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Con il Dpr 74/2013 viene sancito l’obbligo di invio del rapporto di controllo ogni 4 anni per le caldaie a gas fra i 10 e i 100 kW. Ma continuano a esserci grandi differenze tra le Regioni. Fino al 2005, a livello nazionale la periodicità dell’obbligo era prevista ogni 2 anni per gli impianti fino a 35 kW (quelli domestici) e ogni anno per quelli con potenza superiore. Con il D.Lgs. 192/05 la periodicità dell’obbligo è stata poi estesa a 4 anni per impianti domestici con meno di otto anni di età e 2 per gli altri impianti, assegnando però alle Regioni la possibilità di mutare tali criteri secondo le proprie realtà territoriali. Da quella data, si è assistito a un proliferare di leggi e regolamenti locali che hanno reso il servizio di ispezione diverso da zona a zona, con interpretazioni della legge differenti.
- La legge dice: bollino blu ogni 4 anni, ma poi dipende dalla regione
- La frequenza varia anche in base alla potenza della caldaia
- La tariffa richiesta per il bollino blu non è uguale dappertutto
La regola è stata introdotta la prima volta con la legge 10/91 (decreto attuativo Dpr 412/93): gli impianti termici alimentati non da fonte rinnovabile sono soggetti a un controllo periodico, per verificare che l’efficienza energetica sia ancora quella dichiarata in fase di collaudo. È il Dpr 74/2013 a sancire che per le caldaie a gas fra i 10 e i 100 kW l’autocertificazione (il cosiddetto bollino blu) scatta per obbligo solo ogni 4 anni. Le verifiche spettano a un tecnico abilitato, che dietro il pagamento di un onere rilascia appunto un’autocertificazione (rapporto di controllo) e la invia all’ente preposto (Comune o Provincia o ente che gestisce il Catasto degli impianti termici, laddove attivato). L’autocertificazione sostituisce l’ispezione da parte dell’ente preposto. Sono previsti però controlli a campione e sugli impianti che risultano privi di autocertificazione o se questa presenta criticità tecniche. In caso di mancato rispetto delle regole scatta un onere di ispezione, il cui importo è variabile a seconda del luogo. Nonostante la norma statale, sussiste grande diversità tra le Regioni (che hanno legiferato in autonomia).
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Impianti interessati: il limite di potenza è variabile
La Direttiva europea prescrive controlli obbligatori per le caldaie a gas (cioè il 95% di quelle esistenti) sopra i 20 kW in caso di riscaldamento e oltre i 12 kW in caso di condizionamento. Già il Dpr 74/2013 ha allargato la platea di impianti soggetti a verifiche, fissando per il riscaldamento l’obbligo sopra i 10 kW. La Lombardia si è spinta oltre: le ispezioni per il riscaldamento scattano sopra i 5 kW.
Chi ha adottato le regole nuove
Le Regioni che hanno recepito di recente norme particolari per l’ispezione delle caldaie sono dieci, cioè Abruzzo, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Di queste, solo Liguria, Lombardia Marche, Toscana e Umbria hanno regolamentato il servizio di ispezione caldaie nella propria interezza e solo la Lombardia – avendo anche citato in modo esplicito la nuova Direttiva 31/2010/UE – avrebbe facoltà di seguire proprie regole locali. In tutti gli altri casi, il Dpr è stato recepito solo in modo parziale, magari per gli aspetti inerenti il libretto di impianto o il catasto (come in Piemonte, Veneto e Sicilia), in altri rimandando la questione all’emanazione di un successivo regolamento (come in Abruzzo e Puglia). Ciò che conta comunque, ai fini degli utenti, è rilevare come anche i governi locali – anche quando hanno preso atto della norma nazionale – hanno comunque deciso di agire in autonomia.
La periodicità è differente
A sposare la periodicità dell’autocertificazione quadriennale per gli impianti fra 10 e 100 kW, fissata dal Dpr 74/2013, sono solo tre regioni, cioè Umbria, Sicilia e Marche. La Liguria ha introdotto per gli impianti sotto i 35 kW una temporalità di ispezione differente a seconda che il sistema abbia più di 15 anni (controlli biennali) o meno di 15 anni (quadriennali). Per ciò che riguarda la suddivisione in fasce degli impianti, in Lombardia è rimasta in vigore le suddivisione in fasce previste dalla vecchia legge. Così anche per l’importo dei bollini, nelle Marche e in Umbria le cifre non hanno una reale corrispondenza con i dettami del Dpr 74/13, così come in Lombardia. Infine in Toscana è stata adottata una periodicità variabile da due a quattro anni in funzione della vetustà (8 anni) e del locale di installazione. Le fasce di potenza differiscono anche qui da quelle del D.p.r. 74/13. Poi c’è ancora una complicazione da segnalare. Laddove le Regioni non si sono attivate per recepire il Dpr 74/2013, a volte lo hanno fatto gli enti subordinati. Capita, ad esempio, in provincia di Matera dove il regolamento vigente è stato modificato: esclude dai controlli gli impianti di climatizzazione estiva (anche quelli soggetti a obbligo per lo Stato e la Direttiva europea) e prevede invece il rapporto per le caldaie a uso di scaldacqua sanitario superiori ai 10 kW (cioè la quasi totalità), nonostante tali apparecchiature siano escluse dalla norma nazionale.
Qui valgono ancora quelle vecchie
A mantenere le vecchie periodicità e i precedenti criteri sono la maggior parte delle Regioni. Dal Sud al Nord, la tempistica per i controlli è rimasta biennale per i piccoli impianti e annuale per quelli più grandi a servizio di condomini. Le soglie sono rimaste quelle della vecchia legge (Dpr 551/99 e D.Lgs 192/2005), che individua tre fasce di impianti: sotto i 35 kW (quelli domestici) sottoposti a controlli in genere biennali; da 35 a 116 kW (piccoli condomini) e sopra i 116 kW (installati in grandi condomini o edifici non residenziali) soggetti a verifiche annuali. Da sottolineare che il limite dei 116 kW trae origine da un motivo strettamente tecnico: fino al 2011, infatti, sopra questa potenza era previsto che per le caldaie fosse prodotto anche il cosiddetto certificato di prevenzione incendi, rilasciato dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco. Obbligo che poi è stato tolto con lo stesso Dpr 151/2011, perché gli impianti fino a 350 kW sono considerati a basso rischio.
Il bollino blu ha costi diversi
Il bollino scatta nel momento in cui l’utente, rispettando la legge, chiama un tecnico per fare verificare
i propri impianti e far trasmettere l’autodichiarazione all’ente preposto, al termine del controllo.
Lo Stato ha lasciato agli enti locali il compito di stabilire importi e modalità di erogazione di bollini blu e oneri di ispezione. Quindi sul territorio italiano vi è una situazione tariffaria estremamente eterogenea, non solo fra una Regione e l’altra, ma anche all’interno di uno stesso territorio regionale o provinciale.
Il costo dell’autocertificazione va dalla gratuità del Piemonte (unico caso in Italia) ai 25 euro stabiliti in talune aree della Puglia per le caldaie sotto i 35 kW, mentre per impianti di taglia superiore si superano anche i 300 euro (sempre in Puglia).
Il costo dell’ispezione onerosa è invece una tariffa che il cittadino è chiamato a corrispondere qualora
il suo impianto in sede di verifica da parte dell’ente locale risulti non autocertificato. Anche in questo caso non esiste una cifra fissa: la forbice varia da 42 a 200 euro per gli impianti domestici e da 50 a oltre 1.000 euro per gli impianti più grandi.
Da 5 a 600 euro
Ecco qualche esempio per comprendere le differenze delle tariffe (e non solo del bollino blu). In Emilia Romagna: a Ferrara è previsto un bollino unico di 5 euro per tutte le potenze con controllo biennale, a Parma e Ravenna si arriva a tariffe biennali pari a 140 euro, per impianti sopra i 600 kW. Così anche per le ispezioni onerose: a Modena la massima tariffa è di 145 euro, a Ravenna e Forlì si arriva a 600 euro. Nel Lazio, nel solo comune di Roma vigono dieci tariffe per il bollino e l’ispezione a seconda di altrettante fasce di potenza degli impianti predeterminate. Punti di vista diversi si riscontrano anche per l’aspetto fiscale, ma l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale somma non è soggetta a Iva (Risoluzione 186/E del 6/12/2000, Direzione Generale dell’Agenzia delle Entrate).
Altre spese eccezionali
A Lecce e a Pesaro-Urbino, inoltre, è prevista una somma anche per comunicare la messa a norma dell’impianto che è risultato irregolare dopo l’ispezione: una cifra che in altri territori è inclusa invece nell’ammenda. La Provincia di Brindisi invece applica una sanzione se l’autodichiarazione non è trasmessa in modo corretto.
Riscaldamento centralizzato o singolo: cambia il responsabile
L’obbligo di produrre l’autocertificazione (cioè il rapporto di controllo) del proprio impianto tocca a chi vive nell’appartamento, sia esso proprietario o inquilino. Per l’impianto centralizzato del condominio, responsabile è l’amministratore, che può delegare questo compito a una ditta del settore che assume il ruolo di “terzo responsabile”.
In tutti i casi le verifiche devono essere effettuate da ditte abilitate che, terminato il controllo, compilano il cosiddetto rapporto di efficienza energetica e lo trasmettono all’ente preposto. La responsabilità di raccogliere le autocertificazioni e di disporre le verifiche a campione ricade in genere sulle Province e sui Comuni sopra i 40mila abitanti. A loro volta, questi enti sono spesso supportati da agenzie per l’energia o società in house.
Da settembre 2015 viene introdotta anche la nuova etichetta energetica sugli standard minimi di efficienza delle caldaie: da A+ (max) a G per riscaldamento; da A (max) a G per acqua calda.
Superefficienti e a norma
Una tecnologia che aumenta il rendimento, l’etichettatura energetica che indica l’efficienza, una legge che promuove il risparmio: tutte le novità per chi deve scegliere la caldaia murale. Dal 26/9/2015 non si possono può costruire apparecchi a bassa efficienza. Quelli costruiti prima possono essere venduti e installati sino a esaurimento scorte. Lo stabilisce la direttiva europea “Ecodesign” recepita in Italia con Dl 201/2007.
La condensazione
Questa tecnologia è disponibile sia per i modelli “solo riscaldamento” sia per i “combinati” (che producono anche acqua calda sanitaria). I vantaggi:
• le caldaie a gas raggiungono un rendimento che supera il 100% (in genere è del 108%-110%), grazie alla capacità di recuperare e sfruttare anche il calore del vapore acqueo contenuto nei fumi;
• sono efficienti non solo con impianti a bassa temperatura, ma anche con impianti tradizionali con radiatori in ghisa o alluminio.
Più letture della legge
In realtà, secondo la legislazione vigente, solo le Regioni che hanno già recepito la direttiva 31/2010/UE per le parti relative al servizio di ispezione degli impianti di climatizzazione avrebbero la facoltà di discostarsi dalla norma statale e di emanare propri regolamenti, anche più restrittivi del Dpr 74/2013. Tuttavia, nonostante nella pratica ci sia solo una Regione che ha effettivamente adottato l’ultima direttiva europea (la Lombardia) e siano comunque poche le Autonomie che hanno recepito il Dpr 74/2013 per gli aspetti relativi al controllo delle caldaie (pur facendo ancora riferimento alla vecchia direttiva europea, per via di un errore formale nei testi di legge), la realtà dei fatti sui territori è ben diversa da ciò che la norma nazionale ha dettato.
Le province
Esistono casi in cui sono state queste amministrazioni a recepire il Dpr 74/13 riadattandolo alle procedure in essere, snaturandone di conseguenza ogni contenuto. Con il risultato che le conseguenze di una situazione di disomogeneità normativa può confondere i cittadini. Per questo motivo è necessario informarsi bene per sapere entro quali termini si è in regola nella propria Regione.
La sicurezza non va trascurata
Quando si parla di controlli d’impianto, in Italia ci si riferisce a verifiche attuate per il solo rendimento energetico: il Dpr 74/2013, con le sue disposizioni in materia di controllo dei fumi per quanto riguarda gli impianti a gas (domestici e condominiali
fino a 100 kW) tocca infatti il solo ambito dell’efficienza energetica. A stabilire le tempistiche per la manutenzione degli impianti è invece il tecnico installatore o, in subordine, il manutentore. Giocoforza: i tecnici dell’ente locale che entrano nelle case finiscono con il riscontrare e correggere eventuali problemi anche sul fronte della sicurezza. Compito che però non sarebbe loro richiesto, visto che su questo fronte si è in attesa dell’apposito decreto.
- L’installazione di una caldaia a condensazione ad alta efficienza e la contemporanea messa a punto del sistema di termoregolazione può portare a diminuire i consumi del 20-30%.
- La sostituzione della caldaia – con contestuale sistemazione dell’impianto di riscaldamento, autonomo o centralizzato – gode dell’ecobonus al 65% (detrazione fiscale Irpef o Ires) valido fino al 31/12/2016.
Obbligatorio anche il “libretto”
Oltre al controllo dei fumi, ogni impianto (compresi quelli di teleriscaldamento e condizionamento) deve essere dotato del cosiddetto libretto, compilato secondo il nuovo modello introdotto dal Dpr 74/2013: una sorta di carta di identità che fotografa tutti i passaggi della vita di un apparato, dalla prima accensione all’ultima revisione o intervento. Per i nuovi impianti deve essere predisposto dalla ditta installatrice, per quelli esistenti deve essere compilato dal conduttore dell’immobile, cioè di chi vive nella casa (proprietario o inquilino, anche se ha ereditato un impianto già esistente). Grande novità introdotta due anni fa è quella di aver creato, a livello nazionale, un libretto di impianto unico per tutti i sistemi presenti in una stessa casa, con schede modulabili a seconda della dotazione impiantistica dell’unità. Anche su questo aspetto, a fronte dell’autonomia regionale ci sono differenze: in alcune regioni (Veneto) vige l’obbligo di predisporre libretti separati per ogni apparato presente in casa. Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto hanno creato invece un proprio libretto di impianto, mentre altrove (come in Alto Adige) si va verso l’abolizione dell’obbligo di libretto.
Il catasto degli impianti: per ora solo in quattro regioni
I cittadini lo pagano già
Anche se i catasti sono ancora in fieri, i cittadini stanno pagando da più di dieci anni per la loro costituzione: Il Dpr 551/1999 (e il successivo Dlgs 192/2005), infatti, oltre ad affidare alle Regioni il compito di attivare le piattaforme per le banche dati, hanno anche stabilito che una parte dei proventi del bollino di efficienza fosse destinato proprio a sostenere le spese di attivazione di questi grandi database.
Avere lo sconto
La sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale (autonomi o contralizzati) con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione rientra nei lavori fiscalmente agevolati al 65% (ecobonus).
• Per tali interventi il valore massimo della detrazione fiscale è di 30.000 euro. E la cifra si recupera in dieci rate annuali di pari importo.
• Se compreso nell’ambito di questo intervento, l’agevolazione si estende anche alla trasformazione degli impianti individuali autonomi in centralizzati con contabilizzazione del calore e, in quelli centralizzati, all’applicazione della contabilizzazione del calore.
• Per fruire dell’agevolazione è necessario, quindi, sostituire l’impianto esistente e installare quello nuovo. Non è agevolabile l’installazione di sistemi di climatizzazione invernale in edifici che ne erano sprovvisti.
In condominio
Anche negli edifici condominiali un check up energetico permette di valutare quali sono le migliori opportunità per scegliere apparecchi a norma, avere comfort termico negli appartamenti, risparmiando il più possibile. Usufruendo in più della detrazione fiscale. Già la sola sostituzione della caldaia con un modello a condensazione con contestuale installazione di valvole termostatiche può portare a ridurre i consumi del 30-35%.
Si ringrazia per la collaborazione e-training (www.e-trainingsrl.it)
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