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La vecchia caldaia va sostituita? Ecco riassunte alcune informazioni importanti per tutelarsi e agire nel rispetto delle regole. Solo così la sicurezza è garantita e il risparmio pure. Uno dei motivi per cui si deve sostituire la caldaia è perché si è rotta e il guasto è irreparabile oppure perché il preventivo che ci viene consegnato non giustifica la riparazione. Ma ci sono anche altri casi in cui la sostituzione della caldaia è consigliabile:
- i nuovi apparecchi sono più efficienti, quindi consentono di risparmiare energia di ammortizzare la spesa per la sostituzione in qualche anno;
- bruciano meglio il combustibile e inquinano meno;
- una caldaia vecchia ha costi di manutenzione e di riparazione elevati;
- la sostituzione con un nuovo modello ad alta efficienza contribuisce alla rivalutazione dell’abitazione, che può così ottenere anche una classe di certificazione energetica migliore;
- gli incentivi fiscali attualmente in vigore fino al 30 giugno 2013 consentono di detrarre dalle tasse il 50% della spesa sostenuta.
Come è fatta la caldaia
L’elemento principale di una caldaia è il bruciatore, che ha il compito di miscelare il carbonio del combustibile con l’ossigeno dell’aria. Sopra di esso si trova una serpentina metallica, attraversata al suo interno dall’acqua da riscaldare e investita all’esterno dai fumi di combustione. L’acqua riscaldata dalla serpentina è inviata ai tubi del circuito dell’impianto (radiatori o pannelli radianti). I fumi residui vengono quindi espulsi attraverso la canna fumaria che arriva fino al tetto.
Per cambiare si chiama l’idraulico
Fondamentale è il sopralluogo effettuato da un installatore abilitato o eventualmente – nel caso si tratti di un sistema di grandi dimensioni – anche da un termotecnico, cioè un professionista specializzato nella progettazione di impianti. Andranno considerati il tipo di esigenze ed eventuali lavori da eseguire per adeguare o mettere a norma l’impianto. Il secondo passaggio è quello di verificare che il condotto di espulsione dei fumi sia a norma. Per legge ogni generatore di calore deve disporre di un canale a suo uso esclusivo oppure, se in condominio, di una canna fumaria di tipo collettivo ramificata, purché a norma. Anche se oggi i produttori si sono uniformati, può succedere che il modello che viene scelto abbia gli attacchi dell’acqua calda e fredda invertiti rispetto al vecchio apparecchio. Se così fosse, nella maggior parte dei casi non è affatto necessario intervenire con opere murarie: è sufficiente incrociare i flessibili che escono dalla parete.
La scelta della caldaia in base all’esigenza
Dopo aver effettuato i rilievi preliminari, lo step successivo è quello di individuare la tipologia di generatore di calore e la sua potenza, misurata in kilowatt (kW). Per questo è importante capire se l’apparecchio servirà solo per il riscaldamento o, caso frequente, anche per produrre acqua sanitaria. Per gli impianti di riscaldamento autonomo vengono generalmente utilizzate caldaie con potenza fino a 35 kW. In media, per il solo riscaldamento bastano 10 kW, che possono scendere a 2 kW se la caldaia viene installata in un nuovo appartamento in classe energetica A. Se si vuole anche la produzione di acqua sanitaria sono necessari almeno 25 kW. Ne servono invece circa 30-35 kW per servire due utenze contemporaneamente, cioè per aprire allo stesso tempo due rubinetti (per esempio quello della doccia e quello del lavello oppure del lavabo). I principali fattori in gioco sono fabbisogno termico e spazio.
Che cosa controllare
Potenza – Per individuare quella necessaria il tecnico effettua un calcolo matematico basato sui metri cubi da riscaldare, sulla zona geografica e sul tipo di isolamento dell’abitazione. Modello – Negli impianti individuali sono preferite le caldaie a parete, perché molto compatte (possono essere nascoste anche in un pensile). L’alternativa è data dai modelli a basamento, più voluminosi. Posizione – Oltre che all’interno, le caldaie possono essere installate anche all’esterno, in nicchie coibentate. Vengono costruite in materiali resistenti alle intemperie.
Caldaia a condensazione: è la scelta preferibile
Caratteristica di questi modelli è quella di recuperare gran parte del calore contenuto nei fumi di combustione che, nelle caldaie tradizionali, vengono invece dispersi attraverso il condotto di evacuazione dei fumi. In pratica i gas di combustione, al posto di essere espulsi a una temperatura superiore ai 100 °C, vengono fatti condensare sullo scambiatore di calore, recuperando così, appunto, il calore contenuto nel vapore acqueo presente nei fumi. In tal modo i fumi prodotti durante il processo di combustione vengono immessi nell’atmosfera a una temperatura (40 °C) di gran lunga inferiore rispetto a quanto avviene con generatori di calore non a condensazione. Ciò comporta notevoli vantaggi: il primo è sicuramente un rendimento altissimo, che in alcuni modelli può superare il 100%. In secondo luogo, grazie all’ottimale controllo del rapporto aria-gas, si ha come conseguenza una notevole riduzione delle emissioni di gas inquinanti, quali monossido di carbonio e ossidi di azoto. Il presupposto fondamentale per poter sostituire la vecchia caldaia con un nuovo modello a condensazione è la presenza di una canna fumaria con precise caratteristiche.
La canna fumaria per la caldaia a condensazione
Elemento fondamentale ai fini della sicurezza, deve essere realizzata a norma e con materiali idonei ai fumi freddi che creano condensa all’interno del camino: acciaio con guarnizioni di tenuta alla pressione dei fumi. In caso contrario è possibile adeguare il condotto, se si è in presenza di un camino indipendente, per esempio in una villetta o abitazione unifamiliare. Sarà sufficiente realizzarne uno nuovo all’interno di quello esistente. Non è possibile invece installare la caldaia a condensazione se si è in presenza di una canna fumaria collettiva ramificata, cioè un sistema unico per l’evacuazione dei fumi provenienti da più apparecchi a tiraggio naturale (detti di tipo B o a camera aperta), con potenza non superiore ai 35 kW e installati su piani sovrapposti. Lo scarico in facciata, pur possibile dal punto di vista di un corretto funzionamento tecnico (purché a norma della Uni 7129/2008, che osservi la posizione adeguata dello scarico e il rispetto della distanza da porte e finestre), è ammesso solo se già esistente e solo se si tratta di una mera sostituzione.
Caldaia tradizionale, quando è l’unica soluzione
Le caldaie a camera stagna (tipo C) sono sicuramente quelle preferibili tra le tradizionali perché più sicure, in quanto dotate di camera isolata rispetto all’ambiente circostante. Questi modelli sono detti anche a tiraggio forzato perchè prelevano l’aria necessaria per la combustione dall’esterno dell’abitazione tramite un ventilatore, facendola passare da tubazioni che espellono contemporaneamente anche i fumi. Tali modelli possono essere installati in qualunque locale, eccetto garage, purché ventilati. Le caldaie a camera aperta (tipo B), dette anche caldaie a tiraggio naturale, prevedono un solo tubo di scarico fumi e funzionano utilizzando per la combustione l’ossigeno presente nell’ambiente. Nel locale in cui sono installate deve essere prevista un’apposita presa d’aria. Anche se ormai escluse dalla normativa, questo tipo di caldaie è permesso solo se a tre stelle e se si tratta di una mera sostituzione, cioè a condizione che si sostituisca una dello stesso tipo. È il caso di condomini in cui tutti gli apparecchi scaricano i fumi nella stessa canna collettiva ramificata (purché a norma).
L’efficienza si misura “in stelle”
L’efficienza di una caldaia è quantificata dal rendimento di combustione, cioè il rapporto tra l’energia prodotta dalla caldaia e quella consumata dalla stessa per produrla. A differenza degli elettrodomestici, non è indicata da una lettera dell’alfabeto, ma da stelle (da 1 a 4, come previsto dal D.P.R. 660/96). Le caldaie a 4 stelle sono quelle a condensazione: offrono il più alto rendimento e assicurano quindi maggiore risparmio energetico ed economico.
I combustibili: gas e solidi
Il metano è uno dei gas più diffusi, in quanto per impiegarlo è sufficiente installare un impianto dedicato e allacciarlo alla rete di distribuzione. È utilizzato dalle caldaie di ultima generazione; viene trasportato in forma liquida, rigassificato e bruciato per produrre calore.
Un altro gas utilizzato è il Gpl o gas propano liquido. È “pulito” e ad alto potere calorifico. Le caldaie che adottano questo combustibile necessitano di apposite bombole o serbatoi.
Nel gruppo dei combustibili solidi si annoverano le biomasse, in particolare il pellet. Si tratta di piccoli cilindretti derivanti da scarti di lavorazione di legno non trattato e poi pressati. Le caldaie a pellet di nuova generazione sono provviste di controlli elettronici, si gestiscono anche a distanza e richiedono una facile manutenzione. Possono essere integrate negli impianti di riscaldamento già esistenti. Esistono tre tipi di caldaie a biomassa: quelle esclusivamente a pellet, a pellet combinato con legna, infine quelle che utilizzano biomasse di vario tipo (come pellet, legna, bucce di mandorla, pinoli, sansa).
Acquistare la caldaia
Per comprare una caldaia ci si rivolge all’idraulico abilitato. In alternativa ci si reca nel negozio di un rivenditore autorizzato, presso il quale si acquista il modello consigliato; in questo caso la ditta solitamente invia un proprio tecnico di fiducia.
Chi la installa?
L’idraulico deve essere un termotecnico abilitato all’installazione di impianti termosanitari. Prima dell’inizio dei lavori è necessario che esegua un sopralluogo, al termine deve invece effettuare una prova di funzionamento (avvio). Come previsto dalla legge, l’impresa installatrice deve rilasciare la dichiarazione di conformità dell’impianto (come da decreto ministeriale n. 37/2008). Deve inoltre compilare il libretto matricolare e allegarvi il risultato della prova di combustione.
La prima accensione
Per questa operazione, che include anche la regolazione dei parametri di combustione, ci si rivolge al produttore, tramite i vari centri d’assistenza locali che effettuano anche le operazioni di manutenzione periodica ed eventuali riparazioni. È importante sapere che da questo momento scatta anche la garanzia sulla caldaia.
Sconti per chi sostituisce
La sostituzione della caldaia è un intervento di manutenzione straordinaria e come tale gode del nuovo beneficio fiscale, una detrazione Irpef del 50% per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013. Il tetto di spesa è ora fissato a 96.000 euro per unità immobiliare e la detrazione ripartita in 10 anni. Fino al 30 giugno 2013 sarà ancora possibile godere anche della detrazione del 55%, spettante per le opere finalizzate alla riqualificazione energetica degli edifici. In questo caso, per ottenerla è necessario sostituire la caldaia esistente con una a condensazione e installare valvole termostatiche su ogni elemento scaldante. Dal 1° luglio 2013 la detrazione scenderà al 36%, come quella per le ristrutturazioni. Per usufruire dei bonus fiscali, il pagamento deve essere effettuato con bonifico bancario o postale, da cui risultino la causale del versamento, il codice fiscale di chi chiede l’agevolazione, il numero di partita iva o il codice fiscale del beneficiario del bonifico. Non è più necessario spedire la comunicazione di inizio lavori al Centro Operativo di Pescara.
ristrutturazione / SOSTITUZIONE | |
dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013 | dal 1° luglio 2013 in poi |
50% (max 96.000 €) | 36% (max 48.000 €) |
RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA | |
dal 1° gennaio 2012 al 30 GIUGNO 2013 | dal 1° luglio 2013 |
55% | 36% |
La revisione della caldaia: perché bisogna farla
I controlli periodici sugli impianti, oltre a garantire la sicurezza degli ambienti domestici, favoriscono il risparmio energetico (e dunque economico), riducendo anche le emissioni inquinanti. La responsabilità della revisione ricade sul proprietario e sull’inquilino dell’abitazione in cui è installata la caldaia o sull’amministratore di condominio per gli impianti centralizzati. L’inquilino è tenuto quindi alla manutenzione ordinaria (controlli dell’efficienza e dei fumi), mentre è a carico del proprietario quella “straordinaria” (gli interventi più importanti, sostituzione compresa). In che cosa consiste la revisione? La manutenzione ordinaria prevede pulizia, controlli sulla sicurezza e sul funzionamento; deve essere effettuata con cadenza annuale, logicamente nella stagione in cui il riscaldamento è spento. Altra cosa è invece l’analisi del rendimento di combustione o “esame dei fumi”, obbligatorio per legge. Consiste nel misurare la quantità dei gas presenti nella combustione, tra i quali il monossido di carbonio, permettendo così di tenere sotto controllo sia la sicurezza sia l’inquinamento atmosferico.
Ogni quanto si fa la revisione della caldaia
Gli impianti con potenza inferiore a 35 kW (tutti quelli autonomi) devono invece essere controllati ogni due anni, se la caldaia ha più di otto anni ed è stagna oppure se la caldaia è a camera aperta ed è installata all’interno di locali abitati. Per tutti gli altri impianti con potenza inferiore a 35 kW, il controllo dei fumi e l’annessa pulizia possono avvenire ogni quattro anni. Le singole Regioni, nell’ambito della loro autonomia, possono stabilire regolamenti più restrittivi. In Lombardia, per esempio, chi ha un impianto autonomo inferiore a 35 kW a combustibile gassoso ha l’obbligo della manutenzione ogni due anni. Comuni e Province possono compiere verifiche a campione sugli impianti. Se dall’effettuazione della prova di combustione, con appositi strumenti che misurano temperatura e composizione dei fumi, il rendimento risulta inferiore ai valori stabiliti, scatta l’obbligo di sostituzione della caldaia entro la stagione successiva. Per assicurarne il regolare funzionamento, le aziende produttrici possono consigliare tempistiche differenti per la manutenzione, in genere una volta all’anno. Quanto si spende? Il controllo annuale degli impianti ha un costo medio che si aggira intorno ai 60-70 euro per la normale manutenzione, 150 euro con il controllo della combustione.
A chi rivolgersi
Manutenzione e controlli obbligatori vengono effettuati da professionisti iscritti alla camera di commercio e in possesso di abilitazione (come previsto dal D. M. 37/2008). A garanzia dei cittadini, alcune Regioni hanno istituito speciali albi e catasti cui i manutentori devono essere iscritti (in Lombardia esiste il Curit, http://www.curit.it). Al termine delle operazioni, il professionista deve sottoscrivere un rapporto di controllo tecnico, i cui risultati andranno conservati insieme al libretto d’impianto. Copia di essi verrà trasmessa all’autorità competente, Comune o Provincia.
Il libretto della caldaia
È la “carta d’identità” della caldaia autonoma. Per legge deve sempre riportare i dati del cliente, il numero di matricola dell’apparecchio, i risultati degli interventi di manutenzione nonché i dati relativi all’analisi dei prodotti della combustione. Su tale documento vengono annotati anche i risultati delle ispezioni svolte dalla Pubblica Amministrazione.