che mira alla semplificazione, con la messa a sistema delle cascine con attività di promozione e formazione. È stata proposta anche una norma che snellisce il lungo iter burocratico, andando a modificare la legge regionale 12 del 2005 (che prevede in dettaglio, la pianificazione del territorio). L’aspetto più interessante della proposta, sottoscritta da 350 cascine lombarde, è quello di inserire nelle destinazioni d’uso consentite all’interno delle cascine anche nuove attività produttive, laboratori-studi professionali, perché la legge regionale limita il numero di tipi di attività che si possono trasferire in una cascina.

cascina marco reggi4.jpg

Cascina FR a Varese. Foto: Marco Reggi

Cascina FR, a Varese
Si tratta di un piccolo edificio rurale risalente agli inizi del 1900, con vista sul lago di Varese e del Monte Rosa. Fa parte di un’azienda agricola a conduzione familiare ed è costituita da due corpi di diverse dimensioni di cui il maggiore è in parte definito da una muratura in mattoni a vista. Il progetto di ristrutturazione radicale ha riguardato l’edificio nel suo insieme: una diversa distribuzione interna, il recupero di parte del sottotetto, l’aggiunta di un soppalco e di una serra solare. Importante l’opera di isolamento e la dotazione di un moderno sistema impiantistico (pannelli solari, distribuzione radiante a pavimento e domotica). Ogni ambiente gode di un affaccio sul paesaggio tramite porzioni di muratura “a traforo”. Questi ultimi, in parte nascosti da interventi precedenti, sono stati tutti riportati a vista.

Scheda dell’intervento

  • Luogo: Varese
  • Anno di costruzione: 1900
  • Anno di ristrutturazione: 2012/13
  • Superficie: 166 mq circa
  • Costo: 405.000 euro (spese tecniche, oneri e arredamento esclusi
  • Progetto: Studio Ecoarch,
  • http://www.studioecoarch.it

 

La parola all’esperto

Intervista all’architetto Mauro Rivolta di Studio Ecoarch

  • Quanto costano i lavori
    Anche per la cascina molto dipende dello stato iniziale del manufatto: è in buono stato, oppure è stato abbandonato per anni o decenni? Anche il risultato che si vuole ottenere pesa molto sul costo generale: in questo intervento, si aggira attorno ai 2.500 euro/mq, ma si tratta di un progetto in bioedilizia che si è avvalso di materiali naturali di altissima qualità (sughero, intonaci di calce, pavimenti e controsoffitti in legno, impiantistica di ultima generazione), tutti prodotti che hanno prezzi di mercato un po’ più alti e che hanno fatto lievitare il totale.
  • Quali sono le norme da seguire
    Premesso che il rispetto dell’esistente dovrebbe essere garantito a prescindere dalla normativa, questa dipende dal luogo dove viene eseguito l’intervento. In questo progetto abbiamo ritenuto prioritario conservare la parte esistente in muratura in mattoni a vista, lavorando con un cappotto termico, ma all’interno. Intervento che ha permesso di preservare la memoria di ciò che questo piccolo gioiello architettonico ha rappresentato nel passato; ora è una casa unifamiliare dotata di tutti i comfort, ma la sua origine rimane evidente con tutto il suo fascino inalterato.

Foto cascina recuperata

  • Foto: Marco Reggi
  • Foto: Marco Reggi
  • Foto: Marco Reggi
 

Che cosa è un casale

Casa rurale in piena campagna senza mura di protezione, è una tipologia edilizia diffusa nell’area centrale del nostro Paese (Toscana e Umbria) ma anche in Puglia, dove la sua costruzione risale al periodo medievale. A differenza della cascina, la sua origine era a scopo abitativo e non legata ad attività agricola. Anche in questo caso, il costo per una ristrutturazione-tipo di un casale è difficile da definire e dipende dagli interventi necessari e dalle finiture scelte, oltre che dalla dimensione del lotto. Per quanto riguarda la normativa da seguire, ogni Comune ha un proprio regolamento edilizio in cui vengono dettate le linee guida per il tipo di restauro. La maggiore difficoltà, intervenendo su questi beni, sta nel riuscire a mantenere l’artigianalità nelle lavorazioni.

Casale a Montecarlo - Toscana

Antico Casale a Lucca. Foto: Alessandra Bello

Antico Casale a Lucca
Per l’edificio nelle vicinanze del centro urbano di Lucca e di un più recente rustico originariamente destinato a tirasotto (foresteria), l’intervento di restauro ha puntato al mantenimento e alla valorizzazione degli elementi strutturali tipici dell’architettura locale, primo tra tutti l’utilizzo del mattone faccia a vista, della pietra di Matraia e del legno di castagno. All’interno del casale, sono stati applicati manualmente, e con le tradizionali spatole e spugne, intonaci a base di calce naturale che evidenziano la struttura irregolare delle pareti in sassi e pietra. Il recupero tramite sabbiatura delle travi e delle tavelle è un esplicito richiamo alla tradizionale architettura toscana degli interni, attualizzata mediante la sbiancatura dei soffitti.
L’esterno dell’immobile è stato volutamente lasciato inalterato, al fine di mantenerne la storicità senza intaccarne il fascino; pertanto si è optato per infissi in acciaio dal profilo estremamente sottile. L’attuazione del progetto, subordinato alla normativa comunale, ha richiesto anche il parere alla Sovrintendenza, poiché l’edificio era inserito in un’area a tutela ambientale.

Scheda dell’intervento

  • Luogo: Lucca
  • Anno costruzione: 1887
  • Anno di ristrutturazione: 2014/15
  • Superficie: 320 mq
  • Costo: 2.000 euro/mq
  • Progetto: MIDE architetti,
  • http://www.midearchitetti.it
  • Impresa di costruzioni: Luccaedil
  • Strutture: ing. Daniele Nest
  • Infissi: Palladio
  • Pavimento esterno: Marmi Faedo

Foto casale a Lucca

  • Foto: Alessandra Bello
  • Foto: Alessandra Bello
  • Foto: Alessandra Bello
  • Foto: Alessandra Bello

Che cosa è uno stazzo

È una casa di pietra composta all’interno da una sequenza lineare di stanze singole, ciascuna aperta sull’esterno, separate da muri chiusi e con copertura a doppia falda. In Gallura, lo stazzo era l’insieme del podere agricolo e della casa, con un’economia praticamente chiusa che aveva solo una sorta di scambio dei beni con gli stazzi vicini. Gli stazzi oggi sono identificati dal Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna (www.sardegnaterritorio.it/pianificazione/pianopaesaggistico) come beni paesaggistici, e pertanto soggetti a vincolo di tutela. La ristrutturazione quindi deve avvenire nel massimo rispetto della tipicità architettonica dell’immobile, preservando forme e materiali originali.
La difficoltà tecnica maggiore è quella di bloccare la risalita di umidità nelle murature portanti in granito a contatto con il terreno (fa parte di quei costi aggiuntivi di cui si è già parlato). Un’altra difficoltà è l’instabilità della muratura portante, che richiede di agire con la tecnica del cuci e scuci per ripristinare le parti deboli e consolidare la struttura con cordoli perimetrali in cemento armato, diligentemente nascosti all’interno della muratura stessa.

stazzo esterni

Stazzu Calaragghju a Oschiri (OT)

Stazzu Calaragghju, Oschiri (OT)
L’edificio è collocato su una collinetta orientata a Sud, come imponeva l’edilizia rurale. Una posizione particolarmente felice per esposizione al sole e ai venti, oltre che per lo splendido panorama che si può ammirare sulla vallata del Monte Limbara. L’architettura è quella classica dello stazzo gallurese: pareti spesse in granito, forma rettangolare con pinnente (magazzino) retrostante, annesso forno a legna, tetto a due falde, facciate bianche ed infissi rettangolari a due ante.
Composto da tre vani molto grandi e una piccola cucina, si propone come esempio di recupero, nel rispetto dei canoni dell’architettura dello stazzo gallurese, ma allo stesso tempo con migliorie per adeguarsi alle esigenze di comfort attuali. L’intervento prevede il mantenimento esatto dell’involucro esterno e delle finestre, a eccezione di quella della cucina, un pochino ampliata senza snaturarne la forma. A restauro completato, ci saranno due camere doppie con annessa cabina armadio, due bagni, una cucina e un soggiorno.

Scheda dell’intervento

  • Luogo: Località Calarigghju, Oschiri (OT)
  • Anno di costruzione: fine 1800
  • Anno di ristrutturazione: 2019
  • Superficie: 83 mq netti
  • Progetto: geom. Stefano Pitturru, http://www.studio-19.eu
  • Costo: 133.000 euro + spese tecniche, allaccio impianti e sistemazione strada d’accesso

 

La parola all’esperto

Intervista al geometra Stefano Pitturru

Quanto costano i lavori
Di media ristrutturare uno stazzo costa 1.000-1.100 euro al mq + Iva, compresa la parte impiantistica. Sono da aggiungere, in base alle caratteristiche di ogni immobile, la sistemazione della strada d’accesso, i costi di allaccio idrico ed elettrico o la realizzazione di un pozzo, oltre alle spese tecniche. Ovviamente questi importi sono relativi a una ristrutturazione di buon livello, messa in atto con materiali di ottima qualità e con notevole attenzione alle finiture, con l’impiego di artigiani locali, oltre che all’installazione di impianti per il riscaldamento e il raffrescamento di ultima generazione, quindi a basso impatto ambientale. I costi aumentano leggermente rispetto alla ristrutturazione di un’abitazione classica perché si interviene su immobili che hanno oltre 100 anni, quindi bisogna adottare tecniche costruttive consone alla loro edificazione originaria. Non vanno trascurati gli interventi particolarmente invasivi e onerosi, come il rifacimento della copertura e l’inserimento del vespaio aerato, necessario per garantire la salubrità degli ambienti e staccare il primo solaio dal contatto diretto con il terreno. Certamente parliamo di ristrutturazioni attente al rispetto della qualità architettonica e della normativa attuale per il contenimento dei consumi energetici.

Foto di uno stazzo e planimetria

  • esterno dello Stazzu Calaragghju a Oschiri (OT)
  • muri esterni e tetto dello Stazzu Calaragghju a Oschiri (OT)
  • pianta del progetto di recupero dello Stazzu Calaragghju a Oschiri (OT)

 

Che cosa è un trullo

Il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Puglia, il PPTR, nella sezione dedicata alle strutture in pietra a secco, ne dà una definizione chiara: “sono segni puntiformi, isolati o aggregati, con carattere in genere cellulare”. Si presentano come moduli plani-volumetrici coperti da una falsa cupola e contenenti un vano interno accessibile da un’unica porta.
Nati come depositi per attrezzi agricoli, stalle, ricoveri temporanei e, raramente, come residenze permanenti, i trulli sono costruiti con conci di pietra disposti seguendo geometrie coniche o piramidali e si trovano sia singoli che aggregati fra loro, a formare piccole o medie comunità. Distribuiti in tutta la Puglia, nel passato, una volta dismessi venivano abbattuti, oggi invece vengono valorizzati attraverso interventi di recupero filologici, perché così obbliga la normativa e trasformati in originali residenze.

Foto: Elena Salerno

Trullo recuperato a Trani (Barletta-Andria-Trani). Foto: Elena Salerno

La normativa
La Puglia ha un piano paesaggistico che tutela i trulli, equiparandoli a manufatti vincolati. Bisogna quindi rivolgersi alla Soprintendenza per ottenere il parere sul progetto, che deve essere redatto seguendo le linee guida specifiche, definite nel PPTR della Regione Puglia.
Per la struttura si chiede di:

  • conservare i caratteri tipologici e architettonici del manufatto;
  • impiegare esclusivamente
  • le tecniche e i materiali
  • tradizionali, secondo la cultura materiale della costruzione in pietra
    a secco della Puglia, tenendo conto delle specificità locali;
  • escludere l’uso di materiali diversi dalla pietra, evitando pietra lavorata industrialmente e di calcestruzzo, anche per le parti non a vista;
  • integrare parti mancanti o deteriorate secondo criteri di conformità con l’esistente (conci lapidei);
  • escludere le sigillature dei giunti
  • dei paramenti murari.
  • procedere per parti di estensione limitata, per poter conservare in sito la materia e la forma dell’oggetto.

È consigliato, perciò, procedere col metodo del cuci e scuci, operando, per quanto possibile, su tratti alterni per conservare inalterati i profili e gli altri aspetti morfologici.

Per rivestimenti e finiture:

  • per le pavimentazioni si deve escludere l’uso di ceramiche, marmi colorati, mattoni di cemento. Nel caso siano presenti i pavimenti antichi (chianche), questi devono essere restaurati e, nelle zone degradate, integrati con elementi in pietra della stessa natura;
  • si ritiene quindi irrinunciabile il recupero della tradizionale tecnica dello scialbo bianco di calce.

Scheda dell’intervento
Partendo dalla ferma volontà di valorizzare la tipologia, tre fratelli pugliesi, fra cui l’architetto Enrico Cassanelli, hanno intrapreso un percorso complesso per ristrutturare un vecchio gruppo di trulli, con l’intento di rispettare l’esistente e la tradizione e di applicare i principi della bioarchitettura.
Anche in questo caso, come succede per ogni trullo, la superficie coperta è ridotta; qui sono però almeno 58 mq con zona notte e zona giorno. Gli esterni, invece, contano su uno spazio molto vasto, oggi riorganizzato per predisporre dei pergolati dove stare all’aperto, attrezzati anche con una cucina.
Cotto fatto a mano, pietra locale e intonaco bianco sono stati scelti come materiali per i rivestimenti interni, arredati con elementi di recupero sempre legati al territorio (come vecchi remi, tinozze usate come lavabi, basi di legno utilizzate in passato come piano di lavoro per impastare il pane e oggi trasformate in cornici per gli specchi).

  • Luogo: Trani
  • Anno di costruzione: 1850
  • Anno di ristrutturazione: 2012-2015
  • Superficie: 58 mq interni, 6.000 mq di terreno
  • Costo: circa 2.500 euro/mq
  • Progetto: arch. Enrico Cassanelli
La parola all’esperto
  • Intervista all’architetto Enrico Cassanelli
  • Quanto costano i lavori
    Un trullo di 12 mq ha una superficie esterna di circa 50/60 mq dovuta ai muri. Occorrono circa 500 euro al mq, per cui si raggiunge la cifra di 30.000 euro pur avendo sistemato solo 12 mq utili, spendendo quindi 2.500 euro al mq. Ecco perché, sulla carta e facendo un mero
    calcolo economico, sembrerebbe un investimento sbagliato. Infatti fino a poco tempo fa i trulli venivano demoliti. Gli incentivi locali Il PPTR regionale incentiva con bouns volumetrici da destinare ai servizi (cucina, bagni); i Comuni concedono deroghe alla normativa sui rapporti aeroilluminanti.
  • Quali sono le maggiori difficoltà
    Trovare maestranze che conoscano le tecniche costruttive originali dei trullo e accettarne i limiti oggettivi planimetrici dell’edificio.

Foto trullo recuperato

  • Foto: Elena Salerno
  • Foto: Elena Salerno
  • Foto: Elena Salerno

Che cosa è un dammuso

Presenti soprattutto sull’isola di Pantelleria e in altre parti della Sicilia, i dammusi rappresentano una particolare tipologia architettonica, molto caratterizzante per l’isola. È il Piano Regolatore Generale del Comune di Pantelleria a tracciare i punti fermi di questa tipologia: “modesta abitazione contadina, priva di servizi igienici all’interno. Altri elementi caratterizzanti sono le stalle, i magazzini, – U Sardune – e i giardini panteschi”. Analogamente alle altre tipologie rurali, dunque, anche i dammusi hanno un’origine “modesta”, ma proprio perché simbolo della storia dell’isola, vivono un percorso di valorizzazione che porta gli interventi a rispettarne le caratteristiche principali, per trasformarne la funzione e inaugurare una loro nuova vita nel settore turistico: i dammusi ristrutturati, infatti, oggi sono soprattutto indirizzi per vacanze.

trullo Foto Elena Salerno

Piscina esterna del Dammuso Mulino a Pantelleria (TP)

La normativa
Il recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’art.20 della L.R. Sicilia 71/78, può essere eseguito per tutti quei fabbricati per i quali esiste una testimonianza storico-catastale che ne dimostri la sua esistenza e per tutti quei fabbricati per i quali risulta dimostrata la regolarità sotto l’aspetto urbanistico. Dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Pantelleria e Provincia di Trapani, ecco alcuni punti sulla ristrutturazione di un dammuso:

  • tali strutture possono mantenere destinazione residenziale anche se non raggiungono i requisiti di superficie e aero-illuminanti:
  • nei dammusi coperti, vanno conservate le strutture a volta. Sono ammesse demolizioni
    e ricostruzioni delle volte solo in presenza di una perizia di un tecnico strutturista che dichiari l’impossibilità del recupero con semplici opere di consolidamento, corredando la richiesta con i calcoli di verifica statica;
  • per i dammusi senza necessità di demolizione e ricostruzione, le finestre potranno avere una superficie non inferiore a 1/16 della superficie calpestabile e di forma quadrata;
  • è vietato suddividere con tramezzatura i vani esistenti coperti a volta, salvo che per le volte a botte;
  • se per motivi statici risulta necessario demolire e ricostruire la copertura, la stessa dovrà essere ricostruita dotando di volta ogni vano.

Scheda dell’intervento
La ristrutturazione dell’edificio ha sottolineato le caratteristiche proprie della tipologia, trasformandone a volte la funzione per rendere la residenza più confortevole.
Le “ducchene”, ad esempio, i vecchi sedili in muratura tipici di Pantelleria, sono state allargate e rivestite con cuscini per trasformare gli esterni in salotti all’aperto; la luce artificiale ha un ruolo davvero marginale, mentre il ruolo di protagonista spetta all’isola e alla sua luce naturale.
Anche l’arredo recupera identità e storia di questo edificio, che in passato era un mulino: il tavolo posizionato all’esterno è stato realizzato usando la vecchia macina, mentre la zona notte ospita la ruota a cui erano attaccati gli asini per la movimentazione dell’ingranaggio.

  • Luogo: Pantelleria (TP)
  • Anno di ristrutturazione: 1985-2013
  • Superficie: 200 mq abitazione; 1.000 mq esterni
La parola agli esperti

Intervista all’ingegner Eugenio Belvisi e all’architetto Sebastiano Provenzano
Abbiamo chiesto a due professionisti del settore tutte le informazioni tecniche relative agli impianti per la ristrutturazione di un edificio rurale tipico siciliano.

  • Allaccio acqua: tutti i dammusi sono dotati di cisterne, approvvigionate con autobotte dal dissalatore, per uso potabile, e con raccolta acque piovane per l’uso non potabile. Esiste, inoltre, una rete di distribuzione che fornisce acqua alle contrade e ai maggiori agglomerati.
  • Allaccio gas: in tutta l’isola è assente una rete di distribuzione; il rifornimento avviene con bombole Gpl recapitate su autocarro, tramite il traghetto Pantelleria-Trapani. Il gas risulta quindi più caro.
  • Costo: quello medio di una ristrutturazione si aggira intorno agli 800-1.000 euro/mq. Si consideri che il prezziario regionale prevede per l’isola una maggiorazione del 30% dei prezzi applicati in Sicilia. Alla povertà dei materiali adoperati, si contrappone la complessità di organizzazione della manodopera e dell’approvvigionamento del cantiere, i costi di trasporto e anche una certa incertezza dei tempi dovuti alle non sempre facili condizioni meteo. Si consideri, inoltre, che in determinate parti dell’isola è consentito effettuare lavori edili che comportino movimento terra e rumore unicamente in alcuni periodi dell’anno.
  • Piscina: ne è consentita la realizzazione all’interno di alcune zone specifiche dopo rilascio di autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, nonché dello screening ambientale effettuato dall’ente parco che valuterà la compatibilità dell’intervento proposto con il paesaggio. Nel caso di approvazione il progetto e il cantiere sono sottoposti alla sorveglianza degli enti preposti, nonché al rispetto di una serie di normative volte al mantenimento delle essenze autoctone, al rispetto della fauna e dell’avio fauna e al controllo delle emissioni sonore. Relativamente alla realizzazione delle piscine, esiste una specifica scheda all’interno del PRG che stabilisce una serie di condizioni tra cui: che siano completamente interrate, che abbiano capienza massima di 100 mc, che il proprietario si impegni a metterle a disposizione dei vigili del fuoco qualora servisse allo spegnimento di un incendio.

Foto dammuso

  • piscina esterna del Dammuso Mulino a Pantelleria (TP) con vista dei tetti
  • camera da letto del Dammuso Mulino a Pantelleria (TP)
  • zona pranzo del Dammuso Mulino a Pantelleria (TP)
  • piscina del Dammuso Mulino a Pantelleria (TP)
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